di Fabrizio d’Esposito
Litigi e minacce a oltranza, senza interruzioni. Alla fine il premier è costretto ad ammettere, dinanzi all’ineluttabilità: “Il mio cuore gronda sangue perché mettiamo le mani in tasca agli italiani. E io avevo promesso il contrario. Siamo addolorati ma la sfida è planetaria”. Tremonti integra: “Manovra senza alternative”. La maggioranza “commissariata” si frantuma sulla manovra e mette tutti contro tutti.
Sul ministro dell’Economia è di nuovo aria da resa di conti ma il colpo di grazia potrebbe essere rinviato a quando la bufera sarà passata, se passerà. L’annuncio direttamente sul Giornale di famiglia a firma di Alessandro Sallusti: “Adesso serve che Berlusconi in poche ore faccia la sintesi di tante parole e vari le correzioni alla manovra. Poi sarà bene prendere atto che non è più tempo di prime donne intoccabili”.
I MINISTRI arrivano alle sette di sera a Palazzo Chigi al culmine di una giornata di trattative continue, iniziata sin dalla notte. Il solito corteo di auto blu che va a decidere i tagli è una sorta di tragico e offensivo ossimoro. Un altro schiaffo della Casta al Paese reale. Davanti al portone, in piazza Colonna, sono radunate un po’ di persone. I poliziotti cercano di mandarle via e partono gli insulti: “Ladri, buffoni, vergogna, fate schifo”. C’è anche un vecchietto: “Ho 81 anni e prendo 461 euro di pensione. Non ce l’ho con i poliziotti. Quando ero giovane pensavo che il 2000 sarebbe stato un periodo fantastico e invece eccoci qua”.
Dopo la riunione notturna di Palazzo Grazioli, Umberto Bossi va dal premier, stavolta a Palazzo Chigi, nel primo pomeriggio. Ennesimo vertice. Si aggiunge anche Roberto Maroni. Il Senatùr si autoproclama paladino delle pensioni e fa asse con il segretario della Cisl Raffaele Bonanni. I due si sentono e Bossi lo rassicura: “Stai tranquillo Raffaele: faremo la nostra parte. Anche io quando vado in giro incontro tanti lavoratori e pensionati. La loro battaglia è anche la nostra, è una questione che ci sta a cuore. Non mollo”.
In mattinata, invece, B. registra un altro strappo in casa. C’è l’incontro con gli enti locali massacrati dalle misure promesse e a guidare la rivolta sono Roberto Formigoni e Gianni Alemanno. Il governatore della Lombardia si smarca dal governo: “Le Regioni hanno già detto che la manovra di luglio affossa il federalismo fiscale. Se a quei tagli ne aggiungiamo altri, anche dal punto di vista delle Regioni il federalismo fiscale non esiste più”. Il sindaco di Roma però spera: “Mentre Tremonti esponeva i tagli, ho visto Berlusconi perplesso, la partita non è chiusa ancora”. Bossi si sente toccato da Formigoni e reagisce: “Il federalismo fiscale non è morto”. Il caos è totale. Riguarda numeri e parole. Non si capisce nulla. Il sindaco di Verona attacca Tremonti pesantemente: “Il ministro ha fatto una fotocopia delle precedenti manovre. Ma anche un bambino è capace di fotocopiare”.
IL RITMO della giornata è sempre più convulso. Il ministro Giancarlo Galan offre il suo contributo poco prima della riunione di Palazzo Chigi: “Non voto la manovra solo con tagli e patrimoniali”. La schiera dei contrari e dei perplessi del Pdl continua ad aumentare. Un’insidia molto pericolosa che porta a un duro faccia a faccia a Palazzo Chigi tra il ministro ribelle e B. Il premier gli ricorda che questo “non è il momento delle divisioni”. Galan rinfaccia al Cavaliere la fumosità traccheggiante di Tremonti: “Io ho parlato su quello che ho sentito dire, voi non ci avete fatto arrivare alcun testo”. La riunione inizia e B. fa un preambolo solenne sul “mondo che sta cambiando” e le “scelte dolorose”. In fondo, il doppio commissariamento di Bce e Quirinale si trasfigura in un alibi che gli consente di scaricare tutte le responsabilità. Prima delle 21 e 30 è tutto finito. Due ore di riunione, dopo quasi 24 ore di trattative. Da Mentana, su La7, il ministro Romani rivela: “C’è stata una lunga discussione prima del cdm e con Bossi abbiamo trovato la quadra”.
A Palazzo Chigi, alla conferenza stampa scendono in due. Berlusconi e Tremonti. Il primo ringrazia il secondo e tratteggia la metafora del “cuore che gronda sangue”. Annuncia anche non ci sarà la fiducia. Garante il Quirinale, che ha fatto un ampio giro di consultazioni, dovrebbe esserci una riedizione della “coesione nazionale”. Niente fiducia, niente ostruzionismo. Un sorprendente Antonio Di Pietro apre: “Faremo la nostra parte”, ma il segretario del Pd Pier Luigi Bersani liquida la manovra come “inadeguata e iniqua”. Un altro giro è pronto a iniziare in questo interminabile agosto romano.
1 commento:
Sarà, ma non l'unica morte che (ancora>) non c'è stata. Della serie, la malerba non muore mai.
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