martedì 2 novembre 2010

L'abuso di potere / 5 Il Cavaliere cambia la verità


di GIUSEPPE D'AVANZO

La menzogna stessa è un abuso di potere. Silvio Berlusconi vi ricorre senza parsimonia quando un fallimento politico o le pulsioni di un'ossessione fuori controllo lo costringono in un angolo. Accade anche oggi con il "caso Ruby". Il capo del governo in difficoltà per il nuovo squarcio che si è aperto sulla sua vita disordinata - una riconferma che fa cadere l'umore anche ai suoi fedelissimi - , deve ridisegnare ciò che è accaduto; cancellare quel che è stato detto; manipolare quel che sappiamo.

È il paradigma che sempre il capo del governo oppone ai fatti nella convinzione che, in ogni occasione, la forza del suo triplice potere (politico, economico e mediatico) possa piegare la verità, ogni verità. Ora non può eliminare la sua telefonata al capo di gabinetto della questura di Milano, ma deve correggere che cosa è stato e perché; confondere chi ha detto e che cosa.

Il "tavolo di crisi", diretto da Niccolò Ghedini, si è messo dunque al lavoro e ha riscritto "la verità del premier sulla telefonata in questura". Pubblicata dal Giornale di famiglia, a pagina 5 con un "catenaccio" in prima, deve essere considerata, al momento, la versione ufficiale del premier (temo che altre ne verranno).
Berlusconi ammette di aver ricevuto da "una conoscente" una telefonata. Gli dice che Ruby (Karima) è in questura, ma - giura Berlusconi - "la conoscente" non gli racconta la ragione del fermo: "Non sapevo che fosse accusata di furto". Il Cavaliere non si dilunga sull'incipit della storia che, al contrario, ha un suo interesse se si dà conto di quel che racconta Ruby.

La ragazza dice a Repubblica che quella notte non è stata lei ad avvisare direttamente "Silvio" (è stato ipotizzato). "È stata Michelle", Michelle Coincecao Santos Oliveira, una giovane donna brasiliana che Ruby definirà "una prostituta" e accuserà di aver tentato di farla prostituire. L'ambiente è dunque quello della prostituzione. Ruby sostiene che "Michelle ha i numeri diretti del capo di governo". C'è da chiedersi se non si incontra qui una delle questioni "politiche" dell'affaire. Con i suoi numeri privati in giro nel mondo della prostituzione, il presidente del Consiglio non si rende vulnerabile? Non è questa sua debolezza (ricattabilità?) che lo costringe a muoversi in prima persona, con frenesia, per ottenere l'immediata liberazione della minorenne marocchina?

È un fatto che, dopo la telefonata di Michelle, Berlusconi decide di chiamare il capo di gabinetto, Pietro Ostuni, "per sapere che cosa fosse successo". Qui il Cavaliere si deve liberare di molte scorie. Sappiamo che egli non si limita ad abusare del suo potere per chiedere che subito sia liberata Ruby. Mente sapendo di mentire, quando dice che la ragazza è la nipote di un capo di Stato, il presidente egiziano Hosni Mubarak. L'inganno gli serve per dare pressione al funzionario della questura. Lascia capire che quel "fermo" è una minaccia all'interesse nazionale. Se non la libera subito, quel funzionario potrebbe diventare il responsabile di un incidente diplomatico. Berlusconi deliberatamente lo lascia frollare in quel timore quando ripete lentamente "lei capisce, vero?".

La versione ufficiale del Cavaliere resetta l'intera scena. "Silvio", come lo chiama Ruby, non sa quasi nulla della ragazza. Non sa che è minorenne (la ragazza conferma). Non sa che è egiziana. Quindi, non può aver detto che "è la nipote di Mubarak". Il vanto di questa parentela farlocca è tutto di Ruby, non è una menzogna di Berlusconi. Nell'ultima versione sostiene: "Non ho mai detto che fosse la nipote di Mubarak. Era lei che aveva raccontato di essere egiziana e di avere una parentela con Mubarak". Raccontato a chi? A Silvio o, quella notte, ai poliziotti in questura?

