venerdì 12 marzo 2010

Il Cavaliere teme la Caporetto del Pdl


"Dobbiamo evitare il nove a quattro"

di FRANCESCO BEI

La sirena a palazzo Grazioli ha iniziato a suonare dopo gli ultimi sondaggi: il rischio che le regionali possano essere una Caporetto per il Pdl a questo punto è più che concreto. A meno di una sterzata, come quella che appunto sta cercando di imprimere il Cavaliere alzando i toni dello scontro, a fine marzo il tabellone segnerà soltanto 4 regioni alla maggioranza contro 9 all'opposizione.

A dispetto del pronostico di Ignazio La Russa - "sarà un successo se raddoppiamo le regioni da noi governate, passando da due a quattro" - per il premier sarà un disastro se le bandierine blu si pianteranno solo in Lombardia, Veneto, Calabria e Campania. Ma un problema più grande - come una sconfitta di questa portata a metà mandato - se ne tira dietro un altro non meno gravido di conseguenze: l'arretramento del Pdl a favore della Lega. I bollettini che arrivano a via dell'Umiltà sono da giorni sempre gli stessi: "I sondaggi - rivela un ministro - stanno dimostrando che la vicenda delle liste porta a un significativo travaso dal Pdl alla Lega". In Veneto ci sarebbero addirittura una decina di punti di distacco, con la Lega vicina al 35% e il Pdl al 26%. Il Carroccio sfonda poi nelle regioni rosse, mentre in Piemonte sono 2 i punti che sottrae al Pdl. E quello che non fa la Lega lo fa l'astensione, che sembra colpire di più gli elettori di Berlusconi. Incontrando due sera fa a cena alcuni senatori, dopo aver spento la televisione al terzo goal del Manchester United contro il suo Milan ("basta, mi fa solo incazzare"), il premier ha confessato che finora il Pdl "ha perso 4 punti a livello nazionale".

Reagire è quindi l'imperativo, invertire la rotta prima che i dati si consolidino. Il Cavaliere lo fa a modo suo, caricando la campagna con accuse ai giudici e all'opposizione "sovietica" e, di fatto, sostituendo se stesso ai candidati governatori. Ci vorrebbe qualche provvedimento da spendersi in campagna elettorale, ma Giulio Tremonti resta una sfinge. Tanto che ieri mattina, sedendosi al grande tavolo del ministero dell'Economia insieme a "Giulio", il premier l'ha fulminato con il sorriso sulle labbra: "L'ampiezza di questo tavolo è l'emblema della distanza che c'è tra il tuo ministero e il Paese".

Dunque occorre una mobilitazione generale. "Non potrò andare dappertutto - ha spiegato ai senatori - ma cercherò di fare molte conference call. Il problema è la sicurezza: dovunque vada mi aspettano 50-60 contestatori organizzati". L'altra emergenza è la manifestazione di Roma. A chi la deve organizzare stanno venendo i sudori freddi per il rischio flop, visto che piazza San Giovanni senza 300 mila persona sembra vuota. "L'altra volta - si sfoga uno dei capi Pdl - ci sono voluti 3 mesi di tempo. Ora abbiamo appena dieci giorni". Il problema è anche la "freddezza" degli elettori: "Mentre contro Prodi e Visco era molto facile portare la gente in piazza - confessa un ex forzista del Nord - adesso dovremmo rinunciare all'ultimo week end di campagna elettorale per venire a Roma a manifestare a favore della Polverini". Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, in un corridoio dell'hotel Hilton ammette che "riempire San Giovanni è una grossa sfida... ma siamo il Pdl no? Siamo grossi".

L'altro problema resta il rapporto con Gianfranco Fini. Ricevendo a cena i senatori, giacché alcuni provenivano da An, Berlusconi li ha tranquillizzati: "Con Gianfranco ho un rapporto più che decennale. Quando c'è un problema ci parliamo e mettiamo tutto a posto". Giorni fa tuttavia, scherzando con Ignazio La Russa, il Cavaliere aveva usato un altro registro: "Se potessi tornare indietro rifarei Forza Italia". Al che La Russa non ha resistito alla battuta: "Presidente, ma lo sai che Fini dice esattamente lo stesso?".

(12 marzo 2010)

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