Le imminenti presidenziali e l'onda emotiva del post-Fukushima stanno facendo cambiare opinione al principale partito d'opposizione d'Oltralpe, fino a ieri strenuo sostenitore dell'energia nucleare
Nel Paese dell’omertà nucleare, dove l’atomo è un business irrinunciabile, a destra come a sinistra, qualcosa comincia a muoversi. Dopo la catastrofe di Fukushima e, in misura sempre più accelerata, dopo la rinuncia al nucleare di Angela Merkel e con l’avvicinarsi del referendum italiano, i socialisti francesi, principale forza di opposizione, stanno progressivamente cambiando posizione in merito. Verso un no al nucleare. Facciamo un passo indietro.
Nella Francia dei 58 reattori (che generano il 78% dell’elettricità consumata), seconda potenza mondiale del settore (dopo gli Usa e prima del Giappone), i socialisti si erano sempre più o meno allineati sull’andazzo generale. Tanto più sotto l’influenza della loro anima tradizionale, operaista e a difesa dei funzionari pubblici al tempo stesso.
Insomma, come mettere in dubbio un’industria in espansione, composta perlopiù di colossi proprietà dello Stato, ultima trionfale frontiera di tecnici e operai, in contrasto con la scomparsa in Francia del manifatturiero? L’effetto di Fukushima, pero’, anche sull’opinione pubblica nazionale ha cambiato le carte in tavola. Le presidenziali del 2012 sono dietro l’angolo: meglio accodarsi al nuovo trend. A cominciare dal testo programmatico del Partito socialista (Ps) per quelle elezioni, dove si legge che “la nostra filiera nucleare dovrà riorientarsi verso un progressivo smantellamento delle centrali e il potenziamento delle energie rinnovabili”. Ma ancora più sorprendenti sono le affermazioni dei singoli politici, ora che si stanno preparando le primarie per scegliere il candidato che cercherà di vincere contro Nicolas Sarkozy e riportare la sinistra al potere (assente dal lontano 1995).
Cominciamo da François Hollande, candidato in ascesa dopo che Dominque Strauss-Khan è stato messo fuori gioco. Era il più favorevole all’atomo. “Un candidato socialista non puo’ pretendere di uscire dal nucleare”, assicurava Hollande in un’intervista alla France Presse in primavera. “Non sarebbe economicamente serio, né socialmente rassicurante”, aggiungeva. Sabato scorso si è espresso con toni diversi : “
Passiamo a Martine Aubry, segretario nazionale del partito. Non si è ancora candidata alle presidenziali, ma è molto probabile che lo faccia a breve. Nel passato non si era praticamente mai espressa al riguardo. E quando, dopo Fukushima, si era discusso di proporre una moratoria sul nucleare anche in Francia, idea sostenuta dal deputato Aurélie Filipetti (l’unica socialista da tempo esplicitamente anti-nucleare),
Quanto a Ségolène Royal, già durante la campagna del 2007 contro Sarkozy aveva sostenuto la necessità di ridurre al 50% la dipendenza dal nucleare entro il 2020. Ma mai aveva rigettato questa fonte di energia in toto. Negli ultimi giorni, invece, ha proposto una rivoluzione energetica: “Si puo’ uscire dal nucleare in 40 anni. E fissare nel frattempo una serie di obiettivi intermedi”.
Il più prudente, invece, fra i socialisti francesi resta un altro candidato alle primarie, Arnaud Montebourg. E per una ragione precisa: nella sua provincia, il dipartimento di Saone-et-Loire, Areva, uno dei colossi pubblici dell’atomo, puo’ contare su una forte presenza. Tutti, sul posto, ricordano di Arnaud nel
di Leonardo Martinelli
1 commento:
il nucleare...che follia !!!
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