giovedì 12 marzo 2009

Le dieci emergenze ignorate


ROMA - Ecco le 10 situazioni più gravi ignorate dalla stampa occidentale secondo Medici senza frontiere.

SOMALIA
Nel 2008 la Somalia ha subito una delle più gravi ondate di violenza degli ultimi dieci anni che ha ridotto allo stremo le popolazioni delle aree centrali e meridionali del paese. Si stima che in Somalia una donna su dieci perda la vita durante il parto e oltre un bambino su cinque muoia prima di aver compiuto cinque anni. La malnutrizione infantile è aggravata dall'impennata dei prezzi dei beni alimentari e dalla prolungata siccità che ha colpito il paese. Il sistema sanitario è al collasso. Secondo le stime delle Nazioni Unite, gli scontri tra ribelli e forze governative, iniziati nel dicembre 2006, avrebbero provocato la fuga di almeno un milione di persone. I somali rischiano la vita per lasciare il paese, dirigendosi perlopiù verso sud per rifugiarsi in Kenya. Secondo l'Alto Commissariato per i Rifugiati dell'Onu, oggi in Kenya vi sono 200mila rifugiati, suddivisi in tre campi; da poco sono poi arrivate altre 35mila persone. Chi non riesce ad arrivare in Kenya si dirige verso nord, dove molti rischiano la vita a bordo di barche di contrabbandieri che attraversano il golfo di Aden per raggiungere lo Yemen. Secondo i dati Onu, oltre 43.500 persone, perlopiù somali ma anche etiopi, in fuga dalla fame e dalle persecuzioni, hanno tentato la traversata nel 2008.

BIRMANIA
Il 2 maggio 2008 il ciclone Nargis ha riportato il Myanmar Birmania al centro dell'attenzione internazionale, devastando il delta dell'Irrawaddy e causando circa 130mila vittime, tra morti e dispersi. Il ciclone è stato l'ennesimo colpo inferto a una popolazione letteralmente dimenticata dal resto del mondo, oppressa da un regime militare dal 1962 e stravolta da un conflitto a bassa intensità in corso in alcune aree del paese. Intanto i bisogni sanitari della popolazione restano senza risposta, aggravati dall'assenza di investimenti da parte del governo e della comunità internazionale. L'entità degli aiuti umanitari internazionali è stata di circa 3 dollari pro capite, il tasso più basso a livello mondiale. La situazione sanitaria resta drammatica. In netto contrasto con gli sforzi fatti per le vittime del ciclone Nargis, il governo del Myanmar e la comunità internazionale hanno del tutto ignorato il problema dell'HIV/AIDS, una malattia che solo nel 2007 ha causato 25mila vittime. La malaria resta la principale causa di morte; nel paese i decessi causati dalla malattia sono pari a oltre la metà di quelli registrati in tutto il Sudest asiatico. Ogni anno vengono inoltre diagnosticati oltre 80mila nuovi casi di tubercolosi, uno dei tassi più elevati a livello mondiale. Sono in aumento i casi di TBC multiresistente ai farmaci.

ZIMBABWE
I primi mesi del 2008 hanno segnato un periodo di ulteriore tracollo economico e di violenza politica in tutto lo Zimbabwe. La situazione del paese, in crisi da anni, si è deteriorata raggiungendo livelli allarmanti: inflazione a quota 231 milioni%, carenza di beni essenziali, repressione dell'opposizione politica e ulteriori restrizioni per le organizzazioni umanitarie alla vigilia delle contestate elezioni di giugno. La crisi ha colpito soprattutto i quasi due milioni di pazienti affetti da HIV/AIDS. Secondo le Nazioni Unite, l'aspettativa di vita nello Zimbabwe è precipitata a 34 anni a causa della pandemia di HIV/AIDS. In seguito alla crisi, molte persone in terapia sono state costrette a saltare i pasti, non sono state più in grado di sostenere le spese di trasporto per arrivare alle cliniche o semplicemente avevano troppa paura di lasciare la propria casa. Nello Zimbabwe, Msf cura 40mila persone con HIV/AIDS, metà delle quali con la terapia antiretrovirale.

