Il più scapestrato e il più chiacchierone dei cinque figli a quanto pare era l'unico che custodiva i segreti di papà. Quello che a Palermo chiamavano "Nano" per la sua statura, quello che a Palermo non ci va più perché ha paura. Vent'anni fa suo padre, don Vito, veniva per la prima volta incastrato da Falcone per appalti di acqua e di gas. Vent'anni dopo, "Nano" incastra gli altri.
Definire Massimo Ciancimino pentito non è tecnicamente corretto, dire che è solo testimone è troppo poco. Il fatto piuttosto è un altro: "Nano" sta parlando. Da mesi e su tutto. Affari, riciclaggio, uomini politici (quasi) insospettabili, incontri segreti fra boss e imprenditori, alti ufficiali dei carabinieri che hanno mercanteggiato con mafiosi, trattative fra Stato e Cosa Nostra prima e dopo e durante le stragi del 1992.
La dolce vita del golden boy di casa Ciancimino è diventata così l'esistenza molto complicata - pensate solo al nome che porta - di un ex eterno ragazzo abituato a viaggiare intorno al mondo con i tantissimi soldi che suo padre aveva rastrellato nella sua spericolata carriera di padrone della Dc palermitana. Ma la "roba" accumulata dall'ex sindaco Ciancimino non era solo "roba" di Ciancimino. Nano sta parlando e mezza Palermo trema.
Lui adesso in Sicilia non ci può più andare. Da quando un motociclista l'ha seguito da Punta Raisi fino sotto la sua bella casa in una traversa di via Libertà. Da quando due falsi poliziotti l'hanno svegliato - era l'alba del 12 dicembre del 2008 - e poi ha trovato sulla porta una bombola di gas propano e una siringa piena di benzina. Avvertimenti. Minacce che puzzano poco di mafia e tanto di quel mondo che "Nano" sta scoperchiando grazie ai resoconti di suo padre don Vito, uno che è stato sindaco di Palermo per undici giorni ma che ha avuto in mano la città per quasi trent'anni.
Metà procura di Palermo gli crede ("È un testimone chiave"), l'altra metà diffida ("È socialmente pericoloso"), la prefettura gli ha negato la scorta, così "Nano" non scende più in Sicilia e - per motivi di sicurezza - il prossimo 23 marzo i giudici della Corte di Appello voleranno a Bologna ad ascoltarlo. L'udienza si preannuncia incandescente.
È proprio a Bologna che da qualche mese vive il piccolo Ciancimino. Dove ha sposato Carlotta, bella ragazza figlia di un famoso chirurgo. Ed è a Bologna che i pm che credono fortemente nelle ricostruzioni di "Nano" (il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e il sostituto Nino Di Matteo) lo vanno a prendere a verbale ogni settimana. Quello che era per tutti soltanto il rampollo viziato con la passione per le Ferrari e le feste a Cortina e i "piccioli", ai due magistrati sta svelando dettagli non proprio irrilevanti sulla stagione delle stragi. Ha cominciato con la famosa trattativa fra suo padre il generale Mario Mori, ex comandante dei Ros dei carabinieri e poi del servizio segreto interno. Ha continuato con la storia del "papello", le richieste scritte che Totò Riina avrebbe avanzato allo Stato italiano per fermare le bombe. Ha fatto nomi di personaggi che gli investigatori ignoravano. Ha riferito di incontri fra il padre e Bernardo Provenzano. Molti dei suoi interrogatori sono stati secretati e trasmessi alla procura della repubblica di Caltanissetta, quella che indaga ancora sulle stragi palermitane e i "mandanti altri" di Capaci e di via D'Amelio.
Sarà davvero "Nano" a portare i magistrati dell'antimafia sulla strada della verità? O li porterà soltanto dove vorrà lui? Il personaggio è controverso, lo descrive bene Leo Sisti nella premessa del suo libro - L'isola del tesoro - sulla politica e gli affari dei Ciancimino. Nano, ad esempio, è uno che con candore dice anche questo: "L'unica cosa che mi ha trasmesso mio padre è la correttezza".
