lunedì 28 dicembre 2009

Da Washington arriva uno stop a Israele. «Basta nuovi insediamenti, si dialoghi»


Israele fermi i nuovi insediamenti. È un duro monito quello che arriva dalla Casa Bianca il giorno dopo il primo anniversario dell'inizio dell'operazione "Piombo Fuso", che ha fatto circa 1.400 vittime in un mese di combattimenti fra l'esercito israeliano e le milizie di Hamas. Washington si oppone in particolare alla costruzione di 700 nuovi alloggi a Gerusalemme est, annunciata dal governo israeliano.

«SI TORNI AL DIALOGO» - «Gli Stati Uniti si oppongono alle nuove abitazioni - ha dichiarato in una nota Robert Gibbs, portavoce del presidente Obama -. Lo status di Gerusalemme è una questione che deve essere risolta attraverso i negoziati ed essere appoggiata dalla comunità internazionale». La Casa Bianca chiede dunque alle due parti di tornare al tavolo delle trattative senza precondizioni, il più presto possibile. Un altro funzionario di Washington, citato dal quotidiano israeliano Haaretz in condizione di anonimato, ha detto che il piano di Netanyahu per la costruzione di case a Gerusalemme Est rappresenta un nuovo colpo al processo di pace. Una condanna arriva anche dall'Unione Europea: «Le costruzioni nei territori occupati sono illegali e contrarie al diritto internazionale - avverte la presidenza svedese -. Questa decisione non favorisce la creazione di un clima propizio al negoziato».

NUOVI INSEDIAMENTI - Ma i progetti di Tel Aviv sembrano lontani anni luce e i nuovi insediamenti sorgeranno in un'area, quella di Gerusalemme est, che i palestinesi vorrebbero come capitale del futuro Stato ma che è stata esclusa della moratoria di dieci mesi delle colonie israeliane decisa a novembre su pressione degli Usa. Israele considera infatti l’intera area della Città santa un proprio territorio, ma i numeri parlano da soli: in Cisgiordania e a Gerusalemme est vivono circa 500mila israeliani e 2,7 milioni di palestinesi. Il ministero dell'Edilizia ha dunque invitato gli imprenditori a lanciare le proprie offerte per la costruzione di 198 abitazioni a Pisgat Zeev, 377 a Neve Yaakov e 117 ad Har Homa, tutti insediamenti costruiti durante la guerra del 1967. Un piano che fa parte di un progetto più ampio, che ha messo in cantiere migliaia di nuove abitazioni per i cittadini israeliani.

NETANYAHU OTTIMISTA - Il premier Benjamin Netanyahu ostenta comunque ottimismo e si dice convinto che «le condizioni siano mature» per raggiungere un accordo di pace: «Spero che sia arrivato il momento di rinnovare il processo di pace - ha detto ai diplomatici riuniti al ministero degli Esteri -. Ora è tempo di agire, le scuse che i palestinesi accampavano stanno svanendo». Il presidente dell'Anp, Abu Mazen, la vede diversamente e ha ribadito che le nuove costruzioni nei territori occupati nel '67 sono «illegali». «Il governo israeliano dimostra ogni giorno che non è pronto per la pace» ha riferito il portavoce, accusando Tel Aviv di approfittare dell'incapacità degli Stati Uniti e della comunità internazionale di mettere fine alla costruzione di colonie. Saeb Erekat, principale negoziatore palestinese, ha chiesto a Washington di «prendere atto che la politica del governo israeliano punta a rafforzare la colonizzazione invece che a cercare la pace».

50 MILIONI DI STERLINE DA GB - A un anno dall'offensiva militare israeliana contro Gaza si è mobilitato anche il governo britannico, annunciando che stanzierà un fondo di 50 milioni di sterline in favore del popolo palestinese. Gran parte degli aiuti saranno devoluti all'Autorità palestinese a Ramallah, mentre 7 milioni di sterline serviranno a sostenere gli abitanti di Gaza a superare l'inverno e altri 5 milioni serviranno a pagare gli stipendi di 562 insegnanti dell'agenzia dell'Onu Unrwa che opera nel territorio palestinese. L'obiettivo dell'Unrwa è di contrastare la diffusione dell'estremismo tra i 260mila bambini rifugiati offrendo loro un livello migliore di istruzione. «Una buona istruzione, non influenzata dagli estremisti, è la chiave del futuro della regione» ha detto il ministro britannico per lo Sviluppo internazionale Douglas Alexander.

DOCUMENTI USA - Sul fronte del difficile processo di pace, il premier Netanyahu è atteso martedì al Cairo per colloqui con il presidente Hosni Mubarak. E dalla capitale egiziana arrivano indiscrezioni da fonti diplomatiche secondo cui gli Stati Uniti starebbero preparando documenti, destinati ai palestinesi e a Israele, che devono rappresentare la base per il rilancio dei negoziati. L’inviato speciale americano in Medio Oriente George Mitchell starebbe mettendo a punto due bozze di lettera di garanzia, una per Israele e l’altra per l'Anp. «Gli Stati Uniti sperano che queste due lettere rappresentino la base per un rilancio dei negoziati» ha indicato un diplomatico arabo.

28 dicembre 2009

3 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Mi attendo un tuo commento, angustifolia.

Anonimo ha detto...

Lo immaginavo: intanto ti ringrazio per l'augurio, ma i problemi cui ti accennavo, sebbene tenuti sotto controllo, non possono retrocedere dal loro stato attuale (anche se non impediscono un vivere abbastanza regolare).
Per tornare all'argomento, in parole povere: prima di tutto deve essere risolto il conflitto in Palestina tra Fatah, che non vuole ancora cedere, e Hamas eletto dal popolo.
Poi, probabilmente Obama sa che l'attuale governo israeliano non è in grado di risolvere da solo la situazione (il quale si sta attirando il boicottaggio da parte dell'Europa), e allo stesso tempo vuole ingraziarsi il mondo arabo (pensando all'Iran); la diatriba resta: due stati per due popoli o uno stato unico per tutti e due? sicuramente si deve porre fine al colonialismo sionista, altrimenti i palestinesi continueranno a resistere (secondo me giustamente: se venisse qualcuno a dire che la nostra terra era stata promessa ad un altro popolo, noi cosa faremmo?)

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Negli U.S.A. le lobby ebraiche sono potentissime, ma a me pare che ormai siamo agli sgoccioli sia perchè l'attuale Presidente Obama non mi sembra uno che tentenni (vedi quanto è riuscito a fare con al riforma sanitaria) sia perchè anche l'Europa mi pare stia cambiando rotta.
Addivenire ad una pace duratura può realizzarsi solo attraverso la creazione di uno Stato palestinese, così come nel 1948 fu creato lo Stato israeliano.
Non vi sono, a mio giudizio, alternative e Israele non potrà per sempre sfuggire a una condanna formale dell'O.N.U. o, peggio ancora, alla giustizia internazionale per (che paradosso!) "crimini contro l'umanità".