"Non mi dimetto, avremo una buona fiducia, sono al 56% dei consensi e sono il numero uno in Europa". Insiste Silvio Berlusconi e nel suo momento più difficile, nel pieno della crisi interna alla maggioranza e a poche ore dall'annuncio-minaccia di dimissioni da parte del ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna, parla dal vertice Nato di Lisbona. E mostra di non avere alcuna incertezza rispetto alle sorti del suo esecutivo, legate a quel che le Camere decideranno il prossimo 14 dicembre. "Avremo la fiducia e i numeri per andare avanti - assicura il premier - e se non ci sarà la fiducia si tornerà al voto, e comunque l'ultimo sondaggio mi dà al 56%, sono il numero uno in Europa".
Berlusconi: "Vinceremo anche senza Fini". "Se otterremo la fiducia - insiste Berlusconi - continueremo a governare altrimenti nulla potrà opporsi al ritorno dagli elettori e, in base ai sondaggi disponibili, avremo un'ottima affermazione sia alla Camera che al Senato anche con un'alleanza di vero centrodestra, senza Fini". E ancora: "Non punto a 2-3 voti, ma a una maggioranza forte per governare". Si dice "sereno", e spiega: "C'è da capire solo che dovremmo essere responsabili e mi sembra che questo si stia cominciando a capire".
"Carfagna? Non mi fa tribolare". Dal presidente del Consiglio anche un commento in merito alla vicenda del ministro delle Pari opportunità. "
Caso Carfagna, Frattini: "Va ascoltata". "Non è un problema personale, è una questione di principio. E va affrontata". A parlare è il ministro degli esteri Franco Frattini. Cerca di smussare, ma dalle sue parole traspare tutta la preoccupazione che nella compagine di governo ha aperto il caso Carfagna . Un colpo durissimo per un Berlusconi già traballante. Soprattutto - al di là dei tentativi dei giornali di famiglia di ridicolizzare il gesto della ministra ("Non fare i capricci", titola Libero; "Politica e pettegolezzi", il Giornale) - anche dalle parole di Frattini è evidente l'esplosione dello scontro di potere nel sottogoverno di un premier sempre più debole.
Nuovo allarme di Confindustria. Ormai è quasi quotidiano, ma rispecchia l'ansia della maggiore organizzazione imprenditoriale per la paralisi del governo di fronte alla crisi. "Se non ci saranno altre possibilità di avere un governo che governi, allora vengano le elezioni, non possiamo stare in questo gioco", dice il presidente Emma Marcegaglia. E parla all'Assemblea nazionale dell'Udc a Milano. Dalla quale il partito di Casini ripete la sua analisi. La sintetizza il segretario nazionale Lorenzo Cesa: "Il sogno di Berlusconi dopo due anni e mezzo si è spento di botto come un televisore cui manca la corrente". All'analisi si accompagna un messaggio chiaro. Lo lancia a Berlusconi lo stesso Casini: ''Il nostro partito non ha la vocazione alla diserzione. Vogliamo partecipare a governare questo Paese ma a una sola condizione: che il governo lo cambi davvero perché a tutto il resto non siamo interessati''.
(20 novembre 2010)
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