FRANCESCO GRIGNETTI
A questo punto ci sono i paletti fissati dalla Bongiorno che serviranno sì, da una parte, a definire le posizioni dei partiti, ma anche, e per la prima volta, a stabilire le vere novità della Grande Riforma che si va preparando nelle stanze del governo. E dunque è certa la separazione delle carriere. Sarà iscritta già nella Costituzione e ne discenderanno rivoluzionarie conseguenze: concorsi separati per giudici e procuratori, impossibilità di passare dalla sponda di chi fa le indagini a quella di chi giudica. Seconda conseguenza, lo sdoppiamento anche del Consiglio superiore della magistratura. L’ultimissima bozza prevede che entrambi siano presieduti dal Capo dello Stato e che gli eletti siano metà espressione dei magistrati e metà del Parlamento. Salvo che in ciascuno dei due consessi ci sarà un vicepresidente di nomina politica che farà pendere la bilancia a sfavore dei magistrati.
Nomine
Ancor più rivoluzionario, però, sarà il riequilibrio di poteri tra i futuri Csm e il ministro Guardasigilli. Angelino Alfano non ha mistero di voler incrementare le prerogative ministeriali: prevede infatti di far decidere al ministero gli incarichi, le assegnazioni, e anche le nomine. Sarà lui, il ministro, a stabilire chi andrà a presiedere un tribunale oppure chi dirigerà una procura? In pratica, sarebbe l’esecutivo a determinare le carriere e non più l’organo di autogoverno. Ma così prevedendo, è evidente che il futuro Csm sdoppiato sarà solo l’ombra di quello che oggi è.
Sanzioni disciplinari
C’è poi la questione delicatissima dei provvedimenti disciplinari. Attualmente le ispezioni degli 007 ministeriali sono limitate agli aspetti organizzativi di un ufficio giudiziario; in pratica gli ispettori non possono entrare troppo in profondità sulle dinamiche di chi esercita la giustizia. In futuro la riforma prevede ispezioni ministeriali molto più penetranti. E dall’altra parte, ad accogliere le conclusioni di questi super-ispettori, non ci sarà più una sezione del Csm, sia pure di grande prestigio com’è oggi, quanto un’Alta corte di disciplina, con propria sede e propri membri, sagomata sulle forme della Corte costituzionale. Il che significa che cinque dei suoi membri saranno nominati dal Presidente della Repubblica, cinque dal Parlamento, cinque dai magistrati. Il che significa, di nuovo, una prevalenza di laici sui togati.
Polizia giudiziaria
Se infine si somma a questo trasferimento di pesi, tutto a favore della politica e a scapito dell’autogoverno e dell’autonomia dei magistrati, anche la ciliegina dello sganciamento della polizia giudiziaria dai pm - i quali, dopo la riforma del 1989, ne dispongono liberamente e senza che l’esecutivo possa nemmeno essere informato delle loro mosse - si capisce l’irrigidimento del Fli, lo schieramento di Gianfranco Fini, che innalza lo slogan di «riforme sì, ma che non siano punitive nei confronti dei magistrati».
Poteri del ministro
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