di Marco Travaglio
Sullo sfondo del Water(closed)gate all’italiana, anzi alla monegasca, fabbricato contro Fini, si comincia a sentire un gorgoglìo di sciacquone. A tirare la catena ha provveduto
Ma ora si apre pure una guerra per bande fra i signorini grandi firme della corte arcoriana: Belpietro contro Feltri. Persino Prettypeter sente puzza di bruciato, o forse di qualcos’altro, nella “pistola fumante” sfoderata da Littorio per abbattere Fini: la testimonianza dell’eroico arredatore sulla cucina Scavolini destinata, secondo voci che nemmeno lui conferma, a Montecarlo.
L’autorevole segugio bresciano (non bergamasco, come erroneamente abbiamo scritto domenica, del che ci scusiamo con gl’incolpevoli abitanti di Bergamo, che hanno già i loro problemi con Feltri e Calderoli) teme che l’eroico arredatore, dimessosi con la moglie dal mobilificio per parlare col Giornale, sia una reincarnazione di Igor Marini, il peracottaro che doveva dimostrare le attività tangentizie di Prodi nel caso Telekom Serbia sul conto svizzero “Mortadella”: “Temo che qualcuno sia all’opera per nascondere i guai di Fini, i quali sono seri, anzi serissimi… Non vorrei che i professionisti della polpetta avvelenata stessero provando a rifilare bidoni ai giornali impegnati in un’operazione di trasparenza, facendoli scivolare su un dettaglio per coprire di ridicolo ciò che ridicolo non è…. Suggerisco di raddoppiare i controlli…”.
Ma anche il Geniale sembra virare lontano da mobili e cucine. Da un editoriale del vicedirettore dal cognome francamente eccessivo, Massimo de’ Manzoni, si intuisce che alla storia della Scavolini recapitata da Roma a Montecarlo non crede più nemmeno il quotidiano berlusconiano e ora prepara la ritirata con un’ipotesi davvero succulenta: “All’ultimo momento Fini e signora hanno cambiato idea, dirottando la cucina in un’altra magione”, forse perché s’erano “accorti che era troppo grande per l’appartamento di Boulevard Princesse Charlotte”.
Fantastico: i due ordinano nel mobilificio romano una cucina per l’alloggio di Montecarlo, ma non portano con sé le misure e vanno a spanne, poi scoprono di averla presa troppo grande e, mentre quella è già in viaggio e corre sulle sue rotelline alla volta della Costa Azzurra, la richiamano indietro per “dirottarla in un’altra magione”.
Così
Tutto molto credibile. Del resto chi seguita ad acquistare il Giornale, riuscendo a leggerlo e addirittura a restare serio dopo le balle su Telekom Serbia, Mitrokhin, Di Pietro, Ariosto, Veronica, Boffo, dev’essere dotato di stomaco forte e squisito sense of humour.
Ora dovrà bersi le storia della cucina che vaga per l’Europa in cerca di approdo sicuro e del supertestimone che si licenzia per amore di verità. Poi, con comodo, Fini passerà alla cassa dal povero Paolo B., che peraltro è abituato.
Quando Feltri dipinse per due anni Di Pietro come un tangentaro e poi gli chiese scusa perché non era vero niente (“Caro Di Pietro, ti stimavo e non ho cambiato idea”), Paolo gli staccò un assegno da 700 milioni. Poi il Geniale ricominciò, accusando l’ex pm di trafficare con case e finanziamenti pubblici. Balle pure quelle: altro assegno da 244 mila euro.
Appena Littorio lancia una campagna, Paolo si fa il segno della croce e prepara i contanti. E’ il momento di stringersi con un comitato di solidarietà intorno al pover’ometto, al quale, quando la portinaia voleva sapere di sua madre, domandava: “Dottor Paolo, come sta la mamma del dottor Silvio?”.
E’ una vita che, quando gli va male, finisce in galera al posto del fratello e, quando gli va bene, scuce. Ora basta. Nessuno tocchi Paolino.
Nessun commento:
Posta un commento