TIZIANA FERRARIO E PAOLO DI GIANNANTONIO PARLANO DELLE EPURAZIONI DEL TG1
di Sandra Amurri
Il casus belli è la lettera a sostegno del direttore Augusto Minzolini all’indomani della notizia “falsa” data dal Tg1 dell’assoluzione di David Mills, mentre si trattava di prescrizione, infilata in scaletta all’insaputa del conduttore Paolo Di Giannantonio. Caso finito sulla stampa. Minzolini ha pensato bene di passare alla conta per capire chi fosse con lui e chi contro di lui. Conclusione: 90 redattori su 160 hanno firmato la lettera ed è iniziata l’epurazione degli oppositori a cominciare da Massimo De Strobel, Paolo Di Giannantonio, Tiziana Ferrario, Piero Damosso, immediatamente allontanati dal video e parcheggiati senza un ruolo.
A Tiziana Ferrario, come ha raccontato la stessa inviata di guerra, da 31 anni in Rai, al convegno “Informazione e Democrazia” coordinato da Giorgio Zanchini di Radio3 e organizzato dal dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università Carlo Bo di Urbino (diretto da Lella Mazzoli), è stato il direttore a dirle che non sarebbe più andata in video mentre si trovava in ferie. “Lo ricordo bene, era il 30 marzo scorso, giorno dei risultati elettorali, eccellenti per il Pdl”. La ragione ufficiale: c’è bisogno di volti nuovi. “Sì, infatti, ora conduce Francesco Giorgino che nuovo non è mentre è uno di coloro che passava a raccogliere le firme pro-direttore come se la nostra storia professionale non avesse alcun peso”. Stessa sorte è toccata a Paolo Di Giannantonio, altro relatore del convegno assieme a chi scrive, a Marco Bechis vicedirettore di Libero e ai colleghi dei quotidiani regionali che spiega come “un giornalista non dovrebbe mai correre in soccorso del vincitore ma restare sempre in quella postazione in cui si difendono le notizie per garantire pluralità e veridicità dell’informazione”. Anche lui, come la Ferrario, al mattino arriva in redazione e resta tutto il giorno seduto alla scrivania senza fare nulla, a discapito di una comprovata professionalità ed esperienza. Mentre Minzolini continua a dispensare promozioni ai firmatari della lettera: aumenti di stipendio, nomine, conduzione di rubriche, moltiplicando gli incarichi alle stesse persone come nel caso di Susanna Petruni, conduttrice delle 20, inviata per Berlusconi, vicedirettore con delega agli speciali di Uno Mattina.
Di lei si ricorda che, in occasione del discorso del premier alle Nazioni Unite davanti ad una sala semi deserta, per non farlo sfigurare usò l’immagine della sala affollata di quando parlò Kofi Annan. O come Monica Maggioni, altra firmataria della lettera, caporedattore agli esteri, inviata e conduttrice degli speciali, e Giorgino caporedattore centrale, capo degli interni e conduttore del tg delle 20. Nonostante l’azienda sia in crisi, Minzolini rafforza il suo fortino: chiede e ottiene il trasferimento di giornalisti da altre testate, ne assume di nuovi come Cecilia Primerano, ora a Porta a Porta, a cui affidare il politico e nello specifico seguire il premier, e contrariamente a quanto hanno fatto i suoi colleghi del Tg2 e del Tg3 e i suoi predecessori, affida ad una società esterna la realizzazione del nuovo studio. E gli ascolti crollano vertiginosamente. Tutto grazie, come tacerlo, a giornalisti pronti a piegare la schiena senza capire che calpestare un principio come la libertà di opinione equivale a ritrovarsi domani vittima dello stesso principio calpestato da altri. Di fronte a questo quadro Marco Bechis, sorprendentemente, non spende parole pro Minzolini, limitandosi a raccontare: “Sarò andato a cena con Augusto una decina di volte. Quando è stato nominato direttore mi ha detto che mi voleva come suo vice. Gli ho risposto che non glielo avrebbero permesso perché il centrodestra non mi ama ma lui ha insistito. Morale: la mia nomina è saltata”. E per dare forza alle sue parole aggiunge che il ministro Tremonti, incontrato in un’occasione pubblica, gli ha chiesto: “Tu hai mai fatto marchette?”. La risposta è stata no. “Allora non puoi andare al Tg1” ha chiosato il ministro consegnando in una battuta il degno spaccato del degrado dell’informazione pubblica e della classe dirigente del Paese.
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