CONGO (RDC)
Dal settembre del 2007, la ripresa dei combattimenti nel Nord Kivu, nella zona orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC), ha causato un massiccio sfollamento della popolazione. Il mancato rispetto del cessate il fuoco, siglato nel gennaio 2008, ha portato alla ripresa dei combattimenti su vasta scala tra i vari gruppi armati e l'esercito congolese (FARDC), malgrado la presenza della MONUC, la più vasta forza di pace Onu del mondo. Nella regione, centinaia di migliaia di persone sono fuggite in tutte le direzioni
alla disperata ricerca di salvezza. Ai profughi manca acqua, cibo e riparo; l'accesso all'assistenza sanitaria è quasi inesistente. Nonostante il mandato dell'Onu, la MONUC non è stata in grado di proteggere la popolazione civile dalla violenza e dalla fuga coatta. A novembre, quando le forze ribelli hanno assunto il controllo di Rutshuru, dove MSF gestisce un reparto di chirurgia, la MONUC ha condotto nella città un convoglio armato per prestare soccorso umanitario, una mossa che minaccia di rendere ancora più confuso il confine tra azione militare e azione umanitaria nella regione. Le drammatiche condizioni di vita rendono i profughi estremamente vulnerabili a malattie
facilmente curabili come il morbillo, la malnutrizione, le affezioni delle vie respiratorie, la diarrea e le complicazioni ostetriche per le donne in gravidanza. Inoltre vengono riportati casi di colera in numerose aree tra le quali anche zone in cui la dissenteria non
rappresenta solitamente una grave minaccia per la salute. Tra gli sfollati, inoltre, si verificano frequenti epidemie di colera, favorite dalle condizioni igieniche disastrose, dalla mancanza di acqua potabile e dal continuo spostamento della popolazione e dall'affollamento dei campi profughi. Msf gestisce progetti in tutta la regione del Kivu, fornendo assistenza sanitaria di base, cure mediche di emergenza, acqua, servizi igienici, tende e coperte.

BAMBINI MALNUTRITI
Le sommosse per il cibo che si sono verificate all'inizio del 2008 in varie parti del mondo - ad Haiti in Bangladesh o in Costa d'Avorio - hanno riportato all'attenzione del grande pubblico l'impatto dell'aumento dei prezzi alimentari. Meno visibile, sebbene più letale e pervasivo, è stato invece l'aumento della malnutrizione infantile, che miete vittime in Sierra Leone, Liberia, nel Corno d'Africa, in
Bangladesh. Mentre combattere la fame dipende dall'accesso al cibo in quantità sufficiente, vincere la malnutrizione significa anche garantire alimenti adeguati sul piano nutrizionale. Per i bambini malnutriti, alimenti ricchi di nutrienti, vitamine e minerali sono essenziali per la sopravvivenza e lo sviluppo. Le cifre sono sconvolgenti. Le stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) parlano di 178 milioni di bambini affetti da malnutrizione in tutto il mondo. In totale la malnutrizione causa dai 3.5 ai 5 milioni di decessi tra i bambini al di sotto dei cinque anni. Secondo l'UNICEF, la situazione sta di fatto peggiorando in 16 paesi
particolarmente colpiti dalla malnutrizione. Nei cosiddetti "punti caldi" della malnutrizione, Corno d'Africa, Sahel e Asia meridionale, molte famiglie non possono permettersi alimenti nutrienti, in particolare alimenti di origine animale come il latte, la carne e le
uova, necessari ai bambini per crescere sani. Al contrario, questi bambini lottano per la sopravvivenza, lontani dai riflettori puntati su emergenze umanitarie più rilevanti, cibandosi di pappe di cereali a base di mais o di riso, che equivalgono a pane e acqua. Oggi 20 milioni di bambini sono affetti dalla forma più grave
di malnutrizione acuta e ogni anno circa 5 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni muoiono per le complicazioni legate alla malnutrizione. Eppure poco più del 7% di questi bambini gravemente malnutriti riceve il trattamento a base di alimenti terapeutici raccomandato dall'ONU. Negli ultimi anni, i progressi fatti nelle terapie nutrizionali per le forme più gravi di malnutrizione hanno consentito a MSF e ad altre agenzie umanitarie di dimostrare con successo che i bambini affetti da malnutrizione grave possono guarire
rapidamente grazie all'assunzione di un breve ciclo di alimenti terapeutici pronti all'uso, somministrabili anche a casa. Negli ultimi due anni Medici Senza Frontiere ha curato oltre 300.000 bambini malnutriti in 22 paesi.

