GIORGIO MELETTI
Telecom conferma la vendita della tv mentre insegue le star di Saxa Rubra.
De Benedetti: “Nessun interesse”
di Giorgio Meletti
Carlo De Benedetti fa sapere che i contatti per l’acquisto del pacchetto di maggioranza di La7 sono frutto della fantasia del numero uno di Telecom Italia Media, Giovanni Stella. Il quale, richiamato al rispetto di alcune leggi vigenti dal suo capo, Franco Bernabè, ha a sua volta precisato che la trattativa con il gruppo L’Espresso è “solo una delle tante ipotesi menzionate nel quadro del processo di valorizzazione della società al vaglio del management che, fra l'altro, non ha definito un orizzonte temporale relativo a eventuali operazioni straordinarie”. Nel gergo valido per
Si va avanti, dunque, e all’orizzonte si profilano due colossi mondiali, la tedesca Bertelsmann e il gruppo Murdoch. I nudi fatti dicono che Stella, noto per il ruvido tratto con cui si compiace di condurre ogni trattativa, sta tentando due cose apparentemente inconciliabili: portare a La7 – al prezzo dell’usato – i volti Rai in sofferenza (Fabio Fazio, Giovanni Floris, Milena Gabanelli, Michele Santoro) mentre annuncia che la tv di Telecom Italia è in vendita. Al di là dell’apparente incongruenza strategica del gruppo Telecom Italia, stiamo assistendo alla prima vera partita televisiva in salsa post-berlusconiana. Dopo dieci anni a sovranità limitata, il destino di La7 è nelle mani dei manager di Telecom Italia e delle dinamiche di mercato. Mentre fino a pochi mesi fa era impensabile solo l’annuncio della vendita, adesso il management guidato da Bernabè non sembra più condizionato dalla paura di B., fortissima fino a pochi mesi fa.
La7 è stata creata nel 2001 da Telecom Italia acquistando Tele Montecarlo dal produttore cinematografico Vittorio Cecchi Gori. Poche settimane dopo l’esordio il presidente della Pirelli Marco Tronchetti Provera acquistò il gruppo telefonico e mise la museruola ai progetti di sviluppo di La7. Silvio Berlusconi aveva appena vinto le elezioni. Dopo che Tronchetti è uscito di scena (primavera 2007) il clima è cambiato. Per Mediaset la tv di Telecom è diventata, da temibile concorrente, un valido alleato per occupare spazi di mercato e tenere alla larga dal mercato della tv terrestre il colosso Sky di Rupert Murdoch. I conti in perenne perdita di La7 hanno addirittura ricevuto soccorso da Mediaset.
Ma la sovranità limitata è continuata, attraverso le pressioni esercitate su Franco Bernabè da Cesare Geronzi, fino a un anno fa presidente di Mediobanca, primo azionista di Telecom Italia. Geronzi è stato un attento interprete dei desideri berlusconiani. Solo dopo la sua uscita da Mediobanca Bernabè ha potuto ingaggiare Enrico Mentana come direttore del Tg.
Non è però casuale che Stella, detto “er canaro” per il proverbiale disprezzo per la buona educazione, abbia aspettato il tracollo elettorale di B. per annunciare la vendita della tv. Perché la mossa equivale a un terremoto nel regime televisivo nazionale. Di fatto Telecom Italia ha finora pagato cara la scelta di tenere al guinzaglio gli ascolti di La7: in dieci anni i disastrati conti del più piccolo tra i network nazionali sono costati al gruppo Telecom circa un miliardo e mezzo tra perdite cumulate e svalutazioni. Basti pensare che nel 2003 il 59 per cento di Telecom Italia Media (la società quotata che contiene La7) era iscritto nel patrimonio di Telecom per 747 milioni di euro, oggi risulta svalutato a 221: 526 milioni volatilizzati, oltre alle perdite di ogni esercizio. Nel 2010, per esempio, la perdita operativa è stata di 92 milioni, circa un terzo del fatturato. Oggi la società vale in Borsa circa 280 milioni, poco più dei capitali freschi immessi dagli azionisti un anno fa per scongiurare il collasso finanziario. Ma adesso Telecom pensa di rifarsi, almeno un po’, ritenendo che qualcuno potrebbe sborsare fino a un miliardo di euro per assicurarsi La7 e le sue frequenze terrestri. Un boccone interessante per grandi gruppi come Sky, che ha tutto l’interesse di accoppiare l’offerta satellitare con quella terrestre, ed è il concorrente più temuto da Mediaset. Ma anche Bertelsmann, il gruppo tedesco che fattura 5,6 miliardi di euro (circa il doppio di Mediaset) con le sue tv in Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna Olanda e altri Paesi europei, potrebbe puntare a entrare nell’unico grande mercato europeo che manca alla sua collezione. Si parla di gruppi in grado di fare ciò che fino a oggi B. è riuscito a evitare: attaccare il dominio di Mediaset sul mercato pubblicitario con la loro ricchezza di prodotti televisivi che, semplificando, hanno bisogno solo di essere doppiati.
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