ATTACCHI, POLEMICHE E TRANELLI PRIMA E DOPO OGNI PUNTATA
di Beatrice Borromeo
Il 4 novembre 2006, in una puntata dedicata a David Mills, Silvio Berlusconi telefona in diretta ad Annozero. La linea del programma però è chiara: le porte, per il leader di Forza Italia, sono sempre aperte, ma non si accettano telefonate estemporanee. Il giorno dopo Berlusconi si lamenta con Claudio Petruccioli, allora presidente della Rai, il quale mobilita il consiglio di amministrazione. Partono le accuse. Giuliano Urbani, consigliere in quota Forza Italia, invoca l’intervento dell’Agcom e attacca: “Un caso senza precedenti”. Il centro-destra compatto chiede al direttore generale Claudio Cappon e a quello di RaiDue Antonio Marano di verificare se ci fossero state “violazione di legge o regolamenti”.
Berlusconi scatena i suoi uomini che, da quel momento, tenteranno in ogni modo e con ogni mezzo di ostacolare la trasmissione. A volte riuscendoci: Annozero non è stato trasmesso durante l’ultima campagna elettorale, Vauro è stato sospeso per delle vignette sul terremoto in Abruzzo, Marco Travaglio è andato in onda per alcune puntate come ospite perché la Rai tergiversava sul suo contratto. La recente inchiesta di Trani sull’Agcom ha mostrato a tutti le pressioni cui la trasmissione viene sottoposta. Pressioni che, per quattro anni, sono arrivate sia dall’interno sia dall’esterno della Rai, lasciando Annozero completamente isolata.
Nella primavera del 2006, in omaggio a Rossellini, nasce Annozero. Le rovine questa volta sono quelle dell’Italia dopo l’editto bulgaro: in televisione gli spazi erano stretti, le inchieste poche, le domande vere ai politici anche meno. Quando una sentenza della magistratura ha deciso che Santoro doveva tornare in onda, al governo c’era ancora il centrodestra. Contro quella sentenza la Rai ha fatto ricorso (l’ultimo due mesi fa) nonostante gli incassi che ha avuto grazie alle pubblicità che Annozero vende (quest’anno il talk-show ha aggiunto un quarto break pubblicitario, tanta era la richiesta degli inserzionisti). La Rai, grazie a Santoro, continua a guadagnare ma non ha mai ritenuto opportuno ritirare il ricorso (legittimando quindi la trasmissione). A settembre 2006 la squadra era pronta. Il gruppo era compatto intorno a un’idea: partire dalla pietra, dall’origine, da ciò che era certo, per cominciare a costruire quello che Santoro chiamava “l’Anno uno”. Per questo lo studio si sviluppava attorno a un cubo dipinto con cerchi e simboli primitivi. La prima puntata si chiamava “Milano e l’immigrazione”. C’era dietro un progetto che, poi, Santoro non è mai riuscito a realizzare: 40 minuti d’inchiesta, un solo politico con cui approfondire i temi, una storia che ne riassumesse tante altre – quella prima sera è venuto Oscar, un ragazzo che ancora oggi vive nel quartiere milanese di Rogoredo in una delle case costruite con l’amianto – e un dibattito pulito, educato, comprensibile. Senza urla. Per quanto la macchina fosse da rodare, il debutto – accolto tiepidamente dal pubblico, nonostante segnasse il ritorno di Santoro in Rai – è stato il tentativo che più rispecchiava l’idea originaria di ciò che Annozero avrebbe dovuto essere. Anche quella puntata, come tutte le successive, era dedicata ai grandi assenti: Biagi e Luttazzi.
