di Bruno Tinti
Nel ritirare la norma truffaldina Berlusconi ha voluto tenere il punto, affermando trattarsi di cosa buona e giusta. Non è assolutamente così e provo a spiegare perché la sospensione obbligatoria dell’esecuzione delle sentenze di condanna al pagamento di somme superori a 10 milioni di euro (se di primo grado) e a 20 milioni di euro (se di appello) è una cosa demenziale.
COMINCIAMO dal fatto che la sospensione delle sentenze di questo tipo è prevista da sempre: artt. 283 (dopo la sentenza di tribunale) e 373 (dopo la sentenza d’appello) del codice di procedura civile. Solo che: a) è il giudice che decide quando si può sospendere il pagamento perché ci sono gravi e fondati motivi; b) la sospensione, se ci sono i gravi e fondati motivi, può essere concessa a tutti i debitori, indipendentemente dalla somma dovuta. Il legislatore (quello serio, cioè quello del 1930) aveva ragionato così. I processi di questo tipo durano parecchio, c’è il rischio che i debitori non paghino e si facciano citare in giudizio proprio perché sanno che, anche se hanno torto, comunque pagheranno solo quando il giudice avrà dato ragione al loro creditore. Fra tribunale, appello e cassazione, 7, 8 anni o anche di più. Risultato: economia a rotoli. Allora, siccome, quando un giudice si è già pronunciato, le probabilità che il debitore abbia torto sono rilevanti, stabiliamo che si paghi subito dopo la sentenza di primo grado; nell’improbabile caso che abbia ragione, pazienza, gli restituiremo tutto con gli interessi. Però non esageriamo: se ci sono “gravi e fondati motivi” che fanno supporre che, se il debitore paga, va definitivamente in rovina, allora meglio aspettare: sia mai che in appello o in cassazione si decida che aveva ragione e che non doveva pagare; a quel punto sarà fallito e, anche se gli restituiamo i soldi, il danno sarà irreparabile.
QUINDI il giudice valuti: se il debitore può pagare, che paghi subito; se è davvero nei guai, allora si sospenda l’esecuzione della sentenza. Infine, e ovviamente, questo vale per tutti. I “gravi e fondati motivi” non dipendono dall’ammontare della somma ma dalle qualità personali del debitore. Un impiegato potrebbe pagare facilmente 100 euro e un miliardario andrebbe in rovina se dovesse pagare più di quel moltissimo che ha. E naturalmente è vero anche il contrario: un miliardario può comunque pagare una somma elevata, se inferiore a quello che possiede; mentre una piccola somma può essere eccessiva per un povero cristo. Insomma, da decidere caso per caso; i giudici sono pagati per questo. Adesso arriva B. e dice che i giudici debbono (non “possono”, “debbono”) sospendere i pagamenti decisi da tribunale e appello se sono superiori rispettivamente a 10 milioni e 20 milioni di euro. Come ho detto, roba da pazzi.
1.
2. MA FORSE il giudice non si è sbagliato. In fondo, anche gli adepti di B&C devono ammettere che, quando non si tratta di pm comunisti e di complotto contro l’eletto dal popolo, nei processi normali, tra gente comune, le probabilità che il giudice sbagli o “ci colga” sono almeno 50 e 50 (veramente i giudici sono gente seria e in genere “ci colgono”). Se il giudice non si è sbagliato, la sospensione del pagamento può anche rovinare irreparabilmente il creditore. I fallimenti, quando non si tratta dei bancarottieri di regime che finanziano i loro sponsor politici, succedono per questo. Ho comprato materie prime, pagamento a 90 giorni; ho costruito il prodotto e l’ho venduto, pagamento a 60 giorni; il cliente paga e io pago il fornitore e guadagno qualcosa. Ma, se il cliente non paga, io non posso pagare. E’ una catena. Da un’insolvenza magari discendono 10 fallimenti. Di nuovo, deve essere il giudice a decidere. 3. Ultima idiozia. Da8 adesso in avanti più debiti si fanno e meglio è. Se si riesce ad arrivare a quota 10 milioni (che sono, a fronte dei 780 che B deve a De Benedetti?), di tempo prima che si paghi ce n’è. Come si dice, “a pagare e morire …”
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