Adriana Bazzi
Il Corriere della Sera
17 giugno 2008
Condividono lo stesso tipo di organizzazione dei collegamenti fra neuroni
MILANO — Dopo il gene gay
MILANO — Dopo il gene gay
(http://www.repubblica.it/2006/08/sezioni/scienza_e_tecnologia/genetica/gay-etero/gay-etero.html), ecco il cervello omosex: gli uomini omosessuali condividono con le donne etero caratteristiche cerebrali simili. Stesso discorso per le lesbiche: i loro due emisferi assomigliano più a quelli di un uomo che di una donna etero. E si riapre così il dibattito fra chi sostiene che l’omosessualità è una questione puramente biologica e chi invece la interpreta come il prodotto di un condizionamento ambientale. La nuova ricerca, appena pubblicata sulla rivista scientifica Pnas, parla in generale di forma del cervello e, in particolare, di una sua zona, l’amigdala, legata alle emozioni e all’umore.
Così, secondo un gruppo di ricercatori svedesi dello Stockholm Brain Institute, il cervello delle donne omosessuali e degli uomini etero è leggermente asimmetrico, con l’emisfero di destra lievemente più largo di quello di sinistra, mentre il cervello di uomini omosessuali e donne etero non lo è. Non contenti, poi, di aver sottoposto 90 volontari alla risonanza magnetica per ottenere questi risultati (l'esame permette di «fotografare » con estrema precisione un organo), Ivanka Savic e Per Lindstrom hanno pensato anche di ricorrere alla Pet (la tomografia a emissione di positroni che invece consente di vedere il funzionamento di un organo) per valutare l'amigdala, una piccola zona del cervello che è coinvolta nelle reazioni allo stress.
E hanno dimostrato che gay e donne etero condividono lo stesso tipo di organizzazione dei collegamenti fra neuroni, così come lesbiche e uomini etero ne condividono altri, il che potrebbe spiegare come i gay siano emotivamente più simili alle donne. Se però queste differenze siano responsabili dell’orientamento sessuale o ne siano la conseguenza è ancora tutto da verificare. E le numerose ricerche condotte fino a oggi non sono mai riuscite a dimostrare definitivamente una vera diversità biologica fra omosessuali ed eterosessuali. Nel 1993 aveva fatto scalpore uno studio pubblicato su una rivista di tutto rispetto, l’americana Science, a firma di Dean Hamer, secondo il quale esisteva un gene dell’omosessualità, ma nessuno lo ha poi confermato.
Due anni prima un altro ricercatore, Simon LeVay ( che ha poi scritto il libro «Sexual brain», il cervello sessuale) aveva sostenuto che gay e donne presentavano una certa area del cervello più piccola rispetto agli uomini etero e aveva scatenato polemiche a non finire. Oggi la maggior parte degli scienziati pensa che alla base di molti comportamenti umani (compreso quello sessuale) esista un fattore biologico (forse anche genetico), sul quale poi interviene l’ambiente sia fisico, che culturale. Gli stessi ricercatori svedesi si chiedono se le differenze fra i due emisferi cerebrali abbiano origine già nell’utero o si sviluppino poi dopo la nascita e alla fine concludono che probabilmente l’ambiente uterino prima e l’ambiente in cui poi vive il bambino abbiano entrambi la loro influenza. Del resto c’è anche chi ha ipotizzato che i gay raramente sono figli unici, ma più spesso sono secondogeniti (per questi ultimi la probabilità di essere omosessuali è del 30 per cento) o terzogeniti (in questo caso la probabilità aumenta ancora): sarebbe lo stesso organismo materno a «difendersi» contro i maschi, creando condizioni «femminilizzanti».
Così, secondo un gruppo di ricercatori svedesi dello Stockholm Brain Institute, il cervello delle donne omosessuali e degli uomini etero è leggermente asimmetrico, con l’emisfero di destra lievemente più largo di quello di sinistra, mentre il cervello di uomini omosessuali e donne etero non lo è. Non contenti, poi, di aver sottoposto 90 volontari alla risonanza magnetica per ottenere questi risultati (l'esame permette di «fotografare » con estrema precisione un organo), Ivanka Savic e Per Lindstrom hanno pensato anche di ricorrere alla Pet (la tomografia a emissione di positroni che invece consente di vedere il funzionamento di un organo) per valutare l'amigdala, una piccola zona del cervello che è coinvolta nelle reazioni allo stress.
E hanno dimostrato che gay e donne etero condividono lo stesso tipo di organizzazione dei collegamenti fra neuroni, così come lesbiche e uomini etero ne condividono altri, il che potrebbe spiegare come i gay siano emotivamente più simili alle donne. Se però queste differenze siano responsabili dell’orientamento sessuale o ne siano la conseguenza è ancora tutto da verificare. E le numerose ricerche condotte fino a oggi non sono mai riuscite a dimostrare definitivamente una vera diversità biologica fra omosessuali ed eterosessuali. Nel 1993 aveva fatto scalpore uno studio pubblicato su una rivista di tutto rispetto, l’americana Science, a firma di Dean Hamer, secondo il quale esisteva un gene dell’omosessualità, ma nessuno lo ha poi confermato.
Due anni prima un altro ricercatore, Simon LeVay ( che ha poi scritto il libro «Sexual brain», il cervello sessuale) aveva sostenuto che gay e donne presentavano una certa area del cervello più piccola rispetto agli uomini etero e aveva scatenato polemiche a non finire. Oggi la maggior parte degli scienziati pensa che alla base di molti comportamenti umani (compreso quello sessuale) esista un fattore biologico (forse anche genetico), sul quale poi interviene l’ambiente sia fisico, che culturale. Gli stessi ricercatori svedesi si chiedono se le differenze fra i due emisferi cerebrali abbiano origine già nell’utero o si sviluppino poi dopo la nascita e alla fine concludono che probabilmente l’ambiente uterino prima e l’ambiente in cui poi vive il bambino abbiano entrambi la loro influenza. Del resto c’è anche chi ha ipotizzato che i gay raramente sono figli unici, ma più spesso sono secondogeniti (per questi ultimi la probabilità di essere omosessuali è del 30 per cento) o terzogeniti (in questo caso la probabilità aumenta ancora): sarebbe lo stesso organismo materno a «difendersi» contro i maschi, creando condizioni «femminilizzanti».
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