FABIO BALOCCO
Uno dei pomeriggi più intensi degli ultimi mesi l’ho trascorso con mio figlio e due miei amici nell’hinterland di Torino, intrufolandomi all’interno di un’area industriale abbandonata, dove sapevamo – per averlo visto su Google Earth – essere nato e cresciuto una specie di bosco. Uno spettacolo incantevole. Dove una volta c’erano i macchinari, ora la natura sta riprendendosi il suo spazio, spaccando il cemento, protendendosi verso il cielo oltre le strutture ossidate e scheletriche della fabbrica che non c’è più.
Alberi di tutti i tipi, sia autoctoni, sia alloctoni, grazie ai semi sparpagliati dal vento e persino un’area umida con tanto di canneto e girini.
In mezzo a questo caos di paleoindustriale e neonatura una comunità di zingari e altre persone non identificate: la sensazione di essere proiettati all’interno del film “I guerrieri della palude silenziosa”.
Di aree come questa, riconquistate dalla natura, ce ne sono oramai davvero ben poche: l’avidità delle amministrazioni comunali di accaparrarsi gli oneri di urbanizzazione e magari anche accordi più o meno leciti con le imprese di costruzione, fanno sì che dappertutto sorgano palazzi e non-luoghi.
Anche questa area che abbiamo visitato e fotografato non resisterà certo a lungo al cancro della speculazione. Rimarrà nella nostra memoria e rimarrà la nostra testimonianza.
Ma non fa nulla: l’importante è vedere che la natura vive e sopravvive. L’importante è che noi, camminando in città senza avere la testa nelle nuvole, ci accorgiamo di quella pianta di tarassaco a fianco dell’asfalto, oppure di quella saponaria lungo il muro, o ancora di quel fico che magicamente si fa largo sotto una grata lungo un marciapiede.
Tutto questo ci consolerà. Nonostante le nostre nefandezze, nonostante la morte che cospargiamo,la natura vive. E vivrà dopo di noi.
P.S. ho scritto questo post prima che fosse pubblicato “Ambientalisti, che voglia di catastrofe”. Di filosofi come Pascal Bruckner, che vivono solo di testa e non di pancia, se ne potrebbe francamente fare a meno.
2 commenti:
Ah ecco :)
Ciò dimostra che non sempre il "grande" istruito sia per forza anche intelligente. Gli idioti sono ovunque, i più pericolosi sono proprio coloro che hanno acquisito un lessico ricercato memorizzando i testi scolastici e rimanendo fedeli alla propria idiozia.
Vero e bello questo articolo di Balocco, dalle mie parti di ruderi invasi dalla natura ce ne sono molti. Sembrano dipinti di Arnau Alemany.
Avvocato e ambientalista!
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