La minorenne marocchina accusa Berlusconi. L'avvocato Ghedini: "Abbiamo verificato, è tutto falso". Lungo vertice dei magistrati alla Procura di Milano. Alla fine consigliano: "Cautela"
“Ho ricevuto 30 mila euro da Silvio Berlusconi”. Così racconta Ruby, la ragazza minorenne di origine marocchina che fa tremare il presidente del Consiglio. Una millanteria? Una calunnia? La “sparata” di una ragazzina che è entrata in un gioco più grande di lei?
Questa storia comincia in Sicilia. È lì che vive la famiglia di Ruby. È da lì che Ruby scappa. Carattere irruente, la ragazza va al nord. Cerca fortuna. Insegue, come tante coetanee, il successo. È vivace, bellissima. A Milano trova Lele Mora e la sua tribù. Conosce alcune “stelline” della sua scuderia. Barbara Faggioli, Lisandra Silva, Maristell Garcia Polanco… Serate in discoteca, feste: la vita dorata della movida milanese. Incontri, chiacchiere al tavolino di un lounge bar. E la speranza di avere un posticino in qualche show televisivo.
Una sera scoppia l’incidente: un feroce litigio con la sua compagna d’appartamento, una ragazza brasiliana. La pattuglia che arriva a sedare la rissa trova Ruby non soltanto sconvolta, ma anche senza documenti. È minorenne. Scatta la segnalazione immediata al Servizio di Pronto intervento Minori del Comune di Milano. Viene subito portata in una comunità protetta gestita da religiose. Ma Ruby scalpita. Protesta. S’infuria. Non è venuta a Milano per stare rinchiusa. Scappa. La polizia la ritrova. Finisce in una casa-famiglia di Genova. Il tribunale dei minori controlla i suoi precedenti e scopre che la irrequieta Ruby era già stata segnalata, in passato, ai servizi sociali siciliani. I giudici dunque passano la mano, per competenza, ai colleghi dell’isola.
Ma intanto Ruby racconta e telefona: parla della sua vita notturna milanese, delle sue relazioni, dei vip dello spettacolo che ha conosciuto e di quelli della politica che ha incontrato. Gli assistenti sociali sono tenuti a raccontare ogni cosa nelle loro relazioni al tribunale dei minori. Ma anche al tribunale ordinario, perché alcune delle storie che Ruby racconta sono pesanti. Parlano di relazioni sessuali, di soldi che girano.
La vicenda arriva in procura a Milano, sulla scrivania del magistrato delle faccende scabrose:Pietro Forno, procuratore aggiunto coordinatore del dipartimento sui reati sessuali. Anche lui ascolta la ragazza, più volte. Ruby è incontenibile. Incostante. Afferma e smentisce. Attacca e ripiega. Ribadisce e si contraddice. Forno è uomo prudente, come il suo capo, il procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati. Sentono i nomi che la ragazza pronuncia. Ascoltano i suoi racconti. Rilevano le sue contraddizioni. Capiscono che è necessario verificare ogni parola, ogni circostanza. A che gioco sta giocando, Ruby? Vuole darsi importanza, vuole lanciare messaggi, vuole fare ricatti? Cerca notorietà o soldi? Anche il sostituto procuratore a cui viene affidata la vicenda, Antonio Sangermano, procede con i piedi di piombo. “Sono stata ad Arcore”, confida Ruby a un assistente sociale. “Ho incontrato il presidente del Consiglio. Ho ricevuto 30 mila euro da Silvio Berlusconi. In contanti, dentro una busta”.
Si muove Lele Mora, l’uomo che va a trovare Silvio sempre accompagnato da belle ragazze della sua scuderia. Tenta di tirare fuori dai guai Ruby, e forse non solo lei, provando a farla uscire dalla casa-famiglia dove è ospite. La pedina per riuscirci è sua figlia, Diana Mora. È lei a chiedere che le sia data in affido. Il professionista che l’assiste è l’avvocato Luca Giuliante, tesoriere milanese del Pdl nonché legale di Lele Mora e del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni.
L’avvocato ha un rapporto consolidato con Paolo Berlusconi, che gli fu presentato da Antonio D’Adamo ai tempi di Mani pulite, quando il giovane Giuliante, praticante nello studio del difensore di D’Adamo, si trasformò in testimone, andando a rendere dichiarazioni contro Antonio Di Pietro alla procura di Brescia. Vecchie storie. Quelle nuove, come il tentativo d’affido di Ruby alla figlia di Lele Mora, non vanno in porto. Anche perché gli assistenti sociali spiegano che per l’affido ci vuole il consenso della famiglia naturale, della madre che sta in Sicilia e che non ha alcuna intenzione di separarsi dalla figlia. La procura di Milano è colta in contropiede dalle notizie sulla vicenda che finiscono sulla stampa. Il procuratore prima nega tutto: “Noi non ci occupiamo di pettegolezzi”, dichiara martedì. Il giorno dopo, cioè ieri, convoca una riunione a cui partecipano l’aggiunto Forno, il pm Sangermano e alcuni investigatori della polizia giudiziaria.
Per l’occasione, una misura che non si vedeva dai tempi di Tangentopoli: il corridoio davanti agli uffici di Bruti Liberati diventano off limits per la stampa, con i carabinieri a tenere sgombra la zona. Il procuratore annuncia che per diversi giorni l’ufficio non rilascerà dichiarazioni sulla vicenda. Dopo tre ore, i magistrati escono, raccomandando massima prudenza: “Cautela, cautela”, ripetono.
A Roma, intanto, la tensione aumenta. Berlusconi è ormai distratto, comincia a essere più preoccupato per le notizie che arrivano da Milano che dalle questioni della politica, dai conflitti con Gianfranco Fini, dalla sorte del suo lodo salvavita. I suoi avvocati-parlamentari, Piero Longo eNiccolò Ghedini, prendono carta e penna e scrivono una smentita che è in realtà la conferma che il problema esiste: “Le notizie apparse anche quest’oggi sul Fatto Quotidiano e su alcuni giornali in relazione ad asserite dichiarazioni rese da tale Ruby in merito a episodi che sarebbero accaduti presso l’abitazione del presidente Berlusconi, sono assolutamente infondate. La stessa procura di Milano si è già puntualmente espressa sull’inesistenza di indagini in tal senso. Del resto, da approfondimenti svolti si è potuto acclarare con numerosissimi riscontri testimoniali la radicale e totale infondatezza delle illazioni giornalistiche avanzate. È ovvio che saranno esperite tutte le azioni giudiziarie del caso”. Dunque gli avvocati di Berlusconi erano già a conoscenza del problema-Ruby, tanto da aver già svolto indagini difensive. L’inchiesta prosegue.
Di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali
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