Ora Al Tappone s’è accorto che il suo governo e il suo personale politico fanno talmente ribrezzo che preservare solo se stesso dai confronti non basta più: meglio mettere in salvo anche il resto della truppa. L’ha capito la settimana scorsa, quando ha visto Gasparri e Verdini a Porta a Porta contro Di Pietro e Rosy Bindi. Sebbene amorevolmente assistiti dall’insetto, che anziché arbitrare il match picchiava Di Pietro raccontando frottole, il capo dei senatori Pdl e il coordinatore forzista sono usciti con le ossa rotte. Non certo per colpa loro, ma di chi ha avuto la bella idea di mandarceli, visto che i due riuscirebbero a perdere anche contro un paracarro e un termosifone spento. Era dai tempi in cui mandavano Giovanardi che non si assisteva a una simile catastrofe. Comprensibile che Al Tappone, che almeno di queste cose s’intende, abbia suonato la ritirata. Interessante che l’abbia fatto proprio quando s’è parlato dei suoi processi sospesi (momentaneamente, si spera): l’ennesima riprova del fatto che l’opposizione più efficace è quella di chi vuole una legge uguale per tutti (infatti, nei giorni del blocca-processi, del lodo Alfano e di piazza Navona, il premier crollò nei sondaggi di 10-12 punti). E che in tv bisogna mandare solo gente preparata.
Quella sera Di Pietro, nonostante l’encomiabile marcatura a uomo di Vespa, è riuscito a spiegare che Berlusconi non è stato quasi mai assolto, ma s’è abolito i reati e prescritto i processi per legge, poi ha premiato chi pagava le tangenti alla Guardia di Finanza con un seggio al Parlamento. Così per un istante, malgrado l’impegno del conduttore, un barlume di verità s’è fugacemente infiltrata in un programma che era riuscito a scansarla fin dalla nascita. Il Cainano è uscito pazzo e s’è lagnato con Emilio Vespa per non aver oscurato quelle poche frasi dell’ex pm: doveva tagliarle, parlarci sopra come un Vito o uno Schifani dei tempi d’oro, mangiarsi la cassetta della registrazione, alla peggio sparare qualche colpo in aria. Invece l’insetto ha perso l’attimo, poi ha mandato in onda quel raro scampolo di verità. Che Berlusputin, per celebrare degnamente l’anniversario di Anna Politkovskaja, chiama “insulti”.
Naturalmente l’embargo non vale per le interviste scendiletto di Monica Setta, che riesce a far sembrare uno statista persino Schifani, né per i siparietti tra Giletti e la Brunetta dei Ricchi e Poveri (ma soprattutto dei ricchi), né per il salottino di Paola Perego, che in campagna elettorale martellava sui delitti e gli sbarchi di clandestini ordinati dal governo Prodi, mentre ora fa lo shampoo e la manicure alla ministra Gelmini che piace tanto al padrone. Là dove non si fa una domanda nemmeno per sbaglio, là dove è tutto precotto, i berluscloni posson continuare ad andare. A Porta a Porta, che pure è una succursale di Palazzo Grazioli, non più. Almeno finchè non sarà bandita l’opposizione che si oppone, tipo Di Pietro e Bindi.
Qualche anno fa la Rai vietò ai politici di infestare i programmi di intrattenimento: Chissà che fine ha fatto quella regola. Se fosse ripristinata e rispettata, e la cosiddetta Autorità per le Comunicazioni la estendesse alle tv private, i politici dovrebbero rinunciare a posteperte e provedelcuoco e pupeesecchioni e, per esistere ancora, rassegnarsi a rispondere nei programmi giornalistici. Almeno in quei pochi che fanno domande. E’ bene pensarci, possibilmente prima che Berlusputin ordini i suoi a boicottare il Tg4.
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