venerdì 25 novembre 2011

IL FLOP DI STRASBURGO


Il summit doveva cementare l’asse Monti-Merkel-Sarkozy, ma il disaccordo è totale

di Stefano Feltri

Da qualunque parte lo si guardi, il vertice di Strasburgo di ieri è stato un fallimento. Non un solo passo avanti nella gestione della crisi e pure la nuova Italia di Mario Monti ne esce meno bene di quanto ci si aspettava.

L’attesa era per la nascita di un direttorio a tre, con Monti che si aggiungeva ai due motori (o freni, in questo momento) dell’integrazione europea. Invece il tono con cui Nicolas Sarkozy inizia l’incontro è un altro. Lui parla “della nostra volontà, quella mia e quella della Merkel, di sostenere e aiutare l'Italia di Mario Monti”.

Angela Merkel fa una mezza gaffe parlando di “compiti a casa” che i singoli Stati devono fare, poi si corregge parlando per l’Italia addirittura di “misure impressionanti”.

Monti ribadisce – dopo le incertezze di due giorni fa a Bruxelles – l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013, anche se non spiega come raggiungerlo, accenna alla nuova manovra, ma niente dettagli.

Tutto, nell’incontro di ieri, serviva a chiarire i rapporti di forza : l’elenco dei Paesi sullo sfondo dei leader (Francia-Germania-Italia, uno ospita, l’altro comanda, Roma ascolta e obbedisce), la sede, nella prefettura, cioè un ufficio del governo francese.

Ma Monti non è Silvio Berlusconi. Invece di reagire con una barzelletta ricorda a Merkel e Sarkozy che se siamo arrivati a questa crisi disastrosa è anche perché nel 2003 Francia e Germania violarono gli obiettivi del Patto di stabilità senza conseguenze “e con la sponda dell’Italia che aveva la presidenza del consiglio Eco-fin” (il bersaglio è chiaro: Giulio Tremonti).

A quel punto Monti, che allora era commissario europeo alla Concorrenza, chiese al resto della Commissione di denunciare il Consiglio (cioè i capi di Stato e di governo) alla Corte di Giustizia. E oggi invita a Roma i due per arrivare a quelle conclusioni che ieri sono mancate, mettendo fretta a due leader che sembrano non averne abbastanza: “Monti ci ha invitato ad andare presto a Roma e noi abbiamo accettato il suo invito”. Se al premier riuscisse la mediazione, Roma resterebbe nella storia come la città dove l’Ue è nata nel 1957 e dove si è salvata nel 2011.

AL MOMENTO la situazione, che sembra senza speranza, è la seguente.

Ieri Angela Merkel ha ribadito in loop, rispondendo a un giornalista che “la Banca centrale europea è indipendente. Capito? La Bce è indipendente”. E quindi non deve fermare il crollo dei titoli di Stato comprandoli senza limiti sul mercato.

Gli Eurobond che metterebbero in comune a livello europeo tutto o parte del debito pubblico? “La mia posizione non cambia”. Cioè no.

Alla cancelliera può andar bene solo una “unione fiscale” che si raggiunge modificando i trattati europei: devono essere d’accordo 27 Paesi (o 15 se solo per l’Eurozona), poi devono votare i cittadini e infine si deve cambiare la legge nazionale. Un processo che richiede anni, mentre nessuno sa se l’euro durerà ancora qualche mese.

SARKOZY IERI ostentava sicurezza, scherzava sull’imminente perdita del rating AAA della Francia, è perfino riuscito a far sorridere la Merkel. Ma è lontanissimo da quando, da presidente di turno dell’Ue nel 2008, guidava davvero l’Europa. Ora sostiene un’agenda minima, come tipico di un presidente che teme di non essere rieletto nel 2012: niente sanzioni automatiche per chi viola i nuovi paletti di bilancio (o la Francia rischia) e no anche all’aumento del ruolo della Commissione (perché altrimenti Parigi peserebbe meno a Bruxelles).

L’Eliseo però aveva anche un obiettivo preciso, ieri. “La Bce deve recitare un ruolo essenziale per ristabilire la fiducia”, diceva prima del summit il super-ministro Alain Juppé. Non sono negoziati che si possono dichiarare, ma scopo non secondario dell’incontro di ieri per Sarkozy era spingere la Merkel verso un maggiore interventismo della Bce, grazie alla sponda di Monti. Non ha funzionato. E il presidente francese ha lasciato filtrare il suo disappunto a Le Monde. Il giornalista Arnauld Leparmentier scrive che i tre “hanno deciso di non parlare della Bce. Ufficialmente, per rispettarne l’indipendenza, in realtà, perché sono in disaccordo totale sul ruolo che deve assumere l’organismo per salvare l’euro”. E il commissario Ue Michel Barnier subito dopo il vertice ha commentato: “La cooperazione franco-tedesca è sempre più necessaria, ma sempre meno sufficiente”. I mercati sono assolutamente d’accordo: l’euro si è subito indebolito e a fine seduta ha chiuso con uno striminzito cambio a 1,34 sul dollaro. Monti, che oggi vede il commissario Olli Rehn e nomina i sottosegretari completando la squadra, proverà a mettere fretta ai due leader che sembrano non averne abbastanza. Sempre che non sia già troppo tardi.

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