sabato 13 novembre 2010

Il patto di Gianfranco con Udc e Pd "Voto sulla manovra, poi l'affondiamo"


di CARMELO LOPAPA

ROMA - L'ultima telefonata dal premier Berlusconi in precipitosa fuga da Seul contiene l'ordine perentorio di andare alla conta. Presto, anzi subito. Al Senato. Prima che gli avversari confezionino la trappola mortale alla Camera. Ma Fini, Casini e Bersani il loro patto lo hanno già siglato. La sfiducia dopo la legge di Stabilità arriverà comunque, arriverà a Montecitorio, arriverà entro fine mese.

Perché "serve una crisi vera, poi si discuterà di nomi e di premier" va ripetendo ai suoi il presidente della Camera. È un count down forzato, nel quale il premier decide di lanciarsi anche a costo di precipitare in quello stesso "vietnam" di numeri risicati e contrattati a Palazzo Madama nel quale due anni fa si è infine arenato il governo Prodi. Sui dieci pidiellini "malpancisti", su un incerto Dini, su un Pisanu sempre più critico il pressing da ieri si è fatto di nuovo incessante. Movimenti in vista anche a Montecitorio. Insomma, si riapre il "calciomercato".

È una sfida, quella che il presidente del Consiglio lancia in Parlamento, contro i "giochi di palazzo" dai quali si sente ormai soffocato. Per portarla avanti non lesinerà anche questa volta l'impegno di uomini e risorse. "Se a Palazzo Madama otteniamo la fiducia, anche qualora poi dovessimo cadere alla Camera, non ci sarebbe più alcuno spazio per un governo di transizione", ragiona al telefono il Cavaliere da Seul con i capigruppo pidiellini al Senato, con i quali concorda le due righe della mozione di sostegno al governo. "In quel caso, voglio vedere con che coraggio Fini, Casini e Bersani andrebbero ancora a chiedere al Quirinale un esecutivo diverso". Appena rientrato a Roma, oggi Berlusconi riunirà il bureau Pdl a Palazzo Grazioli.
Il gabinetto di guerra, in vista dell'uscita dei finiani dal governo già fissato per lunedì, sarà pressoché permanente. L'arma finale, che balena nella mente del premier e che Ignazio La Russa ha ventilato ieri anche davanti alle telecamere, è la richiesta al Quirinale di scioglimento della sola Camera, nel caso in cui il governo cadesse solo a Montecitorio. Una mezza provocazione, messa così, difficile anche da sottoporre al Colle.

Ma ad essere mobilitato ormai è anche lo stato maggiore dell'opposizione. I contatti di Fini con Casini, Rutelli, Bersani sono continui. I quattro hanno ragionato, pallottoliere e calendario alla mano. Martedì il presidente del Senato Schifani dovrà inserire in agenda la mozione di sostegno al governo, l'input del Pdl è che venga fatto il prima possibile. Al voto si potrebbe andare anche giovedì. I dieci senatori di Futuro e libertà non parteciperanno al voto. Più problematica l'astensione, che a Palazzo Madama equivale al voto negativo e potrebbe non andare giù ai più moderati del drappello guidato da Pasquale Viespoli. Nel Pdl invece sembra sia stata ricompattata la dozzina che aveva promosso il documento critico contro governo e partito. "Sulla fiducia non abbiamo dubbi, la voteremo, dimostreremo che almeno qui il governo ha i numeri, poi si vedrà" spiega Ferruccio Saro. Il suo sì lo darà anche Beppe Pisanu, in rotta col premier però contrario alle elezioni anticipate, dunque disposto a votare la fiducia a "qualunque governo la presenti in questo momento critico". Dovrebbe dare il suo sì anche Dini, nonostante i dubbi delle ultime settimane. Incerto il sardo Massidda, l'ormai ex pdl Musso, l'autonomista Pitzger.

La mozione di sfiducia di Pd e Idv camminerà con passi più lenti a Montecitorio, dove i lavori la settimana prossima saranno monopolizzati dalla legge di stabilità. Ma anche lì la crisi verrà in qualche modo "parlamentarizzata": martedì la norma sui conti dello Stato approda in aula e il centrosinistra presenterà migliaia di emendamenti, Tremonti a quel punto porrà la fiducia che già in settimana dovrebbe essere votata. Futuro e libertà si asterrà, pur votando subito dopo a favore sul merito della legge. Bersani e Di Pietro invece chiederanno al presidente della Camera che la loro mozione di sfiducia, depositata ieri, venga discussa nella finestra riservata agli atti dell'opposizione già prevista per il 22-23 novembre. I finiani non la voteranno, ma ne presenteranno una propria. Bersani in privato e Di Pietro in pubblico hanno fatto sapere che la voteranno. Casini farà lo stesso. Con quei numeri, a fine mese la corsa del governo potrebbe essere finita.

(13 novembre 2010)

Nessun commento: