Sono pochi soldi, per carità. Appena 3,1 milioni di euro: di certo insufficienti per «migliorare la qualità urbana» di tre città del Mezzogiorno come Gela, Caltanissetta e Quartu Sant’Elena. Però ci sono. Figurano nel bilancio dello Stato da undici lunghi anni e nessuno li ha mai usati. Forse dimenticati, come i fondi per i semafori e gli attraversamenti pedonali in Calabria e Sicilia, gestiti dall’Anas: 4,5 milioni disponibili dal 2007 e ancora intatti. Oppure le risorse per
E così, di milione in milione, tra strade e ponti progettati e poi abbandonati, incentivi alle imprese che nel frattempo hanno chiuso, e i tanti programmi di spesa semplicemente sballati dai ministeri, nel 2008, si è arrivati alla stratosferica cifra di 90 miliardi di euro. Soldi che sono stati stanziati dal Parlamento e che esistono nel bilancio pubblico, ma che i ministeri non sono riusciti a spendere. Non sempre per colpa loro: molto spesso dipende dalla farraginosità dei meccanismi di spesa, dal fatto che gli stanziamenti vengono resi disponibili sul finire dell’anno, a volte per gli interventi di contenimento amministrativo delle uscite di cassa. Anche se qualche volta, come ha rilevato
Forse è per questo che i 53 milioni di euro messi a disposizione dal ministero dello Sviluppo economico alle Regioni per la «Sicurezza e la mobilità stradale» non sono mai stati intaccati. Per non parlare dei fondi, sempre del ministero dello Sviluppo, destinati alla «Mobilità locale». Lo stanziamento è anche superiore, 96,3 milioni di euro, ed è disponibile dal 2001, ma «in sette anni — si legge nel rapporto del
Invece di verificare puntualmente la spesa effettiva, ragionare sulla sua utilità ed eventualmente decidere di spostare gli stanziamenti altrove, molto spesso i ministeri preferiscono riproporre pari pari i vecchi programmi di finanziamento, anche se non producono grandi risultati. Per le cooperative edilizie, ad esempio, ci sono nel bilancio di quest’anno ben 204 milioni di euro di incentivi. Anche se sullo stesso capitolo c’è un arretrato di spesa deliberata e mai erogata che supera gli 800 milioni di euro.
Il fenomeno dei residui passivi si è un po’ attenuato negli ultimi due anni, da quando cioè la legge ha stabilito che queste somme vadano in «perenzione», quindi verso la cancellazione dal bilancio, dopo solo tre anni e non più sette come prima. Ma resta preoccupante, perché quella spesa, in molti casi, può diventare un debito esigibile dai beneficiari, rendendo assai precario il controllo sul bilancio.
Fatto sta che dopo la sforbiciata della perenzione i residui, da una media di 120 miliardi nel 2003-2006, sono scesi ai 90 del 2007-2008. Con la tendenza a restare costanti, perché ogni anno, tanti residui si smaltiscono, tanti se ne formano di nuovi. Nel
In media, i residui passivi di spesa rappresentano circa il 20% del bilancio dei singoli ministeri. Ma ci sono casi particolari. Come il ministero dello Sviluppo economico, che ha grandi difficoltà nella concessione di contributi in conto capitale alle imprese. Su 4,7 miliardi di euro da concedere, solo il 15,2% risultava pagato alla fine del 2008. Altri 345 milioni sono fermi nelle casse di Invitalia, l’ex Sviluppo Italia. Allo Sviluppo ci sono ben 10 miliardi di euro di residui in conto capitale accertati: di questa somma, 2,8 miliardi, secondo
Al ministero dello Sviluppo i residui passivi arrivano al 60% degli stanziamenti di bilancio. Lì le forbici della Ragioneria sono già intervenute: il taglio delle somme non spese è stato di 170 milioni di euro nel 2006, oltre 820 nel 2007 e altri 188 l’anno scorso.
Mario Sensini
28 settembre 2009
Nessun commento:
Posta un commento