venerdì 6 agosto 2010

Chiedere la fiducia su quattro punti Berlusconi prepara la controffensiva


Il redde rationem ci sarà, alla ripresa dei lavori parlamentari a settembre. E passerà per un voto di fiducia su un programma di governo di quattro punti - giustizia, fisco, federalismo e Mezzogiorno - molto dettagliato e preciso, che Silvio Berlusconi chiederà ai suoi alleati di approvare o respingere, perché si chiarisca se «la loro intenzione è quella di rispettare davvero l'impegno con gli elettori, e allora si può andare avanti a governare, o se vogliono solo logorarmi, e in quel caso si andrà al voto subito».
Dopo il giorno dell'amarezza e dell'ira, arriva dunque quello della riflessione e della decisione per il premier che, riunito con i suoi fedelissimi, sceglie quale strada imboccare, tenendone di fatto aperte ancora due: quella del chiarimento e del rilancio che, dicono dal suo entourage, «non è del tutto esclusa», o quella del voto. Berlusconi ha deciso infatti che va verificato sul campo se esiste ancora una maggioranza, e l'idea è appunto di mettere nero su bianco in Consiglio dei ministri - dove sono presenti anche esponenti finiani - i punti fondamentali del programma che il governo intende portare avanti, dall'economia alla giustizia in tutti i suoi aspetti, dal Sud al federalismo. Su questi temi (sui quali il governo è pronto a mettere la fiducia) Berlusconi si presenterà alle Camere per chiedere un voto definitivo, un sì o un no, al suo governo.
Se, come si è ragionato al vertice, i finiani ci staranno o comunque «si divideranno, perché sulla linea oltranzista potrebbero restare con Fini non più di una quindicina di deputati», si potrà continuare a governare, magari cercando di allargare la maggioranza anche a pezzi di opposizione (l'Udc, o più ancora l'Api) allettandoli su temi come le questioni etiche o la giustizia, sulle quali il Pdl si impegnerà a conquistare consensi (e già è convocato sul tema «Legalità e garantismo» un convegno organizzato da Gaetano Quagliariello per settembre al quale parteciperanno tutte le fondazioni del partito). Altrimenti, non c'è che il voto. Con tutte le sue incognite.
Sì, perché quella che può apparire come una frenata rispetto ai tamburi di guerra fatti rullare nel giorno del voto su Caliendo, nasce anche da considerazioni duramente realistiche: è vero che sul sì di Bossi al voto anticipato Berlusconi non nutre alcun dubbio, anzi, come ragionano i suoi, «sapendo che la Lega prenderebbe una valanga di voti, è lui più di noi a spingere per le urne», ed è vero - come ha illustrato Tremonti nel vertice - che il Paese reggerebbe all'urto di una crisi perché la ripresa c'è, anche se «è chiaro che, in una situazione così, un governo che funziona bene» sarebbe il miglior volano per l'economia. E però, i numeri che potrebbero uscire da un voto anticipato, darebbero la vittoria all'alleanza Pdl-Lega alla Camera ma, con tre poli in lizza, potrebbero consegnare al Paese un Senato ingovernabile. E allora, è il timore del Cavaliere, non è scontato che il premier sarebbe lui, che la Lega non possa sostenere anche qualcun altro.
Ma al voto bisogna comunque prepararsi, ed è quello che il Pdl sta facendo. Se infatti in caso di elezioni il programma sarebbe pressoché scritto - ed è quello con il quale Berlusconi si presenterà alle Camere - va riorganizzato il partito per renderlo una macchina da guerra, attiva in ogni sezione elettorale, capillare e quasi militarizzata (un vertice con la Brambilla, Valducci, Mantovani, Napoli si è tenuto ieri in tutta fretta). Non cambieranno i coordinatori del Pdl (sembra che il tentativo di Berlusconi di farlo, anche per i sondaggi che davano sofferenza su questo punto, sia stato respinto dalla secca opposizione dei tre), ma a loro si affiancheranno personaggi come Alfano, la Gelmini, la Meloni, che Berlusconi ritiene di forte appeal e che avranno l'incarico di dare l'immagine televisiva del partito. In attesa di capire cosa succederà, anche per quel che riguarda il futuro di un Fini sul quale, ne è convinto Berlusconi, arriveranno «cose grosse» sul fronte della casa e Montecarlo e dintorni, e per chi come lui «fa la battaglia sulla legalità» i problemi saranno «pesanti». Al di là delle vicende che coinvolgono la sua compagna che, a detta un po' di tutti al vertice, non andrebbe trascinata nella querelle perché «non è lei che deve rispondere al Paese ma lui, e non gli sarà facile...».

Paola Di Caro
06 agosto 2010

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Eh voilà, l'opposizione è fottuta, Bersani è avvertito, Fini pure, Casini non c'è trippa per gatti: italiani, moriremo berlusconiani e suoi eredi!
Tonino, se ti dessero (ti avessero dato) ascolto!