venerdì 4 luglio 2008

IL NUOVO CASELLARIO GIUDIZIALE



Roberto Ormanni
Direttore de
IL PARLAMENTARE

Una riforma radicale del casellario giudiziario capace di trasformare il documento in una vera e propria biografia dei rapporti tra il cittadino e la giustizia. Un progetto, messo a punto dai tecnici del ministero della Giustizia, che in questi giorni il Guardasigilli Angelino Alfano dovrà esaminare.

“Dopo la riforma del giusto processo, negli anni scorsi – spiega il direttore generale della Giustizia penale, Antonio Laudati, pubblico ministero con una lunga esperienza alla Direzione nazionale antimafia, che ha coordinato il progetto di riforma – la sentenza di primo grado stabilisce la responsabilità ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’ e dunque non c’è alcuna ragione che impedisca di inserire nel certificato del casellario tutti i provvedimenti che riguardano il cittadino e non solo le sentenze di condanna definitive, fermo restando il diritto dell’imputato di ricorrere in appello e nonostante la presunzione di non colpevolezza”.

Il primo passo della riforma consiste “nella sostanziale unificazione – dice Laudati – in un unico documento sia del casellario giudiziale, sia del certificato di carichi pendenti”. Un passaggio che “renderebbe molto più facile la consultazione delle informazioni e che, soprattutto, può ridurre i costi di gestione del servizio”. Un aspetto, quello della sostenibilità economica, “che in questo periodo – prosegue il direttore generale di via Arenula – non è da sottovalutare”.

Ma la vera rivoluzione della proposta di riforma allo studio del ministero è l’inserimento, nel casellario, di tutte le notizie che riguardano il rapporto con la giustizia.

Se fino ad oggi le informazioni sullo “stato processuale” di una persona si dividono tra il casellario giudiziario che contiene solo le sentenze di condanna definitive, e il certificato dei carichi pendenti che riporta soltanto i processi in corso, il casellario del futuro diventa una sorta di “carta d’identità giudiziaria”.

“Dovrà indicare – dice Laudati – sia le sentenze definitive che i processi in corso, ma anche le richieste di rinvio a giudizio, le eventuali misure cautelari personali o reali (riguardanti cioè i beni della persona, n.d.r.) che sono state emesse, le sanzioni amministrative e anche le iscrizioni di notizie di reato che sono state eseguite nei confronti del soggetto”.

Per quanto riguarda le notizie di reato, cioè l’avvio di indagini preliminari “bisognerà naturalmente limitarsi – sottolinea il direttore Laudati – ai casi in cui la notizia di reato è stata già comunicata all’indagato, attraverso uno degli atti garantiti, come informazioni di garanzia, perquisizioni, sequestri o incidenti probatori”.

Il progetto di riforma, che non a caso è stato messo a punto ad un anno dall’entrata in vigore del casellario informatico, con il quale si dovrebbero centralizzare le informazioni in un’unica banca dati e renderne più attendibile la catalogazione, prevede che i dati riportati nel nuovo casellario siano relativi a indagini, misure cautelari, richieste di rinvio a giudizio e processi ancora in corso. Non dovrebbero invece comparire nel documento i procedimenti conclusi con archiviazione o assoluzione.

“Si potrebbe pensare però – spiega il magistrato – ad una versione del casellario riservata ad uffici pubblici, ai corpi di polizia e alla magistratura, dove compaiono anche le indagini e i processi che non hanno portato all’applicazione di alcuna sanzione o condanna”.

Alle obiezioni di chi ritiene eccessivo un “curriculum giudiziario” così dettagliato, Laudati ricorda che in molti Paesi, non ultimo gli Stati Uniti, la cosiddetta fedina penale, almeno nella versione riservata alle autorità pubbliche, riporta anche le violazioni al codice della strada e le multe non pagate. In Italia invece “spesso l’aggiornamento del casellario, e anche del certificato dei carichi pendenti, avviene in ritardo e quando sono in corso procedimenti in tribunali diversi non sempre è possibile rintracciarli tutti”.

L’obiettivo del nuovo casellario “è quello di mettere il giudice in condizione di conoscere tutta la situazione processuale dell’imputato o dell’indagato”. In questo modo, secondo Laudati, “si può evitare che il responsabile, ad esempio, di un furto, riceva le attenuanti e il beneficio della sospensione della pena anche quando, ad esempio, sono in corso a suo carico altre due indagini per rapina, una richiesta di rinvio a giudizio per altri furti o addirittura si tratta di un accusato di un reato più grave libero perché un tribunale del riesame ha annullato un ordine di custodia a suo carico. In questo caso infatti – precisa il direttore generale della Giustizia penale – non vuol dire che non sia ancora in corso l’indagine”.

A questo proposito Antonio Laudati ricorda che “in Italia i procedimenti giudiziari durano anni, e questo è un fatto con il quale dobbiamo fare i conti, nonostante gli sforzi che si stanno facendo per rendere ragionevole la durata dei processi. Ecco perché – aggiunge – non ha più senso limitare la rilevanza del casellario, ai fini della determinazione della pena, ai soli processi definitivi”.

I giuristi del ministero ricordano che “il codice penale, all’articolo 133, prevede espressamente che nella determinazione della pena il magistrato deve tenere conto, tra l’altro, dei precedenti penali e giudiziari e, in genere, della condotta e della vita del reo antecedenti al reato”.

“L’applicazione di questa norma – afferma Laudati – è possibile a patto che il giudice possa conoscere queste informazioni: oggi non le conosce. In sostanza – prosegue – in molti casi non sarebbe necessario modificare il codice penale per aumentare le pene previste per alcuni reati, come il furto in appartamento o l’omicidio colposo, se il giudice fosse messo in condizione di conoscere realmente i precedenti giudiziari. Su questa base infatti – sottolinea Laudati – potrebbero essere inflitte pene adeguate senza passare necessariamente attraverso riforme normative”.

Il progetto che punta a trasformare il certificato del casellario in una memoria storica giudiziaria rilancia anche la proposta di prendere le impronte agli stranieri. In questo caso, inoltre, il nuovo casellario dovrebbe contenere inoltre una foto e il Dna, insieme con foto e DNA: anche in questo caso si tratta di informazioni raccolte normalmente in molti Paesi.

Una “memoria storica” giudiziaria a tutti gli effetti che avrebbe l’ulteriore vantaggio di rappresentare una sorta di cartina al tornasole per verificare la funzionalità della giustizia. “Basterebbe scorrere il casellario – conclude Antonio Laudati – per rendersi conto se i criteri della ragionevolezza e dell’adeguatezza della pena sono stati sempre rispettati”.

L’ultimo capitolo della riforma riguarda i “confini” del nuovo casellario: il mandato di cattura europeo ha ormai superato la fase di collaudo, dicono al ministero della Giustizia, e i tempi possono essere maturi per pensare ad un casellario giudiziario europeo: “Ai principi di libera circolazione all’interno dell’Unione non può fare eccezione la circolazione delle informazioni giudiziarie. Solo così si può evitare che per i criminali di un Paese basta attraversare il confine per diventare incensurati, pronti a invocare la clemenza della corte”.
Roberto Ormanni

Nessun commento: