giovedì 25 novembre 2010

LA LEGGE SULLA DROGA FINI-GIOVANARDI

ROBERTO ORMANNI

La nuova legge sulla droga, la Fini-Giovanardi, è del 2006 e modifica in parte la legge del 1999 che a sua volta modifica in parte quella del 1975. Nessuna però ha abrogato del tutto le precedenti, dunque la disciplina complessiva va ricavata dal confronto totale. E questo è il primo problema.

Il secondo problema è la scelta dell'ultima legge di non fare più alcuna distinzione tra le varie sostanze ai fini della determinazione delle sanzioni, ossia delle pene detentive. Tutte sono state aumentate, indistintamente.

Anche in questo caso, come sempre, ciò provoca l'orientamento della criminalità sulla massimizzazione del profitto. In pratica visto che il rischio di condanna è uguale, meglio spingere le droghe che costano di più e rendono di più. Naturalmente sono quelle dagli effetti più dannosi.

Il punto è che può anche essere una scelta quella di punire tutto allo stesso modo e tutto con pene molto alte. Ma a questa scelta deve accompagnarsi un rigoroso rafforzamento dell'apparato repressivo. Che invece non c'è mai stato. Morale: più di un terzo della popolazione carceraria totale, come sai, è rappresentato da detenuti accusati di reati connessi agli stupefacenti che però, ciononostante, sono soltanto una goccia nell'oceano del mercato della droga.

In sintesi: la nuova legge ha eliminato il criterio della “modica quantità” per uso personale (che pure aveva messo in difficoltà la giurisprudenza che aveva impiegato anni per mettere a punto modelli di valutazione che potessero aiutare a decidere cosa fosse e quando modica quantità e cosa no) per introdurre le soglie massime consentite.

Oltre questa soglia qualunque siano le condizioni soggettive, le circostanze del fatto, non si può mai parlare di detenzione per uso personale ma di spaccio. Dunque la pena va da 6 a 20 anni e, trattandosi di uno spacciatore, sono preclusi i programmi di riabilitazione e cura. L’unica possibilità è il carcere.

In teoria il principio potrebbe essere giusto ma in pratica si rivela dannoso.

Ecco perché: le tabelle fissano i limiti di possesso personale di “principio attivo” – e non di stupefacente complessivamente inteso - di ciascuna sostanza.

Questi alcuni dosaggi di principio attivo e le relative equivalenze di sostanza consumabile dove oltre al principio attivo ci sono gli altri “ingredienti” adoperati per il taglio:

  • 500 milligrammi di principio attivo, pari a 5 grammi di sostanza lorda (ipotizzando però il 10 per cento di principio attivo) equivalenti a 15 spinelli per la cannabis
  • 750 milligrammi di principio attivo, pari a 1,6 grammi di sostanza lorda pari a 5 assunzioni per la cocaina (ipotizzando un principio attivo al 45 per cento)
  • 250 milligrammi di principio attivo, pari a 1,7 grammi di sostanza lorda pari a 10 assunzioni per l'eroina ipotizzando un principio attivo del 15 per cento
  • cinque compresse di ecstasy
  • cinque di amfetamine
  • tre francobolli di LSD

Ora il punto è questo: un assuntore di cannabis (ad esempio) che è riuscito a trovare sostanza più “pura”, dove il principio attivo è al 20 per cento (accade spesso a coloro che se la producono da soli coltivandosi le piantine nell’orto), va in galera per 10 anni se viene beccato con 5/7 spinelli perché si suppone, ope legis, che sia uno spacciatore.

Al contrario (cosa che accade molto frequentemente) le organizzazioni criminali, dopo la legge, hanno quasi dimezzato il principio attivo in modo che uno spacciatore di cocaina sorpreso con 20 dosi pronte per essere vendute possa agevolmente sostenere che si tratti in realtà di uso personale perché il principio attivo non supera la soglia della tabella legislativa.

Ciò provoca due conseguenze: mettiamo in carcere i consumatori “privati” etichettandoli come spacciatori e lasciamo liberi, e gli paghiamo anche una riabilitazione che in realtà non serve a nulla, degli spacciatori professionisti alle dipendenze della criminalità definendoli semplici consumatori.

Per giunta quella stessa criminalità, diminuendo la quantità di principio attivo, raddoppia i propri guadagni e, come non bastasse, adoperando spesso per il taglio sostanze dannose fa aumentare i morti.

Nemmeno gli avvocati del Cartello di Medellin sarebbero riusciti a mettere a punto una legge così utile.

Insomma, la legge sulla droga è un corto circuito politico, sociale e giuridico.

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