UGO MAGRI
Siamo piombati in un tale abisso di assuefazione che personaggi parecchio in vista, del Parlamento e del governo, reagiscono con annoiata indifferenza alle ultime da Palermo: «Ah sì? Pure questa Nadia mette a verbale di essere stata alle feste del Presidente? E dov’è mai la notizia...». Una escort di più, una di meno, a questo punto fa poca differenza. E chissà quante altre si faranno avanti nelle prossime settimane, è la scommessa rassegnata dell’entourage berlusconiano. Anche perché si è innescato un meccanismo mediatico infernale: colei che «confessa» ai magistrati, poi ha la chance di diventare una celebrità (vedi Ruby) con interviste ai giornali, comparsate televisive e magari, un domani, la particina in qualche cine-panettone. Pelose preoccupazioni per il «povero Lele» e per il «povero Emilio», vale a dire Mora e Fede, che si ritrovano una muta di pubblici ministeri alle calcagna.
E molti interrogativi su come potrà reagire Brunetta, ministro particolarmente esposto nelle trattative sindacali, al tentativo di coinvolgerlo nei festini... Ma se le disgrazie fossero tutte qui, il clan berlusconiano vivrebbe queste giornate con ben altro spirito perché, appunto, c’è un’Italia che non riesce più a indignarsi, anzi addirittura si diverte alle gag del Cavaliere sui gay. Circolano a Palazzo Chigi sondaggi da cui risulta che una chiara maggioranza degli elettori è indifferente, distratta, propensa al non voto casomai fosse chiamata alle urne; interessata soltanto a misure economiche di cui non si vede traccia (e lì Berlusconi sa di rischiare parecchio, molto più che per le Procure). Ciò che tiene davvero col fiato sospeso, ai vertici del governo, è la regia finiana della crisi politica, un thriller che si dipana con arte sadica nei confronti del Cavaliere, una doccia scozzese continua: l’altro giorno pareva che il presidente della Camera gli desse qualche speranza, ieri invece è cresciuta l’ipotesi di un «appoggio esterno».
Futuro e libertà farebbe dimettere dal governo i suoi rappresentanti e si limiterebbe a votare volta a volta, secondo gli estri del momento... Può essere che l’annuncio venga dato da Fini domenica, alla convention di Perugia; secondo alcuni futuristi è quasi certo, altri come al solito gettano acqua sul fuoco. In casa berlusconiana sono scattate tutte le sirene perché sarebbe un altro metro di miccia consumato, e la deflagrazione del governo sarebbe devastante. Il detonatore si chiama Bossi. Ha ripetuto chiaro ieri al Cavaliere quando si sono visti a Grazioli (presente il figlio Renzo detto il Trota): «Se Fini decide l’appoggio esterno, questa è l’occasione buona per buttare all’aria il tavolo, andare alle elezioni e scaricare su di lui la colpa». Com’è noto, dalle urne
Dunque nel Pdl si respira l’aria delle grandi e decisive vigilie. Stamane ne discuterà il premier con il giro stretto dei fedelissimi perché domani c’è Direzione nazionale del partito, Berlusconi dovrà presentarsi al suo parlamentino con un’idea, un piano, una linea che non sia la consueta sparata propagandistica (tale la considerano ormai perfino dalle sue parti) contro i giornali e contro le «toghe rosse». I suoi consiglieri sono divisi. Qualcuno lo esorta a sparare, dal pulpito della Direzione, un colpo d’avvertimento; ad avvisare Fini che un appoggio esterno sarebbe insopportabile, dunque ci pensi bene prima dell’irreparabile, e magari torni sui suoi passi (di qui a domenica c’è ancora tempo). Altri suggeritori del premier, invece, insistono per trattare a oltranza, e magari far finta di niente. In fondo, argomentano, si dimetterebbe Ronchi dalle Politiche comunitarie: mica sarà quel dramma... E Berlusconi? Lui la pensa come i trattativisti. Vorrebbe tirare avanti, si giudica insostituibile. Ma con Bossi ha stretto un patto del diavolo. E gli toccherà onorarlo fino in fondo.
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