"Non c'è mai stato da parte mia il sostegno all'evasione fiscale", afferma Silvio Berlusconi nel monologo telefonico a Ballarò, accusando il vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini di "mentire spudoratamente" quando ricorda che in passato il premier ha giustificato gli evasori. Ma i resoconti parlamentari e i lanci di agenzia raccontano una realtà diversa da quella ricostruita dal presidente del Consiglio.
La moralità degli evasori. Nel 2004 Berlusconi è alla guida del suo secondo governo quando per la prima volta si arrischia a parlare di "moralità dell'evasione". Nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi 2, il 17 febbraio di quell'anno, il presidente del Consiglio afferma testualmente: ''Se si chiede una pressione del 50% ognuno si sentirà moralmente autorizzato ad evadere''. Secondo quanto riporta l'agenzia Ansa, Berlusconi annuncia l'intenzione del suo esecutivo, peraltro mai tradotta in atto, di introdurre due sole aliquote fiscali, al 22 e al 33%. ''Se chiediamo ai cittadini di pagare il 33% di tasse", argomenta il premier, "tutti si convinceranno che è giusto e doveroso, che è corretto pagare per i servizi che ottiene''. Le parole di Berlusconi scatenano subito reazioni e polemiche, ma il Cavaliere non torna sui suoi passi, anzi il giorno seguente, ai microfoni di Radio Anch'io, su Rai Radio1, rincara la dose: la "giustificazione morale" dell'evasione, afferma, è una verità insita nel "diritto naturale".
Gli attacchi a Visco "l'inquisitore". Passano due anni e il 2 agosto 2006 Berlusconi, stavolta in qualità di capo dell'opposizione, prende la parola a Montecitorio dove si vota la fiducia al governo Prodi su fisco e liberalizzazioni. Il leader di Forza Italia tuona contro le misure ideate dall'allora ministro delle Finanze per la lotta all'evasione: ''Visco vuole il controllo totale dei contribuenti" attacca. "Il suo motto, per citare il filosofo Michel Foucault, è sorvegliare e punire. Lo Stato diventa un grande inquisitore" continua Berlusconi. "Si arriverà a una schedatura invasiva e totale, come mai si è visto finora in una democrazia liberale''.
Lo Stato criminogeno e il diritto naturale. Siamo infine al 2 aprile 2008. Alla vigilia delle elezioni che lo riporteranno a Palazzo Chigi, Berlusconi parla al convegno dei costruttori dell'Ance. Il concetto è sempre lo stesso: il prelievo fiscale corretto si aggira intorno a un terzo del reddito. Se invece le ''tasse sono tra il 50 e il 60% è troppo, e così è giustificato mettere in atto l'elusione o l'evasione''. "Berlusconi giustifica gli evasori", titolano siti internet e tg, e allora il Cavaliere se la prende con "le agenzie di sinistra" che avrebbero male interpretato le sue parole. La smentita, però, non c'è, anzi: secondo Berlusconi è lo Stato ad essere "criminogeno": "In tutti noi", argomenta, "c'è una norma del diritto naturale per la quale, se ci si chiede di pagare il doppio delle imposte, questo è qualcosa che può essere ritenuto ingiusto e che può indurre qualcuno a sentirsi autorizzato a non pagare le tasse".
(02 giugno 2010)
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