Capita spesso che il Cavaliere pretenda che il potere delle sue parole sulla realtà e sui nostri stessi ricordi sia, per noi, illimitato e indiscusso. Dovremmo dimenticare che Ruby racconta: è stato Berlusconi a presentarla come "la nipote di Mubarak" a un cena ad Arcore. È stato Berlusconi a dirle di raccontare in giro di essere "la nipote di Mubarak" per giustificare le risorse che gli avrebbe messo a disposizione. Anche dimenticando queste circostanze è macchinoso credere vero ciò che egli dice vero. Anche se Berlusconi intende dire che in questura è stata Ruby a presentarsi come nipote del capo di Stato.

Scendiamo dal primo piano della questura, dove il premier fa pressione sul funzionario, al pianoterra dove si sta svolgendo, nella notte del 27 maggio, un'operazione di routine: il "fotosegnalamento" di "una minore straniera, senza accompagnamento, accusata di furto".

Giurano gli agenti della "volante Monforte bis de1 4° turno", Landolfi e Ferrazzano, che a un certo punto arriva "di gran corsa, presso gli uffici della terza sezione", il commissario capo "dott. ssa Giorgia Iafrate, la quale riferiva di aver ricevuto una comunicazione telefonica da parte del capo di gabinetto della questura, dott. Ostuni, dove si doveva lasciar andare la minore e che non andava fotosegnalata (...) il commissario riferiva che, detta telefonata, le era pervenuta da parte del capo di gabinetto che, a sua volta, era stato contattato telefonicamente da parte della presidenza presso il consiglio di ministri, dove era stato specificato che la ragazza fermata era la nipote del Presidente Moubarach (sic)".

Soltanto dopo la telefonata di Berlusconi gli agenti sanno che Ruby è la nipote del presidente egiziano e stupiscono. Non lo apprendono dalla ragazza, pur avendola "presa in carico" fin dall'inizio della storia. Lo apprendono in quel momento, dopo la telefonata del capo del governo. Cancellata la paternità della menzogna su Mubarak.

Berlusconi deve riscrivere, capovolgendolo, l'intero colloquio con il capo di gabinetto. La versione ufficiale recita: non è lui, il premier, a chiedere che la ragazza sia liberata. È addirittura il funzionario, Pietro Ostuni, a invocare la collaborazione di Berlusconi per risolvere il "caso" perché Ruby "non ha con sé i documenti, è minorenne, i genitori non sono rintracciabili e le comunità di accoglienza non hanno posti disponibili". Dunque, Berlusconi chiede: "Che cosa è possibile fare?".

È un rosario di bugiarderie strepitoso. Per dire, i genitori sono rintracciabili. Saranno rintracciati, quella stessa notte. Come ha dimostrato il Corriere della sera, quattro storiche comunità della città di Milano, quella notte, non furono interpellate dalla questura: avrebbero avuto posto per ospitare Ruby.

La fanfaluca più fragorosa è Berlusconi che dà un mano al povero Ostuni che non sa che pesce pigliare. "Il capo di gabinetto spiega che "ci vuole una persona che assuma la responsabilità dell'affido"". L'"uomo del fare" entra in azione, frenetico, per cavare le castagne dal fuoco all'infelice capo di gabinetto. Dice Berlusconi nella versione ufficiale: "Ho chiamato la Minetti, le ho spiegato la situazione e le ho chiesto di andare in questura. Lei mi ha risposto che non avrebbe potuto ospitare la ragazza. Le ho detto che era sufficiente che se ne assumesse la responsabilità".

È una fantasmagoria di fandonie. Berlusconi deve giustificare l'arrivo sulla scena della sua amica Nicole Minetti, igienista dentale e consigliere regionale, e l'abuso che fa nel qualificarla per l'occasione "incaricata presso la presidenza del consiglio dei ministri". Nicole Minetti non ha alcun incarico a Palazzo Chigi. In questura arriva soltanto come "incaricata" dal presidente del consiglio di una missione privatissima e abusiva: "esfiltrare" Ruby dalla questura.

