UN LIBRO RACCONTA IL LATO OSCURO (E SPIETATO) OLTRE L’ETERNO SORRISO DEL PREMIER ZAPATERO
di Alessandro Oppes
Ricordate quando lo chiamavano Bambi? Lui, imperturbabile, incassava, sfoderava il suo immancabile sorriso – ora dicono che anche quello sia attentamente studiato, frutto di uno scrupoloso allenamento – e tirava dritto per la sua strada. Un ingenuo? Uno sprovveduto? Un dilettante? No, José Luís Rodríguez Zapatero non è mai stato niente di tutto questo. Anzi, al contrario, è un professionista della politica nel senso più puro del termine. Vanitoso, cinico, spietato, autoritario, freddo e calcolatore, con un altissimo concetto di sé e con un unico obiettivo: il potere per il potere.
A descriverlo così non sono i suoi più feroci avversari politici – che semmai ne criticano le decisioni di governo, ne mettono in evidenza le incertezze e i fallimenti – ma proprio i suoi colleghi di partito. Quelli, insomma, che lo conoscono da una vita, da quando cominciò a muovere i primi passi nella federazione socialista di León per approdare, appena ventiseienne, a Madrid come parlamentare: il più giovane deputato delle Cortes. Ora che è al potere da sei anni, e che mostra di trovarsi perfettamente a proprio agio nelle stanze della Moncloa, sono i suoi stessi “amici” del Psoe a cancellare la favola di Bambi per ritagliargli addosso un’altra immagine, che forse potrà irritarlo, ma vista la sua ambizione smisurata potrebbe anche lusingarlo: Machiavelli è il nuovo appellativo che gli viene affibbiato dalla copertina di un libro che ha subito provocato scandalo. L’autore, il giornalista José García Abad, direttore del settimanale El Siglo, non è minimamente sospetto di simpatie per il Partito popolare. E il ritratto del “Principe” che ne viene fuori è frutto di una serie di testimonianze raccolte tra dirigenti del partito, ministri e, soprattutto, ex ministri, che non si fanno problemi a raccontare fuori dai denti quello che pensano. Se c’è una cosa sulla quale quasi tutti concordano, è che il giorno in cui dovesse cadere, non ci sarà nessuno al suo fianco. Ora non si azzardano a contraddirlo ma, assicura un componente dell’esecutivo del Psoe, “un giorno verrà fuori tutta la rabbia, tutto il rancore contenuto”. Chissà, forse per la resa dei conti non manca molto, anche perché – secondo l’ultimo sondaggio pubblicato domenica da El País – il 77 per cento degli spagnoli ha perso completamente la fiducia in Zapatero, mentre l’83 per cento degli intervistati è convinto che sia un improvvisatore.
I ministri silurati (ma anche alcuni delusi per non essere mai entrati nel governo) si riuniscono una volta al mese in un ristorante madrileno e cominciano a studiare la strategia per quando arriverà il momento opportuno. Presto le critiche, finora pronunciate sottovoce, potrebbero arrivare in superficie. Lui sicuramente lo ha messo in conto, ma finora gli è andata bene. Lo ha ammesso persino, con un certo cinismo, Felipe González. Una volta gli chiesero quale fosse la migliore virtù dell’attuale premier. “Che ha fortuna”, rispose. Una qualità indispensabile, ma certo non sufficiente per fare un grande leader.
Zapatero, al contrario, è fermamente convinto del suo ruolo messianico, si considera infallibile. “Il Messia che nessuno aveva annunciato”, dice García Abad. E aggiunge: “A differenza di Felipe, che nacque divino, lui si è conquistato il ruolo con un duro lavoro, travestito da agnellino. Ma di Messia ce n’è uno solo: per questo una delle sue ossessioni è quella di superare il carisma di González”. In che modo? Ancora è presto per capire se punterà a restare al potere più del suo predecessore socialista (che governò per 14 anni). Uno che lo conosce molto bene, José Manuel Otero (che fu suo professore all’Università di León) lo descrive così: “José Luís è convinto che la sua missione sia vincere elezioni, più che portare avanti un determinato progetto politico”. Da qui la sua scelta di privilegiare la “vendita” rispetto al “prodotto”: la dottrina (anche se nessuno mette in dubbio il suo orientamento a sinistra) è sempre legata alla raccolta di voti, al marketing, a quello che dicono i sondaggi.
Tutti gli riconoscono una straordinaria capacità di ottenere titoli sui giornali. “Può improvvisare misure di governo, ma non gesti”, azzardano i maligni. Persino alcune delle scelte più clamorose, come la legge sui matrimoni gay e il ritiro delle truppe dall’Iraq, c’è chi sostiene che abbiano molto a che fare con la sua ansia di farsi pubblicità. Quel che è certo è che, con il suo carattere glaciale e la sua politica personalistica, Zapatero si è giocato molto presto l’appoggio del gruppo editoriale Prisa e della sua testata di punta, il quotidiano El País, da sempre alleati fondamentali dei socialisti. E quando ha provato a correre ai ripari, pensando che l’errore gli potesse costare caro in termini elettorali, si è reso conto che ormai era troppo tardi.
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