(14 marzo 2009)
Definire Massimo Ciancimino pentito non è tecnicamente corretto, dire che è solo testimone è troppo poco. Il fatto piuttosto è un altro: "Nano" sta parlando. Da mesi e su tutto. Affari, riciclaggio, uomini politici (quasi) insospettabili, incontri segreti fra boss e imprenditori, alti ufficiali dei carabinieri che hanno mercanteggiato con mafiosi, trattative fra Stato e Cosa Nostra prima e dopo e durante le stragi del 1992.
La dolce vita del golden boy di casa Ciancimino è diventata così l'esistenza molto complicata - pensate solo al nome che porta - di un ex eterno ragazzo abituato a viaggiare intorno al mondo con i tantissimi soldi che suo padre aveva rastrellato nella sua spericolata carriera di padrone della Dc palermitana. Ma la "roba" accumulata dall'ex sindaco Ciancimino non era solo "roba" di Ciancimino. Nano sta parlando e mezza Palermo trema.
Lui adesso in Sicilia non ci può più andare. Da quando un motociclista l'ha seguito da Punta Raisi fino sotto la sua bella casa in una traversa di via Libertà. Da quando due falsi poliziotti l'hanno svegliato - era l'alba del 12 dicembre del 2008 - e poi ha trovato sulla porta una bombola di gas propano e una siringa piena di benzina. Avvertimenti. Minacce che puzzano poco di mafia e tanto di quel mondo che "Nano" sta scoperchiando grazie ai resoconti di suo padre don Vito, uno che è stato sindaco di Palermo per undici giorni ma che ha avuto in mano la città per quasi trent'anni.
Metà procura di Palermo gli crede ("È un testimone chiave"), l'altra metà diffida ("È socialmente pericoloso"), la prefettura gli ha negato la scorta, così "Nano" non scende più in Sicilia e - per motivi di sicurezza - il prossimo 23 marzo i giudici della Corte di Appello voleranno a Bologna ad ascoltarlo. L'udienza si preannuncia incandescente.
È proprio a Bologna che da qualche mese vive il piccolo Ciancimino. Dove ha sposato Carlotta, bella ragazza figlia di un famoso chirurgo. Ed è a Bologna che i pm che credono fortemente nelle ricostruzioni di "Nano" (il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e il sostituto Nino Di Matteo) lo vanno a prendere a verbale ogni settimana. Quello che era per tutti soltanto il rampollo viziato con la passione per le Ferrari e le feste a Cortina e i "piccioli", ai due magistrati sta svelando dettagli non proprio irrilevanti sulla stagione delle stragi. Ha cominciato con la famosa trattativa fra suo padre il generale Mario Mori, ex comandante dei Ros dei carabinieri e poi del servizio segreto interno. Ha continuato con la storia del "papello", le richieste scritte che Totò Riina avrebbe avanzato allo Stato italiano per fermare le bombe. Ha fatto nomi di personaggi che gli investigatori ignoravano. Ha riferito di incontri fra il padre e Bernardo Provenzano. Molti dei suoi interrogatori sono stati secretati e trasmessi alla procura della repubblica di Caltanissetta, quella che indaga ancora sulle stragi palermitane e i "mandanti altri" di Capaci e di via D'Amelio.
Sarà davvero "Nano" a portare i magistrati dell'antimafia sulla strada della verità? O li porterà soltanto dove vorrà lui? Il personaggio è controverso, lo descrive bene Leo Sisti nella premessa del suo libro - L'isola del tesoro - sulla politica e gli affari dei Ciancimino. Nano, ad esempio, è uno che con candore dice anche questo: "L'unica cosa che mi ha trasmesso mio padre è la correttezza".
(14 marzo 2009)
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