"Sì al confronto, ma vado avanti"
di UMBERTO ROSSO
Aspettando qualche buona notizia dai ballottaggi di domenica, come rimettere la bandierina sul comune di Mantova a segnalare la "resistenza" al nord, Bersani lavora alla road map per il Pd dopo-elezioni. Percorso ad ostacoli, con Area democratica e i popolari che hanno già indetto gli stati generali, ma col leader che rilancia la sfida: "Io vado avanti. Faremo una bella e approfondita discussione, come richiesto. Senza veli. Non sono, come ho già spiegato al congresso, un segretario suscettibile. Ma, poi, nel partito c'è tanto da lavorare. Sulla strada già tracciata". Convocati perciò a Roma (martedì prossimo) i segretari regionali per la prima radiografia del voto zona per zona. Il ring per lo scontro politico, la riunione di direzione, è stato allestito invece per il prossimo 17 aprile.
Ma in vista dell'appuntamento, la minoranza chiama a raccolta le truppe. Beppe Fioroni riunisce i parlamentari e la cinquantina di neo consiglieri regionali popolari (il 14 a Roma) all'insegna della parola d'ordine: non guardiamoci l'ombelico, come dice Bersani, ma non chiudiamo gli occhi sulla situazione del partito. Che, secondo l'ex ministro, versa in stato piuttosto confusionale se "riemergono due feticci ridicoli, due categorie da sotto il vestito niente: una si chiama giovanilismo, l'altra unanimismo. Così non ci sto, non andiamo da nessuna parte". Un vecchio rito secondo Fioroni, che si ripete stancamente dopo ogni sconfitta: la "giaculatoria" a mettere in pista i giovani per salvare il Pd "si risolve puntualmente nei giochetti del manovratore di turno che si circonda di giovani leve ma soltanto per poter gestire tutto da solo". E gli appelli all'unità? Un esercizio inutile pure quello.
"Noi non perdiamo perché siamo divisi. La pluralità di voci è una ricchezza. Del resto, nel Pdl litigano su tutto però hanno vinto. Noi andiamo male perché il programma arriva confuso agli elettori". Con stoccata finale al "conservatorismo rancoroso di alcuni parti sociali", leggi Cgil, che a giudizio di Fioroni frenano l'innovazione in casa Pd sul tema lavoro. Malumori che i popolari riverseranno poi nel contenitore più ampio di tutta l'opposizione, con Area Democratica guidata da Franceschini e Veltroni a conclave il 15 e 16 aprile per decidere se e come lanciare l'offensiva anti-Bersani. A pesare sulla scelta saranno anche i conteggi esatti, che si stanno ultimando, sulle forze in campo. La minoranza porterebbe a casa, all'incirca, un terzo dei consiglieri regionali eletti nelle liste del Pd (spartiti fra le diverse anime interne: il grosso sono popolari, quindi i fassiniani, e poi i veltroniani). Nella maggioranza, consiglieri di area dalemiana in leggero vantaggio sui fedelissimi di Bersani, quindi gli uomini di Letta e gli eletti "in quota" Bindi.
Ma il segretario, superati i primi contraccolpi, incassato anche un esplicito sostegno incondizionato offerto da Franco Marini, sente di poter affrontare la navigazione in acque più tranquille. "Esco rafforzato da questa partita", ha confidato perciò ai collaboratori prima di lasciare Roma per qualche giorno di vacanza, "non vedo crescere pericolose tensioni nel partito". Libero così di potersi dedicare al fronte principale, a Berlusconi, che incrocerà sul palco della Confindustria a Parma, venerdì. Per dirgli che di riforme si può parlare ma ad una condizione: sul tavolo deve esserci anche il dramma lavoro.
(06 aprile 2010)
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