REGIONE SOMALA DELL'ETIOPIA
Quest'anno le continue violenze e le difficili condizioni climatiche hanno reso molto difficili le condizioni di vita della popolazione nella regione somala dell'Etiopia. Intrappolata negli scontri tra gruppi ribelli e forze governative, la popolazione, prevalentemente
nomade, è sempre esclusa dai servizi essenziali e dagli aiuti umanitari. A causa dei pericoli e delle restrizioni all'importazione di beni nella regione, nei mercati locali è drasticamente diminuita la disponibilità di cibo e di altri generi essenziali e l'impennata dei prezzi ha reso gli alimenti base quasi del tutto inaccessibili. Le severe restrizioni agli spostamenti in alcune zone hanno inoltre gravemente aumentato la vulnerabilità della popolazione nomade. I raccolti, le scorte alimentari, i terreni da pascolo e il bestiame sono andati distrutti a causa della siccità e del conflitto. Si stima che in almeno una zona della regione somala tre quarti della popolazione sia completamente priva di assistenza sanitaria. Tuttavia, da maggio a settembre, MSF ha curato circa 50mila persone, di cui 28mila affette da malnutrizione acuta in diverse località con una distribuzione alimentare mirata a 12.500 persone a rischio di malnutrizione.

PAKISTAN NORD-OCCIDENTALE
Il 2008 ha visto l'intensificarsi degli scontri tra forze governative e miliziani ribelli nella provincia della frontiera nord-occidentale e nelle aree tribali di amministrazione federale del Pakistan. Anche le incursioni aeree statunitensi hanno contribuito a peggiorare la situazione della sicurezza nell'area. Nel mese di agosto, migliaia di pachistani sono sfollati all'interno del paese o si sono rifugiati nel vicino Afghanistan. Contemporaneamente, l'esercito pachistano ha iniziato a espellere i rifugiati afgani accusati di collegamenti con i miliziani, in particolare nel distretto di Bajaur. Per tutto l'anno centinaia di persone del distretto di Bajaur, delle regioni di Swat e
Mohmand, sono state uccise o ferite nel corso di attentati suicidi, attacchi aerei e sparatorie mentre migliaia di persone sono state ripetutamente allontanate dalle loro case. Nel distretto di Kurram, è sempre più difficile fornire assistenza a causa delle continue violenze e dell'insicurezza creata da gruppi
armati esterni che operano nell'area. Le principali attività di Msf sono state le cure materno-infantili, tra cui chirurgia ostetrica di emergenza e servizi neonatali. Il clima di insicurezza è tale che solo i pazienti più gravi intraprendono il viaggio verso le strutture mediche. Le ambulanze di Msf hanno subito vari attacchi e le équipe hanno dovuto spesso mettersi in salvo dai combattimenti. Oltre al conflitto armato, il 29 ottobre la regione montuosa del Balochistan nord-occidentale è stata colpita da un terremoto di magnitudo 6.4. La maggior parte delle case fatte di mattoni di fango sono andate distrutte e la gente è stata costretta a dormire all'addiaccio a causa dei danneggiamenti e delle scosse di assestamento. Le cifre ufficiali parlano di circa 300 vittime, 35mila feriti e 40mila senzatetto.

