mercoledì 4 agosto 2010

E Letta frena il blitz dei colonnelli "Silvio attento, il Colle non ci sta"


CARMELO LOPAPA

Il partito della rottura immediata con Fini, dell'apertura di una crisi in pieno agosto, perfino della salita al Colle subito dopo il voto sulla mozione di sfiducia a Caliendo ha lavorato ai fianchi il premier Berlusconi per tutto il giorno. I falchi del Pdl - gli ex An La Russa e Gasparri in testa - sono quasi riusciti a convincere il capo del governo ad approfittare dell'astensione annunciata dai finiani, in concorso col nuovo cartello dei centristi e dei rutelliani, per sparigliare. Proclamare che tutto si chiude qui. Che la maggioranza non esiste e che non resta che il voto anticipato in autunno.

A far ragionare il Cavaliere è stato, ancora una volta, Gianni Letta. "È inutile forzare adesso, significherebbe costringere Napolitano a cercare un'altra maggioranza e un altro premier" è stato il suggerimento del sottosegretario. Troppo impervio e denso di incognite il cammino di una crisi di governo da imporre come un raid estivo. "Crisi? Faccia pure come crede - hanno sentito replicare da Gianfranco Fini i suoi - il capo dello Stato gli conferirebbe un nuovo incarico e noi in Parlamento gli rivoteremmo la fiducia". Come dire, il premier è in un vicolo cieco e lì gli avversari vecchi e nuovi vogliono lasciarlo macerare.

Ecco, il punto è che il presidente del Consiglio non ha alcuna intenzione di logorarsi in Parlamento, come va ripetendo da giorni. Piuttosto provato, incupito, racconta chi lo ha incontrato anche ieri prima della cena al Castello di Tor Crescenza con le deputate, per lui quella con Fini è solo una partita rinviata, al massimo di poche settimane. E la nomina a capogruppo del Fli di Italo Bocchino l'ha incassata come un ulteriore segnale di guerra. "Alla ripresa voglio che il processo breve sia al primo punto dell'agenda, voteranno contro o si asterranno anche lì? La crisi sarà inevitabile" è stato lo sfogo di un Berlusconi che ormai ha il voto anticipato come chiodo fisso.

A Gianfranco Fini, ieri sera, è toccato disinnescare la mina che proprio il leader del Pdl aveva piazzato in vista del voto di oggi sulla mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo coinvolto nell'inchiesta sulla P3. Dal quartier generale di Palazzo Grazioli è partito il tam tam che lasciava presagire l'epurazione dei finiani nel governo se anche il ministro Ronchi, il vice Urso e i due sottosegretari Buonfiglio e Menia si fossero astenuti, come i loro colleghi deputati. La mossa concordata dal presidente della Camera Fini con i suoi, nella cena serale di FareFuturo, ha risolto salomonicamente la questione. I deputati si asterranno tutti - come concordato con centristi e rutelliani - ma i membri del governo voteranno contro la sfiducia. Come Pdl e Lega.

Detto questo, Berlusconi sta vivendo come fumo negli occhi riunioni movimenti come il vertice di ieri alla Camera tra oppositori moderati, quella sorta di aggregazione di 85 deputati riuniti dai tre big (Fini, Casini e Rutelli) al solo scopo di mandargli un messaggio: da settembre lo sgambetto d'aula sarà sempre dietro l'angolo. "Fanno solo manovre di palazzo, ma io non mi piego e li porto al voto, al quale io sono pronto, loro no" ha ripetuto incontrando nel tardo pomeriggio lo stesso Giacomo Caliendo, il Guardasigilli Alfano e l'avvocato Ghedini. Al sottosegretario sotto scopa ha rinnovato la fiducia: "Vai avanti, la mozione sarà respinta" ha rassicurato. Resta il dato politico di fondo, che il premier non intende lasciar passare inosservato.

L'atto di sfiducia presentato da Pd e Idv sarà respinto oggi ma con i soli 300-305 voti contrari di Pdl e Lega, ben al di sotto dell'asticella dei 316 che fissa la quota minima di una maggioranza alla Camera. Da qui il tam tam con cui, nella nervosa vigilia di ieri, i berlusconiani hanno fatto circolare in Transatlantico la voce seconda la quale il presidente del Consiglio si preparerebbe a un blitz al Quirinale, subito dopo il voto sulla mozione. Ultimo tentativo per condizionare i finiani in effetti tentati dal "no" alla sfiducia (da Divella a Lo Presti a Lamorte) e spaccare il fronte avversario. Poi tutto è rientrato. Letta ha convinto Berlusconi. Per di più, il capo dello Stato Napolitano era giusto partito ieri per il soggiorno a Stromboli (dettaglio che non è passato inosservato a Palazzo Chigi).

"Al Quirinale ora o dopo? Tutto può succedere in un momento come questo" racconta alla Camera il sottosegretario Guido Crosetto. I finiani sogghignano. "Meglio seguire il monito di Almirante, mai adottare decisioni gravose in estate, meglio rinviare" predica cautela il viceministro Urso. Alla fine, ha avuto forse ragione Sandro Bondi, già in partenza per le vacanze: "I veri problemi verranno a settembre".

(04 agosto 2010)

2 commenti:

Francy274 ha detto...

Gli italiani mi fanno una pena.. quante pagliacciate si sono regalati votando questi ignobili da destra a sinistra!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

;-)