
Marco Travaglio
La nuova indagine su B. padre e figlio, stavolta a Roma, per una frode fiscale da 16 milioni ci ha regalato un’altra giornatina di balle spaziali. Quali siano i fatti contestati al premier dai pm Pierfilippo Laviani e Barbara Sargenti e già accertati da una perizia, non frega niente a nessuno: che il capo del governo, ancora una volta, possa essere un evasore fiscale, costretto ancora una volta a costituirsi parte civile contro se stesso, è un dettaglio ininfluente. Così come il fatto che l’accusa non venga dalle famigerate “toghe rosse” milanesi, che avevano aperto un fascicolo contro ignoti prima di passarlo nella Capitale, ma dalle moderate e apprezzate toghe romane, che hanno iscritto i nome di Silvio e Piersilvio nel registro degli indagati.
Ma c’è di più: il procuratore aggiunto Laviani è lo stesso che si sta occupando dell’alloggio monegasco da
Feltri rimprovera addirittura a B. di non aver fatto abbastanza leggi vergogna: “Avrebbe dovuto presentare subito il lodo costituzionale e garantire al premier (che sarebbe lui, ndr) il modo per condurre a termine la legislatura senza l’ossessione dei processi”. E Belpietro, a fotocopia: “Se non riesce a sottrarsi alla tenaglia che lo tiene intrappolato, rischia di finire male. Esca dal torpore… non resta molto tempo”. Insomma – suggeriscono i due secondi dall’angolo del ring al pugile suonato – sbrigati a fabbricarti lo scudo; intanto ce la mettiamo tutta per far indagare Fini anche senza reati. Belpietro, col piglio dello storico, ricorda “l’avviso di garanzia recapitato a Napoli dal pool Mani Pulite che segnò la fine del primo governo Berlusconi”. Ne avesse azzeccata una: non era un avviso, ma un invito a comparire; non fu recapitato a Napoli, ma a Roma; il governo cadde perché Bossi gli tolse la fiducia, decisione assunta dalla Lega due settimane prima dell’invito a comparire.
Non manca il consueto slogan “giustizia a orologeria” (testi di Bonaiuti). Un tempo almeno lo dicevano quando una scadenza processuale impattava su una elettorale. Ora lo ripetono a prescindere, senza spiegare “a orologeria” rispetto a cosa. Sorgi, sulla Stampa, parla di evasioni “di assai modesta entità” (16 milioni in due anni, quisquilie), esprime stupore per “la convocazione a sorpresa di Berlusconi” (dovevano almeno avvertirlo con una telefonata e chiedere se avesse qualcosa in contrario) e sostiene che le toghe romane si sono mosse perché hanno “percepito i sintomi della dissoluzione del centrodestra”. Belpietro, in stato confusionale, riesce a sostenere contemporaneamente che si vuole colpire B. perché “è venuta meno la minaccia di elezioni” e che “non c’è stata scadenza elettorale che non sia stata accompagnata da un’inchiesta giudiziaria”. Poveretto, devono avergli fregato l’orologio.

Nessun commento:
Posta un commento