Berlusconi deve far dimenticare che Minetti, una volta liberata la minorenne, l'abbandona al suo destino. La magia non gli riesce. Egli stesso ammette ora che non ha alcun intenzione di occuparsi davvero di Ruby. Chiede a Minetti soltanto di "assumersi la responsabilità" dell'affidamento, non di prendersi cura della ragazza, di cui non gli importa niente. Gli importa che quella matta non si metta a dire lì, tra i poliziotti, cose che è meglio tacere. Poi, faccia un po' come gli pare. Nicole se ne può anche tornare a casa e abbandonarla al suo destino di randagia.

Il "tavolo di crisi", a questo punto, ritiene di dover risolvere un'ultima questione: il conflitto tra il procuratore dei minori e la polizia. È la nota dolentissima perché dimostra concretamente come l'abuso di potere di Berlusconi abbia piegato il comportamento e le decisioni dei funzionari di polizia. Spaventati e intimiditi dalla pressione, si fanno complici dell'interferenza illegale del capo del governo. Aggiustano le carte. Non applicano, come dovrebbero, le disposizioni del magistrato, che vuole la minorenne affidata a una comunità protetta. Trafficano tra Milano e Messina per consegnare Ruby a Nicole Minetti. Come appunto ha chiesto il presidente del Consiglio alle 23 del 27 maggio. Il sostituto procuratore dei minori Annamaria Fiorillo - si ricorderà - sostiene di non aver mai approvato l'affidamento di Ruby a Nicole Minetti: "Ho chiesto che fosse affidata a una comunità e, in assenza di posti, che restasse quella notte in questura".

Nel copione anestetizzato del caso, la questione viene del tutto eliminata. La polizia non aveva alcuna necessità di trovare un accordo con il magistrato "visto che il collocamento è un provvedimento amministrativo (disciplinato dall'articolo 403 del codice civile) che può essere adottato dalla pubblica autorità (nel caso, della polizia) e che non necessita dell'approvazione del tribunale dei minori".

Berlusconi chiede la nostra ubbidienza passiva, l'assuefazione a ogni manipolazione anche la più pasticciata come questa magnifica fandonia giuridica. L'articolo 403 del codice civile è previsto per i minori che si trovano "in una condizione di grave pericolo per la propria integrità fisica e psichica". Accade quando un bambino è nelle mani di genitori violenti o palesemente incapaci di prendersene cura. In quel caso "la pubblica autorità", in contrasto con i genitori, e "a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in un luogo sicuro sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione".

Che c'entrano i genitori di Ruby che sono a migliaia di chilometri di distanza, in Sicilia, a Messina? Si può dire che Nicole Minetti sia un "organo di protezione dell'infanzia"? Si può pensare che la casa di Michelle Coincecao Santos Oliveira (per Ruby, prostituta) sia "un luogo sicuro". E ancora. Se Ruby è stata "collocata" e non "affidata" perché, come prevede la legge, la polizia non ha nel "tempo strettamente necessario" affidato la conferma del collocamento alla decisione dell'autorità giudiziaria minorile?

Tra i falsi di questa versione ufficiale questo è un falso stupefacente che reclama una sterilizzazione mentale. Perché taglia via la circostanza che Ruby, minorenne straniera, non accompagnata, priva di documenti, è accusata di furto. Quindi, sotto esame non c'è, come nell'articolo del codice civile invocato da Berlusconi, la potestà dei genitori, ma il comportamento irregolare di Ruby. Uno stato di cose che attribuisce l'affidamento giudiziario del minore al tribunale dei minorenni nella sua triplice funzione penale, civile, amministrativa. È pura violenza, è un abuso di potere pretendere che si creda a una versione che sta in piedi come un sacco vuoto.

(02 novembre 2010)

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