di Giampiero Gramaglia
Èun momentaccio per l’Europa: la crisi greca indebolisce l’euro, mette a nudo la fragilità della coesione nell’Ue e spinge i leader a varare in extremis un piano “salva Stati”; e la vittoria, seppur incompleta, dei conservatori in Gran Bretagna fa presagire tempi duri per le decisioni da prendere, d’ora in poi, all’unanimità. Mentre, sul ponte di comando, a Bruxelles c’è una Commissione che deve ancora provare fantasia e carisma.
La risposta comune dei Paesi euro alla crisi greca era dovuta, scontata, inevitabile. Ma è arrivata cento giorni troppo tardi, dice l’ex premier spagnolo Felipe Gonzalez, uno dei reduci di un’Europa dove la storia e l’integrazione avanzavano in fretta. Dal momentaccio, scrivono i saggi di Felipe –fra essi, l’italiano Mario Monti- si esce con più Europa, non con meno Europa: “Per non perdere posizioni, dobbiamo intraprendere azioni coraggiose”, al bivio tra “adeguamento o declino”. Invece, il Vertice di ieri a Bruxelles è stato almeno il terzo da cui i leader europei sono usciti annunciando l’intesa pro Atene, salvo poi ricominciare il tiramolla il giorno dopo. Stavolta, non sarà così.
Ma se avessero agito subito, in modo chiaro e forte, senza i tatticismi tipo “a sborsare i soldi c’è sempre tempo”, avrebbero risparmiato tutti tempo e denaro, con un messaggio decisivo alla speculazione internazionale. Invece, ecco il paradosso di un’area economica forte e solida, con tre Paesi del G8 dentro, che chiede l’intervento dell’Fmi, come l’Argentina dei bond fasulli, rimettendoci credibilità e dando fiato alla speculazione, invece di strangolarla. Ed è vero che sono buoni tutti a dire agli altri di tirare fuori i soldi, ma Angela Merkel è parsa più sensibile alle telefonate di Barack Obama che ai discorsi di Nicolas Sarkozy.Di fronte ai tentennamenti dei partner, gli stessi greci faticano ad accettare l’eredità per loro durissima degli sperperi e delle frottole del centro-destra. Solo adesso, dopo vittime in piazza, la maggioranza della popolazione accetta il piano d’austerità del premier socialista Giorgio Papandreu.
A Bruxelles, l’Italia è stata fra i Paesi più attivi per l’accordo. Mr B. è soddisfatto. E il ministro Tremonti aveva sempre detto che, se la casa del vicino brucia, per quanto piccola sia, è meglio correre a spegnere il fuoco. Tanto più se la tua casa è fra le più minacciate. Il timore di contagio è certo ingigantito dalla speculazione, ma i Piigs, i Paesi dell’euro più a rischio, sono ben cinque, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, e non quattro, come vuole chi tace l’Italia.
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