Dopo Saviano e Ventura, un altro abbandono
di Fabrizio d’Esposito
Anche Lucia Annunziata lascia
I DUE ROMPONO quando vengono presentati i palinsesti per la prossima stagione, il 20 giugno scorso, e nell’elenco della brochure non c’è In mezz’ora. Ruffini precisa che si tratta di “un refuso” e la rassicura parlando del suo programma come di “una risorsa importante ” ma l’Annunziata non gli crede e due giorni dopo dà un’intervista al Messaggero di Roma in cui rilancia: “Il mio programma va in onda da sette anni. E da sette anni è sistemato lì senza attenzioni. Come un riserva indiana”. Ancora: una trasmissione “gestita come un fondo di magazzino” tra “orari variabili” e “nessuna promozione”. Poi accusa Ruffini di aver “raccontato tante bugie” e sostiene che il vero problema è “nel rapporto tra sinistra e televisione, in specie su Raitre”.
Per l’Annunziata, nella rete diretta da Ruffini “ci sono cose che proprio non vanno, le stesse che vengono rimproverate al centrodestra: piccole mafie, rapporti non chiari, privilegi attribuiti non secondo il merito”. E fa un esempio: la sostituzione di Antonio Di Bella al Tg3 con Bianca Berlinguer. La reazione di Ruffini arriva cinque giorni dopo, lunedì scorso. Al comitato editoriale dell’azienda annuncia di “ritenere impossibile di continuare a lavorare” con la giornalista dopo l’intervista al quotidiano romano e propone una soluzione: trasferire In mezz’ora su Raidue. Di qui lo strappo finale.
Appena informato delle “dimissioni definitive”, il presidente della Rai Paolo Garimberti ha telefonato da Helsinki all’Annunziata per convincerla a ripensarci. Idem, la dg Lei. Lo stesso Ruffini ha parlato di “atto unilaterale della giornalista”.
Un altro addio alla Rai che ha scatenato una ridda di commenti politici in difesa della conduttrice di In mezz’ora : da Pardi dell’Italia dei valori al berlusconiano Verro del cda di Viale Mazzini, passando per i dalemiani del Pd. In ogni caso, le dimissioni dell’Annunziata impoveriscono ancora di più
IL REGIME RAISET della finta concorrenza, a favore ovviamente del Biscione berlusconiano, emerge dalle conversazioni telefoniche di Deborah Bergamini, ex assistente bionda del premier poi responsabile marketing di Viale Mazzini. Lo scandalo esplose già quattro anni fa e
Oggi il regime di Raiset è garantito da altre facce. Le prime due sono quelle di Alessio Gorla e Antonio Verro, entrambi consiglieri d’amministrazione. Gorla era addirittura un pensionato di Mediaset quando fu assunto alla Rai con un contratto di due anni (nello stesso periodo dell’ arrivo della Bergamini). Verro, invece, ha lavorato a Edilnord e a Milano2. Poi c’è il vicedirettore della produzione tv Maurizio Ciarnò, già alle dipendenze private di B.
Ma il vero uomo forte viene indicato nel ministro Paolo Romani, che più di un mese fa ha portato il dg Lorenza Lei a Palazzo Grazioli per concordare la strategia delle interviste a tg unificati prima dei ballottaggi. Uno degli ultimi atti della Lei è stato di fare un contratto alla figlia di Rosanna Mani, storica condirettrice di Sorrisi che raccomandò Vittoria Ferranti ad Agostino Saccà, ex dg Rai poi capo della fiction. È la famosa intercettazione sulle “strappone ma bone” che spuntò in un’altra inchiesta su Raiset, quella di Napoli.
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