martedì 4 ottobre 2011

D’Ambrosio: “I magistrati sono cittadini Devono poter parlare”


SILVIA TRUZZI

Il senatore del Pd, già procuratore capo a Milano, risponde per le rime alle dichiarazioni del ministro della Giustizia contro certe esternazioni dei pm "pesanti e irriguardose"

Pare giusto che uno dei primi atti del neo guardasigilli Nitto Palma sia mettere il silenziatore ai magistrati: “Si pone il problema derivante dal frequente rilascio di dichiarazioni agli organi di informazione da parte di magistrati allorché per il linguaggio e i riferimenti adoperati, esse appaiono comunque trascendere dai doveri funzionali e dai principi etici introducendo giudizi di valore, espressioni pesanti e irriguardose, allusioni che denotano precise prese di posizione”. Gerardo D’Ambrosio – ex magistrato, procuratore capo a Milano – oggi è senatore del Pd. E alla notizia delle esternazioni del ministro, rischia di farsi andare di traverso la cena.

Senatore, che pensa dell’uscita ministeriale?
Se un magistrato esprime considerazioni di carattere economico o politico non può essere sanzionato. La libertà di manifestazione riguarda tutti i cittadini, quindi anche i magistrati. Purché non confligga con la loro necessità di essere e apparire imparziali nei processi di cui si occupano. Una misura del genere è poco plausibile.

Sulle intercettazioni i magistrati hanno diritto di parola o no?
Certo che hanno diritto di esprimere il loro pensiero. Sono persone che hanno un’esperienza specifica. Ma su qualsiasi riforma legislativa che riguarda la giustizia hanno diritto di dire la loro, come persone che hanno a che a fare costantemente con la legge. È utile che si esprimano sulle conseguenze che, secondo loro, le eventuali modifiche legislative possono produrre. Non c’è nemmeno da discuterne.

Se il giudizio è politico?
Ma è evidente che si possono fare anche dichiarazioni politiche quando una parte intende procedere a determinate riforme. E credo che i parlamentari ne debbano tenere conto. Non vedo la ragione di imbavagliare i magistrati. Molto spesso siamo noi parlamentari che insistiamo perché i rappresentanti dei magistrati vengano sentiti in Commissione.

Non è pericolosa l’idea di zittirli?
È molto preoccupante. Ma del resto il centrodestra, con un disegno di legge, sta cercando di impedire anche al Csm di far pervenire i propri pareri, se non sono richiesti, sulle nuove leggi. Non si può non parlare con i magistrati quando si voglia toccare la disciplina delle intercettazioni. E fanno benissimo le toghe a mettere in evidenza quali sarebbero le conseguenze se certi provvedimenti passassero.

I ministri parlano dei magistrati come di nemici politici. Ma non sono avversari, sono un potere dello Stato.
Ormai è nel costume del centrodestra. Lo hanno fatto anche rispetto al sovraffollamento delle carceri. Nitto Palma ha affermato che giudici e pm non fanno uso degli arresti domiciliari. Come se si potessero dare i domiciliari, per esempio, agli extracomunitari che notoriamente un domicilio non ce l’hanno. È un atteggiamento, soprattutto nei confronti dei pm, molto negativo.

Più che negativo, eversivo.
Quando c’è un conflitto di poteri è sempre un danno per lo Stato. Guardi, io penso che sia meglio rimettere l’autorizzazione a procedere. Così chi la nega si prende la responsabilità davanti ai cittadini. Però, poi al deputato o al senatore, cui viene negata l’autorizzazione a procedere, deve essere impedito di ricandidarsi.

La delegittimazione dei magistrati li trasforma in un bersaglio?
È una campagna pericolosa per il sistema democratico. E continua, senza fine, dal 1994.

Ridurre giudici e pm al silenzio vuol dire trasformarli in cittadini di serie B?
Non solo li si vuol zittire: c’è qualcuno che sostiene che nemmeno si possano candidare alle Camere. Capisco chi dice che dopo un mandato parlamentare non si possa ritornare alle funzioni giudiziarie. Ma impedire a qualcuno l’elettorato passivo è una clamorosa lesione di un diritto protetto dalla Costituzione.

Dal Fatto Quotidiano del 4 ottobre 2011

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