di Simone Ceriotti
“Mi ha operato un amico di vecchia data, il professor Renzo Dionigi dell'Università di Varese”. Alla vigilia del raduno di Pontida del 2005, Umberto Bossi rassicurava il popolo leghista sulle sue condizioni di salute e ringraziava pubblicamente “l’amico medico”. Cinque anni dopo Renzo Dionigi, settant’anni, da dodici rettore dell’Università dell’Insubria (con doppia sede a Varese e Como, iscritto alla massoneria, come risultò nel 1992 dalle indagini di Agostino Cordova), è pronto a regalare un’altra gioia al senatur: la laurea honoris causa in Scienze della comunicazione.
A DIRE IL VERO, se fosse dipeso da lui, avrebbe provveduto molto prima: già due anni fa, interpellato sulla possibilità di laureare il leader padano, Dionigi lasciava intendere di non essere affatto contrario: “Se qualche facoltà lo propone...”. Evidentemente i presidi del suo ateneo non raccolsero l’invito e la questione finì nel dimenticatoio.
Così, nei 12 anni di vita dell’ateneo varesino-comasco, ci si è dovuti “accontentare” di vedere sfilare lo stato maggiore leghista in tutte le cerimonie universitarie, con ministri, sottosegretari e parlamentari in prima fila ad ogni inaugurazione dell’anno accademico. I big del partito hanno anche dato vita alla “fondazione insubrica amici di Carlo Cattaneo”. Bossi ne è presidente onorario. E Renzo Dionigi è tra i soci fondatori. Insomma, le occasioni per rafforzare il sodalizio tra Lega e ateneo non mancano. Ma la laurea al Capo, nell’università di casa, sembrava davvero un sogno proibito. Solo i fan più accaniti di Bossi, come l’attuale capogruppo leghista alla Camera Marco Reguzzoni o il presidente della provincia di Varese Dario Galli avevano provato, nel 2006 e nel 2009, a prendere carta e penna per sollecitare “l’indispensabile riconoscimento accademico all’uomo politico più significativo degli ultimi 30 anni”. Niente. I professori dell’Insubria non ne volevano sapere e non proponevano quel nome.
TUTTO È CAMBIATO la scorsa settimana, grazie alla provvidenziale telefonata a Dionigi di un’altra illustre paziente del chirurgo-rettore: il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini: “Se c’è uno che merita la laurea”, ha detto, “è proprio Bossi”. Non stupisce che il ministro abbia telefonato personalmente al numero uno dell'ateneo dell'Insubria. E non solo per ragioni “cliniche”. Da aprile Dionigi fa parte di un gruppo ristretto di saggi che tiene i contatti tra il mondo della ricerca e quello della sanità. Di fatto, un super consulente della Gelmini. Che i due fossero in sintonia si era capito anche dal fatto che un anno fa il rettore varesino fu tra i pochi accademici a sostenere la proposta di riforma universitaria. Alla fine i buoni rapporti tra ministro e rettore hanno giovato anche a Bossi. La decisione sulla laurea honoris causa verrà discussa dal senato accademico dell'Insubria, che si annuncia diviso e battagliero. Non solo su questa vicenda. Da mesi le polemiche infiammano le scelte interne dell’ateneo, in particolare sulla gestione delle risorse e dei finanziamenti. Troppo sbilanciati, secondo alcuni, a favore di Varese e a scapito di Como. E con un occhio di riguardo per amici e parenti.
NEL MARZO 2009 i docenti di Como hanno protestato proprio nel giorno dell’inaugurazione dell’anno accademico. “L’intera sede comasca”, hanno scritto, “riceve quanto il singolo progetto del professor Gianlorenzo Dionigi, figlio del rettore e associato presso la facoltà di Medicina di Varese. E meno del singolo progetto della professoressa Storti, che è docente a Milano e non all’Insubria”. Claudia Storti, per la cronaca, è autrice di un libro proprio con Dionigi. E pensare che, solo un anno fa, il rettore illustrava così la sua idea di meritocrazia : “E’ un principio che si è spesso tradotto nell'esatto opposto. Generando situazioni paradossali”. Paradossi, appunto. Come quello del figlio associato nella stessa facoltà del padre-rettore. Oppure quello del figlio del rettore vicario Giorgio Conetti, che figura tra i ricercatori della facoltà di Giurisprudenza, la stessa in cui insegna il padre. I dirigenti leghisti, intanto, sono impegnati a immaginare il leader con toga, tocco e corona d’alloro. Il laureando, però, prende le distanze: “Tutte stupidaggini”, dice Bossi. “Avrei potuto fare il medico, studiavo a Pavia ed ero anche bravo. Invece ho scelto
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