mercoledì 18 agosto 2010

Sulla fiducia l'ultimo dubbio del Cavaliere "Se i ribelli la votano dovrò sempre trattare"


ALBERTO D'ARGENIO

Nessun passo indietro sulle elezioni anticipate pur senza voler "forzare la mano" a Napolitano. E avanti col lavoro sul programma da presentare entro il 15 settembre in aula alla Camera per chiudere la partita con Gianfranco Fini. Ma il dubbio amletico di Berlusconi ora è se porre la fiducia sul discorso programmatico con cui esporrà nel dettaglio i punti dell'azione di governo da qui a fine legislatura. Il Cavaliere passa un'altra giornata nella sua resistenza estiva di Porto Rotondo. A rovinare il buon umore del premier è la notizia della morte di Cossiga che lo colpisce profondamente. Si siede a un tavolino del parco che affaccia sul Golfo di Marinella e di suo pugno scrive il comunicato da affidare alle agenzie di stampa nel quale "piange un amico carissimo". Con ogni probabilità oggi sarà alla camera ardente allestita al Gemelli di Roma lasciando Villa Certosa, il buen retiro con il quale Berlusconi ha ritrovato il feeling dopo lo scandalo delle foto di Antonello Zappadu. Tanto che gli scatti in cui ieri è stato immortalato sul pontile mentre salutava i bagnanti in compagnia di una collaboratrice non sembrano averlo irritato.

Sullo sfondo della giornata del premier ancora i rapporti con il presidente della Repubblica Napolitano. Dopo essersi consultati con il Cavaliere prendono la parola i capigruppo di Camera e Senato Cicchitto e Gasparri per ricucire lo strappo. Toni bassi e nessuna volontà di scavalcare il Colle, ma allo stesso tempo la necessità di tenere la barra dritta sul no a qualsiasi soluzione alternativa alle urne in caso di crisi. Il motivo resta quello di non veder neutralizzata l'unica arma per strappare truppe a Gianfranco Fini: lo spauracchio del voto che potrebbe convincere molti parlamentari del Fli a rientrare nel Pdl per il timore di non essere rieletti alle prossime elezioni. E proprio la notizia che l'ex leader di An è in procinto di fondare un nuovo partito non ha fatto scomporre il premier, anzi. I vertici del Pdl l'hanno accolta positivamente: "Così una volta per tutte si fa chiarezza, la gente capirà che Fini è un traditore e noi potremo trattare con un soggetto politico esterno senza quelle liti di condominio che ai nostri elettori richiamano la vecchia politica", racconta un dirigente del Pdl.

E per mettere nell'angolo Fini, e avere una rottura, una riconciliazione (ma appare impossibile) o un nuovo travaso di parlamentari, ma questa volta verso il partito del predellino, il premier sta lavorando sul discorso alla Camera che è determinato a tenere entro la prima metà di settembre. Intervento che sarà al centro del vertice in programma per venerdì a Roma con i tre coordinatori del partito - Bondi, La Russa e Verdini - i capigruppo Cicchitto, Gasparri, il vice Quagliarello e ancora Ghedini, Alemanno e i ministri impegnati nella stesura dei testi da portare alla Camera, Alfano in testa.

Per ora ci sono molte lacune nei programmi da presentare, soprattutto sulla giustizia, con il premier che è intenzionato a spingere sull'acceleratore per garantirsi uno scudo dai "pm politicizzati", ma consapevole che se vuole sfilare truppe a Fini a qualcosa dovrà rinunciare. Ma il vero dilemma del Cavaliere è se porre la fiducia sui quattro- cinque punti del programma di legislatura. Farlo e vederlo votato dai finiani, ragiona in questi giorni Berlusconi, significherebbe "formalizzare il fatto che esiste un altro gruppo parlamentare con il quale dover trattare su ogni provvedimento". E inoltre certificherebbe agli occhi di Napolitano che una maggioranza esiste, allontanando lo scioglimento delle Camere e il voto anticipato. Ma un altro cruccio si sta facendo largo nei vertici del Pdl: il ruolo di Giulio Tremonti. A nessuno è sfuggito che il ministro dell'Economia nell'ultimo periodo, che coincide con il picco della crisi con i finiani, è rimasto in silenzio. E i tradizionali festeggiamenti del suo compleanno con Bossi e Calderoli in programma nel Cadore quest'anno vengono guardati con più di un sospetto dai dirigenti del Pdl, ai quali non sfuggono i rapporti eccellenti tra il super-ministro e la Lega. La mente subito va a governi tecnici e lotte per la successione di Berlusconi.

(18 agosto 2010)

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