lunedì 27 aprile 2009

Il Pd ha il mal di lista


di Marco Damilano

Nessuna star, nessuna alleanza, molte defezioni. E Franceschini deve arginare il clima da tutti a casa

Si sono incontrati l'ultima volta alla fondazione Italianieuropei e ai presenti è sembrato di intuire in un affilato scambio di battute il copione delle prossime settimane, quelle che separano dal voto europeo e amministrativo del 7 giugno. "Alle elezioni non conta solo il nostro risultato, conta ricostruire un sistema di alleanze che ci permetta di tornare a essere vincenti", ha scandito Massimo D'Alema. "Non è così, alle elezioni deve essere evidente che esiste una forza alternativa al Pdl, ed è il Pd", lo ha contraddetto Dario Franceschini. Come dire che per l'ex leader Ds l'importante è ricominciare in tempi rapidi a tessere una rete di alleanze che va dal centro (l'Udc) alla sinistra (gli ex diessini di Sinistra democratica, i transfughi di Rifondazione raccolti attorno a Nichi Vendola, i verdi, i socialisti che corrono insieme alle elezioni con la lista Sinistra e libertà), il risultato del Pd conta poco, nel male ma anche nel bene. Mentre il segretario del Pd gioca la partita della sua leadership sulla percentuale raggiunta alle europee, sopra o sotto l'asticella del 26 per cento. Primum vivere, prima di tutto la sopravvivenza del Pd, da raggiungere a tutti i costi, anche a prezzo di sfidare i potenziali alleati sul terreno della caccia al voto.

Il guaio è che l'operazione rischia di fallire su entrambi i fronti. Nelle elezioni europee gli ultimi sondaggi danno il Pd intorno al 26 per cento: in risalita rispetto al baratro in cui il partito era piombato negli ultimi giorni della segreteria Veltroni, ma l'effetto terremoto in Abruzzo c'è, si fa sentire, fa volare il Pdl berlusconiano, ostacola la rimonta di Franceschini. In più, ci sono liste per il Parlamento di Strasburgo certo non esaltanti. Dopo il disimpegno di molti big e la scelta di non far correre il segretario Franceschini per denunciare la truffa della candidatura di Berlusconi (ineleggibile), restano nomi di prestigio come la giornalista anti-camorra Rosaria Capacchione o Rita Borsellino, accanto a esordienti che devono ancora dimostrare quello che valgono, tipo Debora Serracchiani, molto ben voluta da Veltroni. E soprattutto i capibastone reduci da mille battaglie, quelli rossi in Emilia come il segretario regionale Salvatore Caronna e quelli ex dc al Sud come i campani Angelo Montemarano e Pasquale Sommese o il calabrese Mario Pirillo, gente sconosciuta al grande pubblico, ma che porta in dote 20 mila preferenze a testa, per fare da diga rispetto a voti che potrebbero dirigersi verso altri partiti "Una squadra di centrocampisti, chiamati a evitare la retrocessione, ma le punte che vanno in gol non si vedono", si dispera l'ex deputato Gigi Meduri.

Sul fronte delle alleanze le cose vanno ancora peggio. Nel 2004, grazie alla scelta della Lega di correre da sola alle provinciali, il centrosinistra conquistò parecchie roccaforti al Nord: la provincia di Milano, prima di tutto. Alla vigilia della campagna elettorale, con Umberto Bossi in terapia intensiva, un emissario leghista andò a casa del diessino Daniele Marantelli, deputato di Varese, unico ex Pci ammesso a intervenire sulle colonne della 'Padania', amico personale di Bossi. I due conclusero il patto: la Lega sarebbe andata da sola al voto, non si sarebbe fatta mangiare dal Cavaliere, con il suo leader che combatteva tra la vita e la morte, assicurò l'ambasciatore del Carroccio, l'attuale ministro dell'Interno Roberto Maroni.

Oggi la situazione è opposta: quasi ovunque in Lombardia domina l'alleanza Pdl-Lega e per il Pd il risultato amministrativo potrebbe essere da incubo, in dimensioni tali da bruciare l'ascesa di un emergente nazionale come il segretario del Pd lombardo Maurizio Martina, atteso alla prova del fuoco. Anche al Sud l'operazione allargamento è andata in modo disastroso. In Campania Ciriaco De Mita, l'ex maestro di Franceschini, ha inflitto all'allievo una punizione esemplare: un anno fa Dario e Veltroni esclusero l'ottantenne leader irpino dalle liste del Pd e lui riparò nell'Udc, quest'anno si vendica stringendo ovunque accordi con il Pdl. Conclusione: tornare a vincere a Napoli, Salerno, Avellino, rischia di trasformarsi in una mission impossible.

Perfino nelle regioni rosse il Pd deve affrontare la fuga degli alleati. A Reggio Emilia c'è la lista della ex zarina dei Ds locali Antonella Spaggiari, che si candida contro il suo ex partito. A Modena si sono sfilati dalla coalizione che appoggia il sindaco Giorgio Pighi Rifondazione e Italia dei Valori, regalando al centrodestra il sogno del ballottaggio. Ad Ancona si sono defilati l'ex sindaco Renato Galeazzi, ora alla guida di una lista civica contro il candidato del Pd, e l'ex deputato Eugenio Duca, che invece sarà il candidato della Sinistra.

