di Felicia Masocco
È «una bruttissima legge, peggiore del 2002». Nel 2002 l’europarlamentare Sergio Cofferati era leader della Cgil e di una protesta forte, e alla fine efficace, contro il tentativo del governo Berlusconi di allora di cancellare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. «Oggi è peggio - ripete da Bruxelles - e sono molto sorpreso del silenzio che ha accompagnato l’iter di questa legge». La critica è alla forze di opposizione e al sindacato: «Non dovevano attendere il voto del Parlamento, ma muoversi prima. Adesso sarà tutto più difficile, si dovrà combattere la legge recuperando un vistosissimo ritardo».
In cosa questa legge è peggiore dell’altra?
«È una legge complessa, ma gli effetti finali sono molto gravi. Riguardano l’articolo 18 che viene vanificato, ma si può derogare alle leggi del lavoro e ai contratti collettivi nazionali. Per questo è decisamente peggiore».
Eppure nel 2002 scattò una forte mobilitazione nel Paese, anche grazie alla Cgil ma non solo...
«...Qui non è scattato nulla perché non c’è stata nessuna iniziativa. Il voto di ieri arriva come un fulmine a cielo sereno su una platea di persone interessate e sull’opinione pubblica senza che quasi nessuno sapesse nulla. Alla denuncia dei rischi di quel testo fatta dal sindacato e dal Pd, poi in realtà non è seguita alcuna iniziativa politica. Per cui pochissimi sanno. Io sono molto sorpreso del silenzio che ha accompagnato la discussione parlamentare, anche perché i contenuti sono davvero pesanti».
Questo sta a indicare quanto sia diverso il clima rispetto a 8 anni fa. Non pensa che siano cambiate molte cose?
«No, non sono d’accordo con questa giustificazione, perché tale mi pare. Che il clima sia diverso ça va san dire, ma il clima corrisponde anche alle modalità con cui tu costruisci il rapporto con i destinatari del tuo lavoro. Una legge con questi contenuti non puoi aspettarla al voto quando sai che in Parlamento la maggioranza è forte e coesa: devi agire prima, è ovvio che non cambi i rapporti di forza ma costruisci nel Paese un clima politico che ti può aiutare nell’azione di contrasto, oppure nell’azione di modifica. Questo non è stato fatto».
In realtà
«Che il sindacato al suo interno e i partiti tra di loro ne abbiano parlato è ovvio, ma nessuno ha promosso nulla per costruire la consapevolezza su quello che poteva capitare, e che ieri è capitato, e poi per tentare di modificarlo. Guardi che nel 2002 andò cosí: la maggioranza parlamentare era forte però intorno all’argomento “diritti” - con larghissimo anticipo rispetto alla possibile discussione in Parlamento - si costruì un clima politico, che portò il governo a non far nulla. Adesso devi fare la stessa cosa ma devi recuperare un ritardo vistosissimo».
In una condizione oggettivamente più difficile: nel 2002 almeno nella prima fase i sindacati erano uniti. La famosa manifestazione del Circo Massimo
«Quando sento dire da Cisl e Uil che i contratti potranno cambiare la norma a favore del lavoratore, beh, francamente... Ma in quale mondo le imprese che hanno un vantaggio che gli viene dato dalla legge ci rinunciano attraverso la contrattazione collettiva? Dove mai si è vista una cosa del genere?».
Da nessuna parte. Quindi si deve informare e poi?
«Con l’informazione si costruisce il consenso. Ora
E scendere in piazza?
«Assolutamente si perché l’informazione, la mobilitazione e l’iniziativa politica devono andare di pari passo».
Lasciando fuori Cisl e Uil?
«Il sindacato dovrebbe agire unitariamente perché qui non è in discussione soltanto l’articolo 18, ma la contrattazione collettiva, il contratto stesso, dal quale si può derogare. E se il sindacato perde il suo potere contrattuale cambia natura. Il sindacato provi a fare uno sforzo straordinario per un’azione comune. Perché farlo insieme avrebbe già di per sé un grande valore».
05 marzo 2010
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