Alla fine, come previsto,
Nell’articolo 5 del decreto si propone tra l’altro una sorta di moratoria della costruzione di nuove centrali atomiche nell’attesa “di acquisire ulteriori evidenze scientifiche (…) sui profili relativi alla sicurezza” (comma 1) e si impegna il governo a preparare entro un anno una “strategia energetica nazionale” che tenga conto anche della diversificazione delle fonti e dell’effetto serra. Sono proprio i due commi citati nel quesito del referendum sul nucleare, che la Corte di cassazione ha dovuto riformulare il primo giugno in seguito all’intervento voluto da Berlusconi.
Ecco allora che si insinua il dubbio, che rimbalza tra blog e giornali: chi vota sì cancella la moratoria, e quindi dà il via libera a nuove centrali? E per di più impedisce al governo di fare un piano energetico che tenga conto delle rinnovabili? Ottiene insomma il risultato esattamente opposto a quello per cui ha deciso di andare a votare?
A prima vista sembrerebbe così, ma in realtà i promotori dei referendum sono tranquilli, a cominciare da Alessandro Pace, costituzionalista che ha curato il ricorso in Cassazione per l’Italia dei valori, promotore ufficiale del referendum sul nucleare. “La corte di Cassazione ha motivato chiaramente la decisione del primo giugno, quando ha dichiarato ammissibile il referendum sul nucleare anche dopo il decreto”, conferma il collega Alberto Lucarelli, impegnato con il comitato di sostegno al fronte del Sì. “Lo spirito del comitato promotore prevale sull’aspetto formalistico.
Del resto, il titolo della scheda grigia sulla quale si voterà non ammette equivoci: “Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare”. Le motivazioni della decisione del primo giugno sono state rese pubbliche oggi, e sembrano andare proprio in questa direzione. L’articolo 5 del decreto governativo non contiene affatto una rinuncia, anzi, dice
Sulla stessa lunghezza d’onda Lorenza Carlassare di Libertà e Giustizia, associazione che sostiene tutti i quattro referendum del 12 e 13 giugno: “E’ un dubbio che non mi porrei. Anzi, con l’intervento della Cassazione il quesito è ancora più chiaro. Caso mai il vero problema è quello degli italiani all’estero, ai quali sono state recapitate le schede vecchie”. Un tema, questo sì, sul quale il Comitato per il sì chiede da giorni un chiarimento al ministero dell’Interno, finora senza risposta.
C’è però da registrare la voce dissonante di un altro importante costituzionalista, Augusto Barbera, già parlamentare del Pci-Pds. Secondo Barbera, il quesito sul nucleare riformulato dalla Cassazione non sta in piedi perché “tutte le norme che prevedevano procedure e tempi per l’installazione di centrali nucleari sono state abrogate” dal famoso decreto, ha affermato in un’intervista su Avvenire di ieri. “Ipotizzo che
Il tortuoso cammino del referendum antinucleare ora è terminato. La pronuncia della Corte costituzionale, a cui si è rivolta l’avvocatura dello Stato dopo la decisione della Cassazione chiude la partita, anche se le dichiarazioni del presidente Alfonso Quaranta, eletto proprio ieri, regalavano già una certa serenità ai sostenitori del Sì: “
A decidere le sorti di questo e degli altri tre quesiti – due sul servizio idrico e uno sul legittimo impedimento – non saranno dunque i cavilli, ma il quorum del 50% più uno degli elettori, necessario perché i referendum abbiano effetto.
martedì 7 giugno 2011
Referendum sul nucleare, la Consulta dice sì
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