mercoledì 15 settembre 2010

Spari libici, la Lega attacca


Resta alta la tensione e proseguono le polemiche in merito alla vicenda del peschereccio di Mazara del Vallo mitragliato domenica sera da una motovedetta libica, a bordo della quale c'erano anche dei finanzieri italiani. A intervenire, all'indomani della forte presa di posizione della Cei (che ha parlato di «governo inerte») è ora la Lega. Stefano Stefani, esponente del Carroccio e presidente della commissione Esteri di Montecitorio, ritiene che «le scuse» del governo di Gheddafi «non bastano» e che l’Italia «deve pretendere di più». Ovvero, «che vengano ridefinite le regole di ingaggio e finalmente si risolva una volta per tutte la questione delle acque internazionali fra Italia e Libia» poiché «i pescatori italiani spesso sconfinano perché il confine delle acque non è chiaro». «Bisogna cogliere l’occasione - dice Stefani in una dichiarazione pubblicata sulla Padania - per risolvere i contenziosi e ridefinire l’intera situazione, tutelando sia i pescatori di Mazara che la sicurezza degli Stati».

ELIO VITO RIFERISCE ALLA CAMERA - Nel pomeriggio il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, alla Camera dove riferirà sulla vicenda del peschereccio attaccato dai libici. Lo hanno riferito fonti della Farnesina, spiegando che il ministro degli Esteri, Franco Frattini, contrariamente a quanto inizialmente previsto, non potrà presenziare perché impegnato in una visita a Zagabria. Oltre a Vito, parteciperanno al question time i ministri Calderoli, Gelmini e Fazio. Le richieste al governo di riferire in Aula erano state avanzate da Pier Ferdinando Casini e dal capogruppo dell'Idv, Massimo Donadi.

IL RAPPORTO DEL VIMINALE - Nel frattempo emergono i primi dettagli dal rapporto del Viminale. Domenica sera, secondo la ricostruzione dei fatti riportata nel verbale della riunione d'inchiesta svoltasi martedì al ministero dell'Interno, non c'è stato alcun inseguimento del motopesca italiano da parte della motovedetta libica. La Guardia di Finanza, secondo la conclusioni della riunione d'inchiesta, ha operato nel rispetto dei protocolli di cooperazione tra Italia e Libia.

L'«ARIETE» RIENTRATO A PORTO EMPEDOCLE - All'alba il peschereccio «Ariete» è rientrato a Porto Empedocle. L'unità è stata sottoposta a sequestro cautelativo dalla Procura di Agrigento, che ha ordinato una serie di perizie balistiche da parte dei carabinieri del Ris di Messina per accertare se - come riferito dai dieci uomini d'equipaggio - i militari libici abbiano sparato «ad altezza d'uomo». L'inchiesta, aperta dai magistrati a carico di ignoti, ipotizza i reati di tentativo di omicidio plurimo aggravato e danneggiamento. Non è escluso che il procuratore Renato Di Natale, l'aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Luca Sciarretta decidano di ascoltare anche i militari della Guardia di Finanza che erano a bordo della motovedetta, donata a Gheddafi dal governo italiano, in qualità di «osservatori». Il comandante del motopesca Gaspare Marrone e l'armatore Vincenzo Asaro contestano la ricostruzione del ministro dell' Interno Roberto Maroni, che ha parlato di «incidente», sostenendo che i libici sapevano benissimo che stavano sparando a un peschereccio italiano e non a un barcone di immigrati.

LA POSIZIONE DELL'«ARIETE» - I dati del 'blue box', il sistema di rilevamento Gps a bordo dell'«Ariete», hanno confermato che l'imbarcazione al momento del tentativo di abbordaggio si trovava a circa 30 miglia dalla costa, in acque internazionali. Dal canto loro però i membri dell’equipaggio del peschereccio avrebbero ammesso, stando a quanto riferito a SkyTg 24 dal comandante della Capitaneria di Porto di Porto Empedocle, Vito Ciringione, che durante la pesca «si sono spostati molto più giù rispetto a quanto consentito», sconfinando nelle acque di Tripoli. Ciringione ha riferito che sul natante «ci sono i segni degli spari, una trentina di colpi ben visibili sulla parte sinistra della fiancata e a poppa».

Redazione online
15 settembre 2010

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