venerdì 17 settembre 2010

Berluskozy: il giano bifronte della politica europea


L’ALLEANZA DEI POPULISTI SCUOTE IL CONTINENTE

di Gianni Marsilli

Viene da dire: dio li fa e poi li accoppia. Napoleonini, ambedue. Non tanto perché piccoletti e pettoruti, ma soprattutto perché smaniosi di potere e di popolare affetto. E poi di destra, ambedue. Anche se l’uno, Nicolas, di antica destra strutturata e l’altro, Silvio, di destra peronista in italica salsa. Vanno ognuno per conto suo, ma agli incroci si ritrovano: come ieri a Bruxelles, al tavolo del Consiglio europeo. In effetti si ritrovano quando sentono il richiamo della foresta: quella lepenista il francese, quella leghista l’italiano. I muggiti sono simili.

L’elettoralismo combattente

LI ACCOMUNA l’elettoralismo, quel sentirsi al meglio solo nel pieno della sarabanda, issati su un podio ad arringare folle già acquisite. Ambedue temono il confronto. La dialettica li spaventa, gli mette in crisi l’autostima, che tanto si esalta nel monologo. Di Berlusconi sappiamo le latitanze parlamentari e il bisogno di conforto giornalistico, di Sarkozy ricordiamo, solo tre anni fa, il duello televisivo con Ségolène Royal, che come trovava toni da badessa l’altro si rimpiccioliva e rimbozzoliva. Beninteso, al francese non verrebbe in mente di storpiare la Costituzione né di dichiarare guerra alla magistratura. Ma il contraddittorio l’infastidisce. Non possiede imperi, ma esercita influenza. A volte intimidisce, come tentò di fare nel giugno scorso con Eric Fottorino, direttore di Le Monde, dicendogli a brutto muso quale fosse la sua cordata preferita per il controllo del giornale. Ma trovò una schiena dritta: la cordata che vinse fu esattamente quella invisa a Sarkozy. Gli riescono meglio certi interventi indiretti sulle reti televisive, pubbliche e private (appartengono ai suoi amici più cari, come Martin Bouygues padrone di Tf1): qui ottiene la testa di un presentatore impertinente, lì fa rimpiazzare un caporedattore dei servizi politici. Come Berlusconi, affetta sovrana indifferenza: ambedue sostengono di vivere meglio senza leggere i giornali, anche se tutto fa pensare che fin dall’alba si tuffino avidamente in vaste rassegne stampa. Amano ambedue i segreti altrui. Berlusconi quelli inconfessabili, stile Marrazzo, custoditi e riferiti da fedeli gossippari. Sarkozy è più classico, vuol sapere da dove spuntano le notizie politiche che lo infastidiscono, non le abitudini sessuali. E fa spiare Le Monde dai suoi 007, non da fotografi impudenti. Li accomuna l’inconcludenza politica e programmatica. Ambedue avevano promesso di rivoltare i rispettivi Paesi come calzini. Rivoluzione liberale di qua, rivoluzione liberale di là. Si sa, non è accaduto nulla. La Francia resta confusamente colbertista, l’Italia è diventata bordellista, il lascito culturalmente più evidente dell’era berlusconiana. Dell’apertura “a sinistra” del primo Sarkozy (i ministri, le ministre, l’effimera commissione Attali) rimane solo l’imbarazzo assai penoso di un Kouchner, la cacciata di Rachida Dati, i mal di pancia di Rama Yade. Nel frattempo la primavera del 2012 si avvicina, e allora al diavolo le aperture. Ci sono i lepenisti da sedurre, altroché l’ex socialista Kouchner. Un calcio ai rom, e tac, il consenso per Sarkozy nell’elettorato di estrema destra passa dal 32 al 54 per cento. Uhm, che tentazione per Berlusconi, anche se Maroni già l’anticipa: in Padania c’è bisogno d’ordine e pulizia, cribbio. Li accomuna anche il fatto di avere un nemico in casa, che come si sa sono i peggiori. Il nostro se la vede con il fedifrago Fini, l’altro con l’odiatissimo Villepin.

Donne, lusso, potere e libertà

LI ACCOMUNA l’attrazione per la ricchezza, anche se sarebbe far torto a Sarkozy non distinguere i modi per arrivarci. Che si sappia, il presidente francese non ha mai comprato giudici o sentenze. Però piacevano moltissimo, a Sarkozy, gli agi e i simboli del potente. Cose da ragazzino, se comparate al Paperon de’ Paperoni de’ noantri: un Rolex, l’invito a bordo di uno yacht, l’amicizia con un attore, con una rockstar. Piacevano, abbiamo detto, perché son state debolezze dei primi mesi della sua presidenza, poi apparentemente abbandonate. Gli valsero il soprannome bonariamente severo di presidente bling-bling, a significare l’esibizione di uno stile di vita da winner, più simile a un Fabrizio Corona che a un Silvio Berlusconi. Ci scappava di dire, infine, che li accomuna il posto che ambedue riservano al genere femminile. Falso: se l’italiano è tristemente maniacale, il francese è passionale e geloso proprio come un rom, che son cose diverse. Cecilia, Carla: storie rocambolesche ma vere. Nicolas che irrompe sul set del film di Woody Allen alle due del mattino fa simpatia per quanto poco presidenziale sia il gesto, ed è un altro mondo rispetto alla maison close chiamata Palazzo Grazioli.

Vite parallele? Non proprio, malgrado oggi marcino a braccetto contro rom e immigrati. La stampella italiana che Sarkozy trova a Bruxelles, a Parigi gli è più d’impaccio che di aiuto. Dire all’opinione pubblica francese “Berlusconi è d’accordo con me” è come darsi una mattonata nelle gengive. La “convergenza italo-francese”, vantata dal nostro B., non è cosa da esibire oltre le Alpi.

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