Se questi sono gli amici
Quando Annozero è andato in onda, al governo c’era il centrosinistra, con Romano Prodi e l’Unione. Molti dei suoi esponenti si sono presi il merito di aver fatto tornare Santoro in Rai. Ma da subito è stato chiaro che la trasmissione non aveva padrini politici: il 22 ottobre 2006 va in onda un’inchiesta dedicata alla ’ndrangheta in Calabria e all’omicidio di Franco Fortugno. Il governatore di centrosinistra della Regione, Agazio Loiero, si appella alla Vigilanza e accusa: “La puntata sarà piaciuta alla ‘ndrangheta, non certo ai calabresi”. Di parere contrario è invece la vedova Fortugno. Il centrodestra ironizza: “Santoro viene messo sotto accusa proprio dai suoi?”. Ma la puntata che ha creato più polemiche è stata quella in cui era ospite l’ex ministro (di centrosinistra) della Giustizia Clemente Mastella. Il guardasigilli, che ha abbandonato lo studio dopo uno scontro con un ragazzo gay sul tema dei diritti civili per i conviventi omosessuali, chiede ai vertici di Viale Mazzini di “battere un colpo”, e sentenzia: “Se questa è la Rai, dobbiamo farne a meno”.
Ogni puntata della trasmissione nasce e si sviluppa nella saletta di montaggio, il centro di tutto, nel mondo di Annozero. Santoro e i montatori passano intere giornate a lavorare sul girato. L’editing, cioè il confezionamento della storia, è ciò a cui il conduttore dedica più tempo e cura. Ma nella prima puntata che ha superato il 20 percento di share, “Non commettere atti impuri”, dedicata alla pedofilia nella Chiesa, ad andare in onda è stato un filmato comprato all’estero dalla Bbc, “Sex crimes and the vatican”. C’è una tradizione ad Annozero: ogni giovedì, verso le 20 e 30, Sandro Ruotolo e Vauro vanno nel camerino di Santoro e bevono un sorso di grappa. Il 31 maggio del 2007 ne hanno bevuti almeno un paio, perché sapevano cosa li aspettava. Dall’annuncio del giornalista di voler acquistare il reportage sui preti pedofili – già visto da un milione di italiani su YouTube ma mai trasmesso dalla tv generalista – gli attacchi sono stati quotidiani, e fino all’ultimo non era certo di riuscire ad andare in onda. Giorno dopo giorno le pressioni, dentro e fuori la Rai (il cui vicedirettore generale, Giancarlo Leone, è vicino alle sfere vaticane) aumentavano. La Casa della libertà parlava di “delirio di onnipotenza” di Santoro, per l’Udc il conduttore voleva “diffamare il Papa”. Anche se la puntata è stata un’occasione di confronto apprezzata perfino da monsignor Rino Fisichella, presente in studio, le accuse sono aumentate. Libero, la settimana successiva, titolava: “I bambini attaccati da Santoro per colpire il Papa nemico”.
Gli attacchi e gli insulti
Di accuse (e di insulti), in queste quattro stagioni di Annozero, ne sono arrivate da tutti i lati e di ogni colore politico. Ma il punto più basso è stato toccato quando, un anno fa, Annozero si è dedicato alla guerra dei bambini di Gaza. In studio c’era Lucia Annunziata che, dopo aver visto filmati secondo lei smaccatamente filopalestinesi, abbandona lo studio. Il giorno dopo il presidente della Camera Gianfranco Fini lancia l’offensiva: “Ad Annozero è stato superato il livello di decenza”. Il ministro degli Esteri Franco Frattini parla di “antisemitismo” di Santoro, il Cda Rai lo definisce “fazioso e intollerante”, l’ambasciatore israeliano parla di “spettacolo vergognoso”. Dopodiché, 300 persone della comunità ebraica capitolina urlano: “Santoro servo di Hamas”. Ma, due mesi dopo, una commissione d’inchiesta dell’Onu presieduta dal magistrato ebreo Richard Goldstone stila un rapporto secondo cui “l’uso di scudi umani (da parte delle forze israeliane, ndr) costituisce un crimine di guerra”. Gli episodi citati nel rapporto a fondamento di questa tesi sono gli stessi trasmessi da Annozero. Né Fini né l’Annunziata né gli altri dicono una parola in proposito.
Ma l’accusa più frequente rimane quella della faziosità, spesso fatta proprio dall’Agcom, secondo cui ad Annozero “manca il pluralismo”. Anche se, nonostante i forfait dati dagli ospiti anche la sera stessa della messa in onda, Annozero ha sempre cercato di rappresentare tutti i punti di vista. Tant’è vero che di multe non ne sono mai arrivate, né ex ante (come chiedeva Berlusconi al dg Rai Mauro Masi, in un’intercettazione, cercando di bloccare la puntata sulla D’Addario), né ex post.
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