EUGENIO CAPODACQUA
La Repubblica
29 giugno 2008
C'è giustizia, alla fine. Una sorta di nemesi al contrario. Una giustizia compensatrice. Prima o poi c'è per tutti. Per Filippo Simeoni, 37 agli sgoccioli di una sofferta carriera professionistica (una decina di vittorie in carriera fra cui spiccano due tappe alla Vuelta), è arrivata in un tardo pomeriggio di giugno, in una Bergamo affogata dall'afa. Sotto le vesti di una maglia tricolore dei professionisti che: "Mi ripaga di tutte le sofferenze e di tutti i sacrifici di questi anni. Una vittoria che sognavo fin da bambino, da quando avevo nove anni e pensavo di fare qualcosa di importante nel ciclismo, anche se poi mi sono dovuto ridimensionare. Una vittoria che ho meritato".
Filippo ha vinto con la forza dell'intelligenza e del carattere, lo stesso che in anni non lontanissimi lo portò a denunciare il doping del dottor Michele Ferrari, il medico più chiacchierato del ciclismo mondiale, e a subire le vendette trasversali di un certo Lance Armstrong, il padrone di sette Tour. Fu proprio il texano, seguace di Ferrari negli anni d'oro dei suoi grandi successi, a marcarlo ferocemente in quella ormai famosa diciottesima tappa del Tour 2004.
Lui, Pippo, si era infilato in una fuga con altri compagni fuori classifica; Armstrong si mosse di persona per marcarlo. Lui, il grande americano plurivincitore della "grande boucle" (quello sarà il suo sesto Tour), che si mette a tu per tu con un piccolo gregario in cerca di gloria di giornata. Lo obbligò a rinunciare. La sola presenza della maglia gialla spingeva il plotone ad inseguire ed annullare la fuga.
Simeoni, per non compromettere gli sforzi dei compagni si lasciò scivolare indietro. Sono fra le poche cose che nel ciclismo fanno indignare. Nell'ultima frazione di quel Tour Simeoni dovette subire anche il gesto delle corna fatto da Ekimov, compagno di Armstrong, mandato dal capitano a marcare ferocemente ogni iniziativa del ciociaro. L'americano, successivamente - a quanto raccontò lo stesso Simeoni - lo minacciò: "Sono ricco, ho tempo e denaro, ti distruggo, ti faccio smettere di correre". Invece intanto ha smesso lui il "cow boy" di Dallas (sia pure rimpinzato di dollari) e per Pippo, adesso, c'è questa bellissima maglia tricolore "Che dedico a tutte le persone che mi sono state vicino nei momenti difficili; maglie, figli, amici; tutti quelli che mi hanno sostenuto in questi anni difficili".
Simeoni, per non compromettere gli sforzi dei compagni si lasciò scivolare indietro. Sono fra le poche cose che nel ciclismo fanno indignare. Nell'ultima frazione di quel Tour Simeoni dovette subire anche il gesto delle corna fatto da Ekimov, compagno di Armstrong, mandato dal capitano a marcare ferocemente ogni iniziativa del ciociaro. L'americano, successivamente - a quanto raccontò lo stesso Simeoni - lo minacciò: "Sono ricco, ho tempo e denaro, ti distruggo, ti faccio smettere di correre". Invece intanto ha smesso lui il "cow boy" di Dallas (sia pure rimpinzato di dollari) e per Pippo, adesso, c'è questa bellissima maglia tricolore "Che dedico a tutte le persone che mi sono state vicino nei momenti difficili; maglie, figli, amici; tutti quelli che mi hanno sostenuto in questi anni difficili".
Una vita in salita quella del lombardo di Desio, ciociaro d'adozione (abita a Sezze, dove con i familiari gestisce un piccolo bar), il cui ultimo successo risale al 2005 nella 2a tappa del Giro della Cina. Per aver detto la verità alla giustizia ordinaria nel processo contro Ferrari fu perfino squalificato dall'Uci, secondo il discutibile principio che chi confessa deve essere punito in qualche modo. Questa l'assurda regola della federazione internazionale che per anni ha impedito ogni collaborazione in seno al plotone. Ma subì anche gli attacchi di un certo Mario Cipollini, anche lui per qualche stagione "cliente" di Ferrari, nonché amico "fraterno" di Armstrong. Simeoni confermò all'epoca al giudice di Bologna che Ferrari gli suggeriva di assumere sostanze dopanti. Armstrong gli diede pubblicamente del "bugiardo" e il corridore di Sezze lo querelò per diffamazione. Querela finita con un patteggiamento da parte dell'americano.
Cipollini all'epoca fece pressioni su Simeoni perché rimettesse la querela a Ferrari. Durante una corsa negli Usa, in vista del Tour, Armstrong, inoltre, avrebbe chiesto a Cipollini di adoperarsi perché Simeoni non fosse incluso nella formazione. Ma il manager della squadra di allora, Vincenzo Santoni si oppose.
Ora, francamente, vederlo sul podio tricolore sapendo che quel medico è stato radiato dal ciclismo e dallo sport nazionale (almeno ufficialmente), non può che allargare il cuore di chi per anni ha combattuto. Lui, Pippo, c'è, è lì, sul gradino più alto e a fargli da corona Giovanni Visconti e Pippo Pozzato, cioè il campione tricolore uscente e uno dei più osannati atleti del pedale nostrano. Uno di quelli - ricordano le cronache - che nel battibecco con Armstrong si schierò senza esitazione a favore dell'americano.
Doppia soddisfazione per l'atleta di Sezze, dunque. Ha vinto l'esperienza. Pippo, una volta che l'ultimo passaggio in cima a Bergamo Alta aveva scremato il gruppetto dei migliori (rinfoltitosi fino alla trentina di unità nel finale con il rientro di Bettini e altri) ha capito subito che Liquigas (Pozzato aveva con se Quinziato e Bertagnolli) e Quick Step si controllavano; che Cunego era un po' spaesato (altrimenti avrebbe messo Ballan a scandire il ritmo) e che forse a cinque chilometri dal traguardo lo avrebbero sottovalutato.
Così ha allungato deciso e la sua azione è sembrata subito potente. Dieci, dodici secondi sotto lo striscione dell'ultimo chilometro. Poi quegli infiniti metri finali. Cosa passa nella testa di un corridore quando sente che il plotone lo insegue a pochi metri dal traguardo, quando il cuore è in gola, le gambe si impastano e ogni pedalata è come fossero attraversate da coltelli? "Si sentiva come un rombo sordo. Eccoli, pensavo. Eccoli. Adesso mi passano, Adesso mi superano. Guardavo dietro e pensavo solo a spingere: un metro ancora, dai, un metro ancora, dai Pippo. Solo quasi sullo striscione ho capito che avrei vinto". La vittoria della vita.
COMMENTO
Sembra una storia d'altri tempi, raccontata con accento commosso, una bella favola che si tramuta in realtà, contro l'altra realtà, quella sgradevole, dura delle gare di competizioni, nelle quali imperversano cinismo, egoismo, assenza di sentimenti umani.
Ne esce decisamente malconcio l'"Americano" ma anche Cipollini non sembra rifulgere di luce propria.
Quanto all'UCI è semplicemente indecente il suo comportamento e le regole che lo hanno permesso, regole probabilmente elaborate apposta allo scopo di reprimere ogni falla, ogni fuga di notizie nel sistema.
BRAVO SIMEONI ! Mi associo alla tua gioia, alla tua felicità, alla tua commozione.
Lo sport avrebbe bisogno di campioni della tua statura, della tua levatura morale, ma non credo ne esistano ancora.
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