L'imprenditore Diego Anemone, al centro dell'inchiesta sul G8
PAOLO FESTUCCIA
Il ministro Claudio Scajola lo ha detto e ribadito, «sono innocente, ho la coscienza pulita». Certo è, però, che le sorelle Papa, Beatrice e Barbara, venditrici dell’appartamento a Roma in via Fagutale 2, con vista sul Colosseo, nella loro ricostruzione dei fatti agli inquirenti non hanno omesso di ricordare con puntuali ricostruzioni che «quegli ottanta assegni circolari per un importo di 900 mila euro furono consegnati loro dal ministro in persona, all’atto della vendita nel 2004». Una vendita per un importo di 1 milione 700 mila euro, registrata però con atto notarile per un importo pari a 600 mila euro. Spiegazioni accompagnate, dalle medesime sorelle Papa, con carte consegnate nelle mani dei pm perugini (lo scorso 25 marzo), Sandro Sottani e Alessia Tavarnesi con ricevute e documentazioni bancarie. Resoconti certificati, dunque, che troverebbero riscontri anche nelle ammissioni dell’architetto Angelo Zampolini, indagato per riciclaggio, e fidatissimo collaboratore dell’imprenditore Anemone finito in carcere nell’ambito dell’inchiesta sui "Grandi eventi". E proprio l’architetto Zampolini, dal canto suo, sembrerebbe di averne raccontate tante altre di cose agli inquirenti, fornendo ulteriori elementi, nomi, numeri di conti correnti. Insomma, un vero fiume di denaro, stando alle ricostruzioni perugine, che ora i pm vogliono ricostruire per filo e per segno con l’obiettivo di certificare il presunto scambio di favori negli appalti pilotati alla base delle considerevoli regalie non in contanti o in denaro ma in immobili, appartamenti di pregio, in taluni casi anche ristrutturati dallo stesso Anemone.
Diversamente, infatti, nelle ipotesi di lavoro dell’accusa non si spiegherebbero gli innumerevoli movimenti bancari effettuati su circa 240 conti correnti dallo stesso Zampolini per circa 2 milioni 878 mila euro.
«Soldi versati in banca dallo stesso Angelo Zampolini a fronte dell’emissione di centinaia di assegni circolari». «Tanti assegni - si legge nella nota - serviti per l’acquisto di immobili da parte di terzi soggetti».
Tanti titoli circolari (29 per la precisione), insomma, come quelli ad esempio girati a Monica Urbani per complessivi 285 mila euro finalizzati all’acquisto di un immobile all’asta da lei poi acquistato al 50% e poi venduto - con il medesimo metodo degli assegni circolari - per 300 mila euro al generale della Guardia di Finanza (oggi all’Aise), Francesco Pittorru.
Ma la lista della «spesa» non finisce certamente qui: tanti, altri assegni circolari, immobili, altri personaggi, noti e più o meno noti, e forse politici finiti nei conti della cosiddetta «spesa» organizzata dalla cricca Anemone & co per pilotare appalti, vincere bandi e gare pubbliche, aggiudicarsi lavori per committenti speciali, in molti casi, fuori dal controllo di budget, dalla Corte dei conti, dai revisori addetti al controllo della spesa.
Insomma, quelle grandi opere e eventi per intenderci per le quali nessun occhio più o meno indiscreto, può rivolgere attenzioni. Non a caso, infatti, nell’informativa dei pm figurano anche società e agenzie immobiliari e, soprattutto, tre altre persone che nei prossimi giorni potrebbero essere interrogate dai pm, intestatari di 52 assegni circolari. A cosa sono serviti, dunque, questi altri 52 assegni? E soprattutto, chi sono stati i probabili beneficiari di queste laute «ricompense»?
Politici? Pubblici funzionari, amministratori? Di certo, un ulteriore impulso sul fronte della chiarezza potrebbe già arrivare il prossimo lunedì, 3 maggio, quando il gip di Perugia, Paolo Micheli dovrà pronunciarsi sulla richiesta dei pm di nominare un commissario per le aziende di Diego Anemone; così come del resto sarà utile attendere la decisione del Riesame (fissata l’11 maggio) sulla competenza dell’inchiesta.
Un elemento non certamente secondario, anzi dirimente, al centro delle ragioni argomentate lo scorso 12 aprile dal Gip Massimo Ricciarelli per respingere le richieste di arresto avanzate dai pubblici ministeri per Claudio Rinaldi (ascoltato giovedì scorso), Angelo Zampolini e Stefano Gazzani.
Ma è chiaro che, ieri, nel silenzio della Procura di Perugia ma anche nei palazzi della politica umbra il nome più gettonato per commenti e riflessioni era quello del ministro Claudio Scajola. Sarà indagato?, si presenterà spontaneamente in Procura a Perugia, sarà sentito come persona informata sui fatti? Chissà. Ma soprattutto, cosa avrà raccontato Zampolini ai magistrati e quali nomi avrà fatto? Altri ministri coinvolti? (Il Fatto, ieri, ha riportato una battuta dell’ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi che sosteneva che «Zampolini si occupò solo del suo passo carrabile»), mentre i lavori della sua villa di Parma fatti da Anemone sarebbero in regola: «Ho le fatture per 100 mila euro e sono pronto a portarle ai magistrati». L’ultimo giallo di questa intrigata matassa sono le richieste da parte del ministero dello Sviluppo economico risalenti a un mese fa circa le indagini in corso a Perugia e relative a due società: la Stube srl e la Fidear, entrambe vicine alla galassia-Anemone.
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