venerdì 12 agosto 2011

Berlusconi e Tremonti divisi su tutto al Quirinale va in scena il duello

di FRANCESCO BEI e UMBERTO ROSSO

Si presentano persino divisi all'appuntamento al Quirinale, verso le cinque del pomeriggio. Dal portone del Colle è appena uscito il segretario del Pd, che al presidente della Repubblica ha detto malissimo del governo ma ha accolto alla fine l'invito al confronto quando il decreto sarà in Parlamento. Dunque, alla spicciolata, prima il ministro dell'Economia, poi ecco spuntare Gianni Letta. L'ultimo ad arrivare al cospetto del capo dello Stato, da lì a qualche minuto, sarà il presidente del Consiglio. E quando può cominciare l'udienza con i tre, appare chiaro che Berlusconi e Tremonti parlano lingue diverse.

Sul tavolo del Quirinale mettono ricette diverse. "C'è una bozza di massima - spiega Berlusconi - su alcuni punti il decreto è pronto. Ma il testo finale ancora non c'è perché ci sono questioni ancora aperte, da risolvere". Riguardano poi, in realtà, la "ciccia" del provvedimento. Tremonti vuole l'Imu subito, ovvero la vecchia Ici sulla prima casa "caricata" anche della tassa sui rifiuti. Berlusconi non ne vuol sapere, "la prima casa non si tocca". Chiede invece un punto in più di Iva. Ma su questo è Tremonti che resiste, "deprime i consumi e accende l'inflazione". Alla fine, al termine di un estenuante vertice notturno a palazzo Grazioli, presenti anche Bossi e i capigruppo del Pdl Gasparri e Cicchitto, sul punto l'avrà avuta vinta il ministro dell'Economia: l'aumento dell'Iva non ci sarà. Mentre dalle pensioni dovrà uscire un miliardo di euro, a dispetto delle proteste di Bossi.

Berlusconi ce l'ha con il suo ministro anche per la battuta pronunciata durante il "rapporto" di ieri mattina davanti alle commissioni congiunte a Montecitorio, Tremonti che sfida a muso duro l'opposizione con quel suo "non chiediamo il vostro aiuto". Parole che faranno infuriare Berlusconi, pronunciate dopo aver seguito in tv l'intervento nella Sala del Mappamondo: "Quello lì vuol far saltare tutto, insieme a Draghi. Puntano ad un governo tecnico". Lo stesso sospetto che, apertamente, ha lanciato Bossi contro il governatore della Banca d'Italia. E il premier, prima di incontrare Napolitano, convoca il futuro presidente della Bce, che ha firmato la lettera di condizioni al governo italiano insieme a Trichet. Un braccio di ferro che si colora anche di tentativi di appoggi trasversali. Visto che ad un certo punto, in questo pomeriggio frenetico, squilla il telefono di Bersani. E dall'altra parte la voce di Giulio Tremonti dal quale, con grande sorpresa, il leader del Pd si sente rivolgere una richiesta di aiuto: "Sono ai ferri corti con Silvio Berlusconi. Non ci sente. Dovete essere voi a questo punto a darmi una sponda".

Tensioni che presidente del Consiglio e ministro si portano dietro salendo al Colle. Ma Napolitano strappa ai duellanti una formale assicurazione:
il decreto sarà pronto subito, il tempo limite assegnato scade a Ferragosto. Alla riapertura delle borse, martedì prossimo, l'Italia dovrà presentarsi all'appuntamento col provvedimento varato e controfirmato dal capo dello Stato. Dunque il Consiglio dei ministri ha davanti a sé una finestra stretta per l'approvazione che va da stasera fino al 15 agosto. Napolitano chiede e ottiene anche di seguire passo passo l'evoluzione dei lavori, l'andamento della trattativa interna al governo per arrivare al testo finale, "tenetemi informato costantemente". E c'è una ragione in più per non scavalcare la dead-line. Si chiama Sarkozy-Merkel. Presidente francese e cancelliere tedesco s'incontrano infatti martedì prossimo, un vertice a Parigi delicatissimo: la paura del governo italiano è che dai due, senza appunto il varo a Palazzo Chigi del decreto anticrisi, possa partire una nota durissima per mettere il nostro paese con le spalle al muro.

Uno scenario di grande difficoltà ben presente al presidente Napolitano, che con i duellanti del governo ma anche con l'opposizione spende ieri tutta la forza della moral suasion per ricucire gli strappi. "Un giro di orizzonte, non certo delle consultazioni - spiegano al Colle - per trasmettere il senso dell'urgenza e chiamare alla responsabilità comune". Oggi sul Colle tocca a Fini e Alfano. Le assenze, finora, di Di Pietro e Bossi? Una scelta del Quirinale? "Se lo chiedono, come hanno fatto Bersani e Casini, siamo pronti a riceverli al Colle".

(12 agosto 2011)

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