lunedì 27 aprile 2009

Miglio col bene che ti voglio


MARCO TRAVAGLIO

Ci vuole un bel coraggio, alla Lega Nord, per riesumare il professor Gianfranco Miglio e attribuirgli la paternità della cosiddetta Riforma federalista firmata da Roberto Calderoli, grande esperto di leggi 'porcata'. Una riforma che - come ha spiegato, anzi minacciato Renato Brunetta - ci regalerà "20 regioni a statuto speciale".

Miglio invece - l'ha ricordato Massimo Cacciari in un convegno opportunamente disertato da Umberto Bossi - proponeva quattro o cinque macroregioni, per evitare sprechi e particolarismi. Eppure il Carroccio prepara un controconvegno di appropriazione indebita, alla presenza nientemeno che di Bobo Maroni. Per dimostrare, scrive 'La Padania', restando seria, che "il professore ha anticipato tempi, pensiero e polpa dell'azione della Lega". Lo stesso Bossi, il 7 febbraio, si era avventurato in ardite analisi politologiche su 'La Provincia' di Como: "Per me Miglio è sempre stato una specie di punto di sicurezza. Con lui potevo parlare e ragionare". Sempre stato? Mica tanto. I due si conobbero nel 1990 (Miglio però non prese mai la tessera della Lega) e divorziarono rumorosamente nei primi mesi del 1994, quando il Carroccio si alleò con Berlusconi, "questo riccone che piace tanto ai cafoni del Sud perché sa far tintinnare i suoi soldi, guadagnati non importa come" (5 febbraio). Lo studioso testimoniò al processo Enimont contro Bossi, imputato per la stecca di 200 milioni targata Ferruzzi-Montedison, e contribuì a farlo condannare.

La sentenza Enimont ricorda come Miglio "ha riferito che, all'approssimarsi delle elezioni del '92, aveva chiesto a Bossi se disponesse di risorse finanziarie sufficienti per la campagna elettorale e questi gli aveva risposto: 'Non ti preoccupare, ci penso io... Ho stabilito buoni rapporti con i Ferruzzi, ci aiuteranno'. Miglio ha detto di essere a conoscenza che la Lega reperiva risorse finanziarie da imprenditori che effettuavano finanziamenti illeciti direttamente a Bossi per ingraziarselo".

Poco prima Umberto gli aveva preferito come ministro delle Riforme il pittoresco Enrico Speroni. "Il governo", sentenziò Miglio, "ha un programma demenziale, roba da restaurazione" (17 maggio '94). Bossi, con la consueta eleganza, gli diede del "poveraccio", "vecchio fuori di testa che fa un putiferio perché non gli han dato la poltrona". Replica a stretto giro del Prufesùr: "Bossi è un incolto, buffone, arrogante, isterico, arabo levantino mentitore, lo schiaccerò come una sogliola. Se mi si ripresenta lo caccio a pedate nel sedere" (18 maggio), "Un botolo ringhioso attaccato ai pantaloni di Berlusconi", "Se gli dicessero che, per entrare nella stanza dei bottoni, deve travestirsi da donna, correrebbe a infilarsi la gonna e a darsi il belletto" (10 agosto). E il Senatùr, in dolce stil novo: "Me ne fotto delle minchiate di Miglio", "Arteriosclerotico, traditore", "Ideologo? No, panchinaro", "Una scoreggia nello spazio". Ora urge convegno, in rime baciate.
(24 aprile 2009)

Nessun commento: