Il direttore dell'Fmi Christine Lagarde
Fonti presidenziali francesi intervengono a favore del nostro paese mentre si diffondono le indiscrezioni di un piano Berlino-Parigi per creare un'eurozona "ristretta" ai paesi virtuosi. Il Fondo monetario internazionale sarebbe pronto a prestarci 400-600 miliardi a tassi inferiori a quelli di mercato. Così Monti avrebbe "12-18 mesi" per varare le riforme
La Francia arriva in soccorso dell’Italia, nel giorno in cui viene anticipato un piano di salvataggio dell’Fmi per il nostro paese e si diffondono indiscrezioni sempre più insistenti di un piano franco-tedesco per smarcarsi dalle pecore nere dell’euro. ”Se c’è un problema in Italia, è il cuore della zona euro che è minacciato”, affermano fonti della presidenza della repubblica francese, assicurando che “l’impegno di Nicolas Sarkozy e di Angela Merkel per sostenere l’Italia è molto forte”. Ma l’Italia “faccia ciò che si è impegnata a fare”, precisa l’Eliseo.
La precisazione arriva nel giorno in cui emerge un piano segreto dell’Fondo monetario internazionale, con uno stanziamento di circa 600 miliardi di euro da prestare al nostro paese a un tasso inferiore a quello che lo Stato è ormai costretto a pagare per Bot e Cct, in tempi di spread e tassi d’interesse impazziti. Che mettono a rischio la sopravvivenza stessa dell’euro, una prospettiva già all’esame delle grandi banche internazionali, come ha scritto il New York Times. Lo svela La Stampa di oggi, in un articolo di Maurizio Molinari. Secondo La Stampa, l’Fmi non ha ancora cominciato le ispezioni in Italia, annunciate al G20 di Cannes, perché il direttore Christine Lagarde “vuole dare tempo a sufficienza a Mario Monti per varare le riforme, riservandosi la possibilità di aiutarlo con un programma di aiuti finanziari che potrebbe arrivare a valere fino a 600 miliardi di euro”. Italia come Islanda, Portogallo e Grecia, paesi che hanno già beneficiato dell’intervento economico dell’organizzazione.
L’Fmi offrirebbe all’Italia denaro a condizioni migliori rispetto ai tassi del 7-8 per cento registrati negli ultimi giorni nel mercato dei titoli di Stato, in modo che Monti, sollevato dalla pressione quotidiana sul debito, abbia “12-18 mesi di tempo per varare le necessarie riforme”. L’Fmi presterebbe all’Italia una cifra compresa tra i 400 e i 600 miliardi di euro a un tasso “fra il 4 e 5 per cento”, scrive ancora La Stampa. Gli aiuti dell’Fmi furono respinti da Silvio Berlusconi al vertice di Cannes, poco prima delle sue dimissioni da premier, ma da allora la situazione è peggiorata. Ora la Germania, con un premier più credibile in Italia e la garanzia del Fondo monetario alle spalle, sarebbe più disponibile a un maggiore impegno della Banca centrale europea in soccorso dell’Italia.
Ma neppure con l’aiuti dell’Fmi Mario Monti è in condizioni di prendersela (relativamente) comoda. Perché a rischio non c’è soltanto l’Italia, ma l’esistenza stessa della moneta unica. L’8 dicembre è in programma una riunione del Consiglio europeo in vista del quale, secondo indiscrezioni del giornale tedesco Bild, Francia e Germania avrebbero messo a punto un piano segreto per formalizzare un’eurozona ristretta ai paesi più solidi, che si reggerebbe su vincoli di bilancio più stretti di quelli attuali. Per quella data, i partner europei pretendono di vedere già qualche provvedimento concreto del governo italiano, messo nero su bianco. In caso contrario l’Italia scenderebbe nella “fascia b”, perdendo contatto con l’asse franco-tedesco. Una prospettiva che Monti vuole assolutamente evitare.
Una riforma della governance dell’euro è comunque in agenda, e si fa strada l’idea di non passare per una riforma dei trattati, dai tempi lunghi e dagli esiti incerti. Su tema interviene il ministro francese del Bilancio, Valerie Pecresse: “La Francia, la Germania e l’Italia vogliono dare vita a un nuovo patto fra i membri della zona euro per rafforzare la disciplina di bilancio”. E precisa: “Non sarà un patto a tre, ma un patto per una nuova governance con veri regolatori e vere sanzioni, che dia veramente fiducia”.
Fare in fretta è comunque la parola d’ordine. Condivisa da Giuliano Amato, che su Il Sole 24 Ore racconta di “studi legali che già predispongono la conversione in valute nazionali dei contratti in euro”. Questo per dire che sono ormai in tanti a prendere in considerazione la prossima “disintegrazione” della valuta europea. E, scrive Amato citando l’Economist, “per molti la domanda non è più se accadrà, ma come accadrà. Se per il fallimento di una banca o invece per il fiasco di un’asta di titoli pubblici”. Quale che sia l’occasione, osserva l’ex presidente del consiglio, “è destinata a scaturire dal progressivo esaurimento della liquidità sui mercati europei”.
La responsabilità del precipitare della situazione, però, è anche di Angela Merkel, scrive Guido Rossi sempre su Il Sole 24 Ore. Che “al vertice europeo di Strasburgo ha bloccato qualunque soluzione ipotizzata per risolvere la crisi, impedendo ulteriori interventi mirati della Bce sui titoli degli Stati membri e negando ogni possibile emissione di eurobond”. Un comportamento che rischia di “tradire” l’Europa così fortemente voluta dal suo predecessore Helmut Kohl.
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