Lacerazioni, divisioni, rotture, altro che nuove alleanze: quelle le fa il Pdl, a tutto campo. Un clima di tutti a casa che Franceschini argina come può. Mentre nel Pd già si guarda al passaggio successivo, il congresso di ottobre, in vista del quale già si rimescolano amicizie e inimicizie, alleanze e divisioni. L'asse più solido che regge il partito in questo momento è quello fondato sul rapporto di Franceschini con l'ex segretario dei Ds Piero Fassino: è stato il primo a lanciare la candidatura di Franceschini alla segreteria al posto di Veltroni e in questi mesi non ha mai fatto mancare il suo aiuto. Quando è spuntato Sergio Cofferati per il posto di capolista nel Nord-Ovest, una casella che sembrava destinata a Fassino, ha lavorato per tranquillizzare i malpancisti sul nome dell'ex segretario della Cgil. Ed era accanto a Franceschini nell'ultimo fine settimana, all'apertura ufficiale della campagna elettorale per le amministrative, quando nel padiglione 5 di Cinecittà ad accogliere il leader del Pd si è presentata una sparuta folla di consiglieri comunali e lunghe file di sedie desolatamente vuote. Un attivismo che potrebbe portare, in caso di riconferma di Franceschini, all'elezione di Fassino a presidente del Pd, carica vacante da quando si dimise Romano Prodi, più di un anno fa. Un ticket che potrebbe essere affiancato da un vice-segretario, un nome giovane da allevare. Magari il lombardo Martina, pupillo di Fassino e stimato da Franceschini, se le elezioni nella sua regione non gli lasceranno troppe ferite.

Rispetto a questo scenario si muovono i dalemiani, che nelle liste per le europee hanno piazzato qualche pedina importante (lo storico Roberto Gualtieri, l'europarlamentare uscente Gianni Pittella). Il candidato in corsa per il congresso di autunno resta Pierluigi Bersani, almeno per ora. Con il tentativo di raccogliere le "pecore senza pastore", i veltroniani rimasti senza leader e mollati anche da Franceschini dopo la mancata candidatura di Goffredo Bettini alle europee. Il più attrezzato a rappresentarli è Nicola Zingaretti, ma il presidente della Provincia di Roma non ha intenzione di correre per il partito: preferisce costruirsi un'immagine da anti-Alemanno e provare a riconquistare il Campidoglio tra quattro anni. Così, dopo la rottura con Franceschini, i veltroniani potrebbero ripiegare su Bersani. Con il paradosso di ritrovarsi dalla stessa parte degli odiati uomini di D'Alema.

L'ex premier è diviso tra la voglia di fare il padre nobile e la tentazione di tornare a giocare in prima persona. Intanto, passa il tempo a fare a pezzi la parentesi della leadership veltroniana e le velleità di rinnovamento. "Io sono per il nuovo, non per il nuovismo", ripete. "Il paese chiede affidabilità, forza, non leggerezza. La leggerezza è una qualità minoritaria". E così Italo Calvino è servito. E anche Veltroni. "Parliamoci chiaro: presentarci con un volto più fresco e più giovane non ci porta un voto in più. Gli italiani votano un signore di 73 anni". Quasi un'autocandidatura, per lui che di anni ne ha appena compiuti 60. Un giovanotto.

(27 aprile 2009)

4 commenti:

Ryo ha detto...

Tanto per iniziare volevo chiederti scusa per lo sfogo dell'altro giorno, e ringraziare te e la Madda per le gentilissime risposte.
Per chiarire meglio la cosa, al momento non mi è possibile gustare nemmeno un video su YuoTube, perché sono connesso con una chiavetta usb modem dalla velocità ridotta e ho problemi a caricare qualsiasi cosa.
Lo stress è dovuto al fatto che in questo momento sto studiando 3 lingue, diritto (Costituzione..) ed economia aziendale, e non ho nemmeno un lavoro.
Capirai quindi come studi di Giurisprudenza siano sul serio un lusso in questo periodo.

Ti chiedo scusa e prometto che non accadrà più.
Sono andato ancora una volta off topic quindi consideriamo la cosa risolta tra noi, non pubblicare il commento, ok? :D
Noto che entrambi abbiamo una passione per la cronaca giudiziaria.
Se posso ricambiare il favore e restare in tema, troverai interessante nel mio blogroll i blog di
- Daniele Martinelli
- Stefano Montanari
- VivaMarcoTravaglio
- Bananabis
- Giornalettismo
- Anche il blog di Piero Ricca è interessante
- Per finire, trovi anche Legittima Difesa, il blog di Gioacchino Genchi.

Ciao!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Scuse accettate. Aggiungo che dare consigli specifici in diritto, specie se diritto penale, è temerario e da evitare.
Si possono solo dare criteri di valutazione generali e comprensibili, ma non, mai valutazioni specifiche.
A suo tempo capirai che nessuno può stare nella testa di qualcuno, specie se si tratta di un magistrato.
Auguri per tutte le tue aspettative e per una rapida soluzione dei tuoi problemi.

stai sereno ha detto...

Con tutto il rispetto per Di Pietro non c'è molto da rallegrarsi se il PD dovesse andarmale alle prossime elezioni, come molti paventano, l'Italia andrebbe incontro ad uno dei periodi più neri della sua storia.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Guarda che Di Pietro, che ho pubblicato sul mio blog, ha teso la mano a Franceschini per cessare le 'ostilità' e presentarsi in coalizione alle europee.
Non mi risulta che Franceschini abbia fatto conoscere le sue decisioni, il suo pensiero.
Quanto al resto, da mo' che lo vado dicendo nei commenti, non solo sul mio blog, che se Berlusconi stravince, saranno cazzi amari, ma sul serio.
Intanto D'Alema continua a cazzeggiare.
Se voleva rifare le alleanze con la sinistra, e io sono d'accordo, doveva proporsi per la segreteria adesso, invece non lo fa nemmeno per il Congresso.
E' in questo modo che le forze di sinistra si stanno suicidando e la diaspora dei candidati sembra inarrestabile.