Nelle segnalazioni di Bankitalia anche Lucci, Zampolini, Gazzani, Ciolfi, Rinaldi, Colosimo, Piscicelli e don Evaldo
di Marco Lillo
La casa come strumento di riciclaggio e come mezzo di corruzione. Non è una novità dell’indagine di Perugia sul sistema Anemone-Zampolini ma certamente nessuno aveva mai portato a un simile livello di perfezionamento l’uso dell’immobile per coprire fondi neri e mazzette.
Gli uomini della Polizia Tributaria di Roma stanno spulciando tutte le segnalazioni di operazioni sospette inviate dalla Banca d’Italia negli anni passati. Oltre ai tre uomini che i pm volevano arrestare (l’architetto dall’assegno facile, Angelo Zampolini, il commissario dei mondiali del nuoto con la passione di San Marino, Claudio Rinaldi e il commercialista della cricca, Stefano Gazzani) nel mirino ci sono le operazioni sospette di Alida Lucci, segretaria di Anemone con 30 conti correnti, di Bruno Ciolfi, il socio di Anemone nella costruzione delle carceri in Sardegna. E c’è anche un giudice: Antonello Colosimo, consigliere della Corte dei Conti e amico dell’imprenditore Luigi Piscicelli, il gentiluomo celebre per le risate nella notte del terremoto di L’Aquila. Nell’elenco di Bankitalia che ha riepilogato le segnalazioni degli anni passati a benficio dei pm, c’è anche il cognato di Piscicelli, che rideva con lui al telefono, Pierfrancesco Gagliardi. E non poteva mancare don Evaldo Biasini, detto don Bancomat, perché era usato come uno sportello da Anemone e compagni. L’elenco comprende anche Valerio Carducci, l’imprenditore che aveva vinto uno dei megappalti del G8 alla Maddalena e che voleva un aumento dei costi di 70 milioni di euro grazie alle varianti. Bisogna precisare che le segnalazioni non sono denunce penali. Ma solo indicazioni di anomalie di comportamento tutte da verificare.
Ogni segnalazione, se riscontrata, può aprire un nuovo filone di indagine. Prima di aprire nuovi fronti in una delle inchieste più ampie della storia però i pm Alessia Tavernesi e Sergio Sottani hanno chiesto alla Guardia di finanza di esplorare fino in fondo il filone più promettente. Quello delle segnalazioni sui conti dell’architetto Zampolini alla Deutsche Bank e di Diego Anemone alla Banca delle Marche, il filone più inesplorato perché meno segnalato. Seguendo quelle segnalazioni amministrative che servono teoricamente solo per scoprire riciclatori e grandi evasori delle norme valutarie i finanzieri hanno fatto bingo sul caso più importante: quello della casa al Colosseo di Claudio Scajola (pagata 1,7 milioni dei quali 900 mila versati con gli assegni dell’architetto Angelo Zampolini) e anche sulle due case del generale dei servizi segreti, Francesco Pittorru (assegni circolari per 800 mila euro). Ora l’inchiesta si sta interessando di altre operazioni che ancora non hanno un beneficiario certo. Il nucleo di Polizia Tributaria della Finanza segnala ai pm gli assegni intestati da Zampolini a Giampiero Scardaoni e Manfredi Geraldini per complessivi 500 mila euro (entrambi sarebbero legati alla vendita da parte della società AEG srl degli appartamenti di via della Pigna a Lorenzo Balducci, l’attore figlio di Angelo, allora consulente del Vaticano, in passato proprietario dell’immobile); poi c’è Peter Paul Pohl, un immobiliarista di Merano che ha ceduto alla società legata ad Anemone un immobile sempre in piazza della Pigna. Poi ci sono i 52 assegni per 520 mila euro intestati da Zampolini a Maurizio De Carolis. Su questa operazione i finanzieri stanno ancora lavorando. Come su altri soggetti emersi dalle operazioni dei conti bancari di Anemone alla Banca delle Marche. I nomi che appaiono sugli assegni circolari per ora non dicono nulla agli investigatori perché l’acquirente (come per Scajola) non figura sull’assegno. Come nel caso delle sorelle Papa, sarà necessario convocare i beneficiari e farsi spiegare il senso dell’operazione economica. E sono in tanti a tremare nel palazzo. Tra camera e senato si rincorrono le voci su altri ministri e coordinatori di partito coinvolti nel giochino degli assegni. Bisognerà attendere per sapere cosa c’è di vero.
Quella in corso tra gli investigatori e la “cricca” è una vera e propria partita a scacchi con tempi molto dilatati.
Lo schema era semplice e si basava sulla vecchia normativa che garantiva l’impunità fiscale all’acquirente che dichiarava solo il valore della rendita catastale moltiplicata per cento. Sfruttando questa norma ipocrita e criminogena gran parte degli acquisti immobiliari in Italia era basata su un pagamento in nero.
Il giochino ideato da Anemone e attuato da Zampolini era quello di versare la parte celata al notaio e al fisco con assegni circolari emessi sul conto di Zampolini usando i soldi di Anemone. Dal punto di vista del venditore non era possibile sospettare nulla. Gli assegni circolari erano già intestati a suo nome.
In molti oggi si chiedono perché Scajola e compagni avrebbero accettato di lasciare traccia. Ma non si considerano i rischi maggiori dell’ipotesi alternativa. Se Scajola si fosse presentato con una valigetta di 900 mila euro in contanti, le sorelle Papa avrebbero sentito puzza di bruciato. Gli assegni circolari invece sono inodori e graditi anche ai finanziatori occulti: Anemone in ogni momento avrebbe potuto tirarli fuori per ricordare agli altri immobiliaristi a sbafo il debito di riconoscenza. Quando nel settembre del 2007 Zampolini, all’ennesima segnalazione della Banca d’Italia, viene convocato dalle Fiamme Gialle, spiega di avere usato i 900 mila euro degli assegni intestati alle sorelle Papa per una compravendita della quale era mediatore. Ma si rifiuta di dire di più. Con il senno di poi, ma tutti sono bravi a fare le indagini così, sarebbe bastata una visura in conservatoria sulle sorelle Papa per vedere apparire in non più di un minuto sullo schermo il nome pesante di Claudio Scajola. Purtroppo allora la pratica fu sbrigata come una delle 12 mila segnalazioni che ogni anno piovono da Bankitalia sui pochi uomini a disposizione del nucleo valutario della Finanza e della Dia. Ci sono voluti due anni e un’indagine penale per scoprire quei nomi che Zampolini teneva nascosti. Comunque in questi giorni, come accade in guerra quando il nemico decifra il codice dei messaggi segreti, la Guardia di Finanza sta recuperando il tempo perduto e sta applicando lo schema Zampolini al contrario per smontare tutte le operazioni una ad una: dall’assegno al beneficiario apparente, per poi passare dal suo nome a quello del compratore dell’immobile. Una volta ricomposta la catena del “dare” di Anemone, come è stato fatto per il ministro Claudio Scajola, si passerà poi alla fase due. E finalmente si arriverà a comporre anche la colonna dell’avere, spulciando gli appalti ottenuti senza gara, da Anemone e compagni in questi anni.
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