SUDAN
Nel 2008, due grandi emergenze umanitarie hanno continuato a colpire il Sudan: la crisi nel Darfur e le conseguenze di decenni di guerra civile nel sud del paese. Il Darfur è stato teatro della più vasta operazione di aiuti umanitari a livello mondiale, con oltre 80 organizzazioni e 15mila operatori umanitari, di cui 2mila di Msf, che hanno fornito assistenza in una regione in cui un terzo della popolazione è sfollata in seguito al conflitto. Tuttavia, nonostante gli sforzi umanitari, a cinque anni dall'inizio della crisi del Darfur, centinaia di migliaia di persone sono ancora tagliate fuori dagli aiuti. Altre migliaia di persone rischiano di perdere l'assistenza a causa di una serie di fattori: instabilità delle linee del fronte e delle alleanze tra fazioni armate, attacchi mirati agli operatori umanitari e crescenti restrizioni da parte del governo
all'erogazione di aiuti umanitari. Quest'anno, secondo i dati ONU, undici operatori umanitari sono stati uccisi e 189 sono stati rapiti in Darfur. A febbraio, una violenta incursione nell'area del corridoio settentrionale nel Darfur occidentale sembrava aver riportato il paese ai primi giorni del conflitto. I villaggi sono stati evacuati e dati alle fiamme; circa 50mila persone hanno dovuto
fuggire. Molte persone si sono rifugiate nei grandi campi sfollati del Darfur, ma la sicurezza è ancora molto scarsa. Gli scontri tra ribelli e forze governative, protrattisi per tutto l'anno, hanno causato lo sfollamento di migliaia di persone che sono rimaste prive di assistenza sanitaria. Nel Sudan meridionale, l'Onu stima che 1.2 milioni di persone abbiano fatto ritorno a casa dopo 20 anni di guerra civile, ritrovando le loro regioni prive di infrastrutture, servizi e strutture sanitarie. Malgrado l'accordo di pace, le tensioni nella regione sono ancora fortissime. Nel febbraio 2008, in seguito a un violento attacco vicino alla città di Abyei, migliaia di persone si sono riversate nei campi nel nord dello stato di Bahr-el- Ghazal e circa 10mila persone si sono date alla macchia. Nel mese di maggio, i combattimenti hanno distrutto Abyei, costringendo altre 60mila persone a sfollare. Tubercolosi e kala azar (una parassitosi cutanea) sono particolarmente diffuse nella zona; molto frequenti
massicce di epidemie di meningite, morbillo, colera e malaria. In una situazione come questa, gli aiuti umanitari sono nettamente carenti

IRAQ
Oggi una delle più grandi sfide che l'azione umanitaria indipendente deve affrontare è quella di raggiungere la popolazione civile coinvolta nelle guerre e nei conflitti armati. Un esempio eclatante di come ciò venga disatteso è l'Iraq, dove dal 2003, anno del'inizio
della guerra voluta dagli Stati Uniti, Msf cerca di guadagnare terreno. Vari attori politici e militari hanno cercato di usare ed abusare dell'azione umanitaria a fini politici, rendendo così le organizzazioni umanitarie oggetto di violenti attacchi e indebolendo la loro capacità di fronteggiare i gravi bisogni della popolazione civile. La guerra ha provocato lo sfollamento di quattro milioni di persone; secondo l'Alto Commissariato per i Rifugiati dell'Onu e il Centro di monitoraggio sullo sfollamento interno del Consiglio
norvegese per i rifugiati, due milioni sono bloccate nel paese. Negli ultimi 18 mesi, la situazione della sicurezza in Iraq è leggermente migliorata. Questa situazione è il risultato di anni di abbandono dei servizi sanitari, in particolare delle cure di base, ed è legata anche all'assenza di operatori sanitari che hanno lasciato l'Iraq per il timore di uccisioni o rapimenti.

LA CO-INFEZIONE HIV-TBC
Ogni anno la tubercolosi (TBC) uccide circa 1.7 milioni di persone e ne colpisce 9 milioni che sviluppano la malattia attiva. La TBC è in aumento nei paesi con alti tassi di HIV, in particolare nell'Africa meridionale, che presenta la più alta incidenza del virus. La tubercolosi è una delle principali cause di morte per le persone
affette da HIV/AIDS e negli ultimi 15 anni si sono triplicati i nuovi casi di TBC nei paesi ad alta incidenza di HIV. Le persone con HIV/AIDS hanno 50 probabilità in più di sviluppare la TBC attiva rispetto agli individui HIV-negativi e circa un terzo dei 33 milioni di persone con HIV/AIDS nel mondo è affetto da TBC in forma latente. Tuttavia nel 2006 meno dell'1% delle persone con HIV/AIDS è stato sottoposto a uno screening per la TBC. MSF fa appello affinché si incrementino massicciamente la ricerca e lo sviluppo nel campo dei farmaci, degli strumenti diagnostici e dei vaccini per la TBC. Ogni anno dovrebbero essere investiti circa 2 miliardi di dollari nello sviluppo di nuovi strumenti per la TBC ma nel 2006, secondo il Treatment Action Group, ne sono stati investiti solo 429 milioni.

(11 marzo 2009)

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