venerdì 12 agosto 2011

MANOVRA A QUATTRO MANI: DI NAPOLITANO E DRAGHI

B. anticipa il decreto, Bossi minaccia la crisi

di Stefano Feltri e Sara Nicoli

Il governo prova a prendere tempo, ma la Banca d'Italia e il Quirinale lo richiamano alla gravità del momento: altro che rimandare tutto a dopo Ferragosto, il consiglio dei ministri che riscrive e amplia la manovra da 48 miliardi si farà oggi. Nonostante ancora ieri mattina il ministro del Tesoro Giulio Tremonti, davanti alle commissioni competenti di Camera e Senato, sembrava ancora nella fase iniziale di scrittura del decreto legge che invece dovrà essere pronto entro stasera.

Le immagini di una giornata convulsa sono queste: Giorgio Napolitano che torna a Roma e riprende in mano le redini della situazione. Tremonti che parla alla Camera, ma non finisce neppure di dire quel che ha in mente che Bossi lo stronca subito (“discorso fumoso”). Poi il premier Silvio Berlusconi che alle tre del pomeriggio, sotto forte pressione del Quirinale e dei suoi collaboratori, chiama a palazzo Grazioli il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi e negozia con lui la bozza del decreto da portare a Napolitano. Il capo dello Stato convoca anche i leader dell’opposizione Pier Ferdinando Casini (Udc) e Pier Luigi Bersani (Pd), in vista del confronto in Parlamento per la conversione in legge. Il presidente del Senato Renato Schifani richiama i senatori dalle vacanze: il decreto legge verrà esaminato subito dopo Ferragosto, per sfruttare il lunedì festivo in cui la Borsa è chiusa.

MA CHE c’è scritto dentro il decreto? Ieri mattina, ascoltando Tremonti, nessuno aveva capito in quali misure concrete fossero destinate a tradursi le indicazioni vincolanti della Banca centrale europea, gli impegni richiesti in cambio dell'acquisto da parte di Francoforte dei nostri titoli di Stato vittima di una crisi di fiducia. Napolitano, lasciando Stromboli, aveva parlato chiaro al sottosegretario Gianni Letta: “Mi aspetto di vedere la bozza del decreto prima dell’incontro, in modo da poterne parlare con attenzione fin nel dettagli”. Letta, con i modi felpati di sempre, aveva fatto capire – non senza imbarazzo – che ancora non c’era alcunché di scritto. Che, insomma, era ancora tutto nella testa di Tremonti. Forse. E il capo dello Stato, cambiando tono: “Io non do certo il via libera su qualcosa di sentito dire”.

Come si fa quindi ad accelerare secondo i tempi imposti da Draghi e dal Colle? Le misure, per la verità, sono abbastanza definite. Il problema è che nessuno – a cominciare da Berlusconi – è molto entusiasta di metterci la faccia. Durante l’intervento in Parlamento, Tremonti prima parla della riforma costituzionale (su pareggio di bilancio e libertà d’impresa, ma ci vorranno mesi o anni) poi agita tre minacce. Nella lettera della Bce, spiega, ci sono richieste pesantissime: un riferimento alla libertà di licenziamento – cioè una riforma dell’articolo 18 – per le imprese, un taglio degli stipendi degli statali (questo lo smentisce subito lo stesso Tremonti), e una riduzione del deficit nel 2012 dal 2,7 per cento previsto all’1 per cento, una differenza di 25,5 miliardi circa. Tre cose che, assicura Tremonti, il governo proprio non vuole fare.

Sottinteso politico: non protestate per il resto che arriverà, perché le richieste della Bce sarebbero pesanti ma il governo cerca di causare meno traumi possibili.

QUALCHE sofferenza, però, è davvero inevitabile. Quali? Al momento il menu è il seguente: subito un intervento sulle pensioni, con l’aumento a 65 anni per le donne nel settore privato (ma Bossi non ci sta, si è impegnato a non toccarle e ora dice : “Sulle pensioni si rischia la crisi”). Lo scopo è ridurre subito le uscite già nel 2011, per rispettare la promessa di Berlusconi di azzerare il fabbisogno finanziario degli ultimi mesi dell’anno, così da non dover emettere altro debito. E sempre per fare cassa è praticamente certa una patrimoniale mascherata: sembra di capire che sarà calcolata sul reddito, la soglia sarebbe salita da 60 a 90 mila euro, anziché sul patrimonio. E questa misura non piace a un pezzo del Pdl e allo stesso Berlusconi. Arriverà, forse dal 2012, anche l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. Poi le grandi incognite: quanto verrà tagliata l’assistenza? E da quando saliranno le tasse per effetto del taglio alle agevolazioni fiscali? Ma soprattutto, di quanto saliranno? Oggi si dovrebbe capire meglio. Anche se il primo dato politico sarà il prevedibile aumento del valore complessivo della manovra, a dispetto della promessa del governo di limitarsi ad anticipare i tempi del pareggio di bilancio al 2013.

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