di GIUSEPPE D'AVANZO
"Non leggete i giornali", comanda Berlusconi. Quando i fatti mostrano la loro ostinazione e riemergono e definiscono i contorni di una storia, i protagonisti, le comparse, i comportamenti, le responsabilità, il Cavaliere muove i suoi passi verso una sola direzione: manipolare o distruggere la realtà che lo minaccia; isolare o eliminare chi può testimoniarla. Come capita ai giornali: naturalmente, i giornali che il premier non possiede o controlla. I fatti sono noti. Il capo del governo ha abusato del suo potere per "esfiltrare" una sua amica minorenne dalla questura di Milano. L'instabilità di Ruby lo atterriva. Per occultare quell'abuso, ne abusa di nuovo, ora. Confidando in una maggioranza parlamentare che non ha più, promette che vieterà ai magistrati di poter utilizzare gli ascolti telefonici, ambientali e telematici nelle loro indagini. Anticipa di voler chiudere anche per un mese intero i giornali che, nel rispetto di un diritto costituzionale e di un dovere civico, trasgredissero quella legge ingiusta. È il paradigma di una politica che ha la necessità inderogabile di cancellare ogni criterio di pubblicità. La lezione di Norberto Bobbio ci aiuta a capire.
Soltanto il criterio della pubblicità, che l'informazione pratica e il Cavaliere nega, consente di distinguere "il giusto dall'ingiusto, il lecito dall'illecito". È un principio che, osserva Bobbio, "non vale per chi come il tiranno" integra nella sua stessa persona il pubblico e il privato. Gli affari di Stato sono i suoi personali affari e, viceversa, i suoi affari personali diventano di Stato. Accade a Berlusconi con solare evidenza. Ora si può comprendere come il capo del governo voglia conservare nel segreto i suoi comportamenti pubblici e privati. È consapevole che se quegli atti, fino ad oggi tenuti nascosti fossero resi pubblici, susciterebbero "quel turbamento dell'opinione pubblica che si chiama scandalo".
Qual è lo scandalo, e dove? Anche se per un quietismo istituzionale la procura di Milano chiude con un no contest il conflitto tra questura e tribunale dei minori, è già uno scandalo pubblico che, con un abuso di potere, un capo di governo intervenga su un funzionario dello Stato per accelerare e facilitare la liberazione di una sua giovane amica. Come è uno scandalo - oltre che una mossa di spietata malvagità umana - lasciar credere di volersi occupare di una minorenne scapestrata per poi abbandonarla al suo destino in casa di una prostituta. Tuttavia lo scandalo che Silvio Berlusconi teme non è questo, non è rinserrato nelle poche ore notturne del 27/28 maggio. Lo scandalo, intorno a cui Berlusconi vuole fabbricare un muro di silenzio, omertà e intimidazione, è la prostituzione che egli alimenta con le sue ossessioni fuori controllo, denunciate per tempo da Veronica Lario. Lo scandalo è l'organizzazione che lo circonda, il sistema che gli consente di incontrare "vergini" che vengono per lui raccolte nell'agenzia di Lele Mora e convocate, selezionate, preparate e offertegli da Emilio Fede.
I segni, le testimonianze di questo scandalo le abbiamo già sotto gli occhi, nell'attesa che la magistratura definisca le responsabilità penali. Basta saper ricordare per poter capire e giudicare. Nell'autunno del 2008 il direttore del Tg4 Emilio Fede, lascia sullo scrittoio del presidente del Consiglio, un book fotografico. Berlusconi lo sbircia. Stupisce per il "volto angelico" di una minorenne, Noemi Letizia, 17 anni. La chiama al telefono. La ragazzina sta facendo i compiti e si abbandona alle lusinghe di quel potente. Sette mesi dopo il potente la farà felice partecipando alla sua festa di compleanno. Testimoni diretti racconteranno il ruolo di Emilio Fede come cacciatore di talenti da proporre alle cene del presidente. Il direttore del Tg4 affiora anche nei ricordi di Ruby (Karima), anche lei diciassettenne. È Fede che la contatta a un concorso di bellezza. È Fede, sostiene Ruby, che la presenta a Lele Mora. È Lele Mora che la propone a Emilio Fede per una cena a Villa San Martino. In un gioco a due, utile soltanto a un terzo, Silvio Berlusconi.
Lo schema, l'organizzazione - come chiamarla? - si ripropone anche oggi nella confessione di Nadia. "La prima volta che sono andata ad Arcore, mi sono recata prima a casa di Lele Mora a Milano dove c'erano altre ragazze. Da lì siamo andate allo studio del giornalista Emilio Fede. Emilio Fede faceva una sorta di selezione e ci chiedeva il nome ma poi andavamo tutte insieme dal presidente". Mora. Fede. Berlusconi. È in questo triangolo che si muovono decine e decine di prostitute giovani o giovanissime (anche venticinque a sera) e decine di migliaia di euro (Ruby rivela alla procura di Milano di aver ricevuto in una sola occasione 46mila euro).
Gli ascolti telefonici, che Berlusconi vuole cancellare, potrebbero dimostrare come lavorano gli attori del sistema. Emilio Fede, il più vicino al presidente, raccoglie le necessità del Sultano. Il giornalista si attiva. Informa Lele Mora dei desideri del premier: numeri, caratteristiche, a volte anche il colore della pelle o la razza. Mora si mette al lavoro. Compila una lista. Convoca le ragazze. Fede le seleziona e accompagna le prescelte in Villa. Mangia qualcosa e va via. Il Sultano è il solo protagonista maschile delle cerimonie erotiche del dopo cena. Provvederà da solo a retribuire le ragazze. Magari a richiamarle. A quanto pare, è un uomo della sua scorta a tenere le fila di questi contatti. A controllare le più intraprendenti. Ad allontanare le più indisciplinate.
Per quel che si comprende, nessun reato può essere contestato a Silvio Berlusconi. È l'"utilizzatore finale", Niccolò Ghedini è esplicito. Non è questo lo scandalo. Lo scandalo nasce "nel momento in cui viene reso pubblico un atto che fino ad allora è stato tenuto nascosto in quanto non può essere reso pubblico". Quel che non può essere reso pubblico della vita privata di Berlusconi non è se fa sesso, come lo fa, con chi lo fa. Lo scandalo è nell'organizzazione che intorno a lui e per lui raccoglie e seleziona prostitute sempre più giovani per le sue serate. È una debolezza privata che si fa scandalo pubblico quando si scopre che il mondo della prostituzione custodisce la rispettabilità del capo del governo potendola ricattare, venderla o distruggerla. Come Ruby o Nadia dimostrano. È la condizione di minorità del nostro premier. Non sarà un abuso di potere a cancellarla.
(03 novembre 2010)
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