Su Libero il direttore Maurizio Belpietro sostiene che Giulio Tremonti si è montato la testa, che gioca già a fare il premier, ma che ha un problema: “Il suo piano ha un difetto: si chiama Repubblica”. Nel senso che il ministro conta sull’appoggio del quotidiano di Carlo De Benedetti per realizzare le sue ambizioni egemoniche. Ma il sostegno di Repubblica non ha mai portato bene ai beneficiari, da Enrico Berlinguer a Ciriaco De Mita a Walter Veltroni.
Per il momento, comunque, il ragionamento di Belpietro va ribaltato: Tremonti è un problema per Repubblica, un grosso problema a giudicare dalla scelta del fondatore Eugenio Scalfari di rompere la consuetudine dell’editoriale domenicale per intervenire a metà settimana.
Con la forza polemica dell’indignazione per quello che ha letto sul giornale che ha fondato e diretto per 20 anni. Il titolo è innocuo, “Non va bene un proconsole per Bankitalia”, lo svolgimento molto meno. Perché il bersaglio della polemica non è Tremonti, che vuole imporre come governatore della Banca d’Italia il suo fidato collaboratore Vittorio Grilli, ma il numero due del giornale, il vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini.
Scrive Scalfari: “Due giorni fa sul nostro giornale abbiamo pubblicato alcune ‘indiscrezioni’ la cui paternità era facile intuire, che contenevano l’elenco delle ragioni in favore della candidatura di Grilli”.
Il Fondatore allude alla doppia paginata domenicale firmata da Giannini in cui si presentava come una notizia quello che allo stato delle cose è il desiderio del ministro del Tesoro: “Bankitalia, per il dopo-Draghi accordo Tremonti-Berlusconi, il governo gioca la carta Grilli”. Giannini, che capisce di economia, conosce il concetto di self fulfilling prophecy, le profezie che si auto-avverano. Le impronte digitali tremontiane erano evidenti sulla paginata, a cominciare dalla lunghezza (Tremonti ha un approccio quantitativo ai giornali) e da “retroscena” come la pistola fumante indicata da Giannini: Tremonti che si rivolge a Grilli e gli chiede “Allora, governatore, sei contento?”.
Scalfari legge e – evidentemente – non gradisce, viste le perplessità generali sull’opportunità di mettere uno strettissimo collaboratore dell’esecutivo alla testa dell’unico organismo indipendente che in Italia si permette di criticare con autorevolezza il governo. Quando poi vede il sondaggio del lunedì, sempre su Repubblica, che indica Tremonti come l’uomo politico più popolare (54,5 per cento) deve aver deciso che la deriva tremontiana di Repubblica, secondo la logica che il nemico del mio nemico è mio amico, stava diventando eccessiva.
Ed ecco quindi l’editoriale di ieri dove si smonta, pezzo per pezzo, la paginata di Giannini, neppure citato se non come un generico “qualcuno” che non ha ben capito come stanno le cose. Grilli è una degnissima persona, scrive il Fondatore, ma “il ministro dell’Economia di strutture serventi ne ha già una quantità, dalla Cassa depositi e prestiti alla costituenda Banca del Sud, al fondo per finanziare banche e imprese ‘strategiche’, alla Consob”.
Per questo la nomina di Grilli – uno scenario che per Giannini sembra scontato e in fondo auspicabile – secondo Scalfari “configurerebbe una sorta di proconsolato del tutto inadatto a una democrazia liberale che richiede molteplicità di soggetti dotati di sufficiente autonomia nei rispettivi terreni di competenza”.
Si immagina la sofferenza di Giannini durante la lettura del giornale di ieri, il fastidio nel vedere che Scalfari contesta non solo l’interpretazione ma anche la natura dei fatti raccontati nell’articolo di domenica (con Napolitano Berlusconi e Tremonti non avrebbero mai parlato di Bankitalia, cosa sostenuta con forza da Giannini, dentro il governo non c’è alcun accordo, la legge non è affatto ambigua sulle competenze e i poteri di nomina ).
Trovarsi contestato sul proprio giornale non deve essere stato gradevole per Giannini, soprattutto se la polemica arriva da uno come Scalfari.
Lo spettacolo del Fondatore che rettifica il vicedirettore non deve aver giovato ai rapporti con Giulio Tremonti che negli ultimi mesi è sempre più celebrato dal quotidiano di Largo Fochetti. Tanto che una decina di giorni fa una sua relazione di routine all’assemblea di Confartigianato veniva elevata dal solito Giannini al rango di “un’altra discesa in campo. Non populista, né ideologica”. Titolo degno di migliori occasioni: “Il manifesto di Giulio”.
Come finirà il duello? L’ultima parola potrebbe averla il direttore di Repubblica Ezio Mauro, che ancora non si è pronunciato sulla successione a Mario Draghi. Starà con Giannini che vuole Grilli o con Scalfari che tifa Fabrizio Saccomanni? Magari, per opportunità diplomatica, darà il suo endorsement a Lorenzo Bini Smaghi visto che, almeno in questo caso, tertium datur.
Ste. Fel.
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