lunedì 31 maggio 2010

Con il Quirinale tratta Gianni Letta Tremonti isolato resta a bordo campo


"Adesso basta, la partita la gestiamo noi". È metà pomeriggio quando il presidente del Consiglio Berlusconi lascia Villa Certosa prima di volare verso Arcore. Il Quirinale incalza, chiede chiarimenti, correttivi, sebbene non per iscritto. E il mandato che il premier conferisce al telefono a Gianni Letta sa di esautorazione del ministro dell'Economia Tremonti, finora regista unico della manovra da quasi 25 miliardi di euro. Per tutta la giornata, d'altronde, i contatti dell'ufficio giuridico del Colle vengono tenuti direttamente con Palazzo Chigi, con lo stesso Letta e con i tecnici del ministero di via XX Settembre. Non con il ministro, però. Lavorio di limatura, ma anche di riscrittura concordata di parti del testo, andato avanti fino a tardi. Finché in serata il governo non ha inviato la manovra rivista e corretta secondo le indicazioni della Presidenza della Repubblica. Troppo tardi, tuttavia, per consentire al Quirinale un ultimo ma necessario controllo del testo che Napolitano effettuerà stamattina, prima di firmarlo e consentirne la pubblicazione in Gazzetta.

Osservazioni accolte, dunque. Al danno di immagine derivato da un parto lungo e logorante del testo, il premier Berlusconi non ha voluto sommare la beffa di una stroncatura dal Colle. Ma i rapporti tra Berlusconi e Tremonti, nelle ultime 48 ore, sono tornati tesissimi. Ai pochi fidati consiglieri sentiti nella giornata festiva, il capo del governo ha continuato a ripetere che la stretta finanziaria ha già scatenato "troppi malumori, troppe proteste" in seno alla stessa maggioranza. Tra leghisti preoccupati per il federalismo a rischio, finiani sul piede di guerra e industriali scettici. D'altronde, lo strappo consumato sabato sera è sintomo del clima deterioratosi in questo week-end ad alta tensione. Il comunicato di fuoco con il quale, a sorpresa, il ministro della Cultura e coordinatore del partito Sandro Bondi si è scagliato contro i tagli "indiscriminati" operati dal collega Tremonti è stato preceduto da una lunga telefonata del fedelissimo ministro allo stesso Berlusconi. E dunque proprio dal premier sarebbe scattato il via libera per quel j'accuse che Bondi, del resto, non avrebbe mai osato senza il conforto del suo leader.

Come se non bastasse, quando da Palazzo Chigi è stata pubblicata ieri pomeriggio la nota sui chiarimenti attesi dal Quirinale, è stato anche sottolineato, non a caso, che "i contatti con il Colle sono tenuti in queste ore dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta". Non da altri, sottinteso. E tanto è bastato per lasciar intendere quanto fosse "isolato" (Lega a parte), per il momento esautorato, il superministro dell'Economia.

Berlusconi ha fretta. Avrebbe preferito che la firma del presidente Napolitano fosse arrivata già ieri, per consentire stamattina la pubblicazione sprint della manovra correttiva in Gazzetta Ufficiale. In tempo per l'apertura di Piazza Affari e per inviare un segnale positivo ai mercati finanziari. In tempo si farà ugualmente, perché l'ultimo controllo del Quirinale sarà rapido e, salvo sorprese, la pubblicazione avverrà comunque in poche ore, ragionavano in serata negli uffici della Presidenza della Repubblica.

Del resto, se il testo approvato in Consiglio dei ministri martedì scorso è stato spedito solo sabato al Colle, non è responsabilità di altri se non del governo. E poi, il presidente Napolitano non è mai stato - né tanto meno lo sarebbe stato in questa fase così delicata - un semplice notaio. Preso atto che nella manovra non vi è traccia del ventilato condono, risolto a quanto pare positivamente il nodo del taglio agli stipendi dei magistrati - oggi Gianni Letta incontrerà e rassicurerà i vertici dell'Anm - il capo dello Stato ha preferito non mettere per iscritto i propri rilievi. Ma li ha comunque "girati" alla Presidenza del Consiglio. A cominciare da una serie di incongruenze tecnico-giuridiche. Per entrare quindi nel merito di quei "tagli indiscriminati" a enti di ricerca e culturali in alcuni casi simbolo dell'identità nazionale e della stessa Unità d'Italia, dunque insostenibili, tanto più alla vigilia della celebrazione del 150' anniversario.

Insostenibili come quelli sulla scuola e sulla ricerca che penalizzerebbero formazione e mondo giovanile, settori sui quali, al contrario, il Quirinale ha raccomandato più volte di investire con maggiore coraggio. Le correzioni alla fine sono state accolte. Su tanto altro, preannunciano i dirigenti del Pdl, da Gasparri a Napoli, si interverrà comunque in aula. Ma il testo che arriverà in Parlamento lascia piuttosto freddo Pier Ferdinando Casini, pur disponibile al dialogo, come lascia intendere il suo braccio destro Roberto Rao: "Non c'è stato alcun coinvolgimento, non hanno avuto il coraggio di dire che la casa brucia, né di assumersi le loro responsabilità. Se è così, tanti auguri".

(31 maggio 2010)

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